Il mirino è puntato all'11 febbraio. Per quel giorno è previsto l'approdo della legge elettorale nell'aula della Camera. L'obiettivo del Movimento 5 stelle è quello di far slittare l'appuntamento. La strategia è quella già messa in atto sul decreto Imu-Bankitalia. Presentare 106 ordini del giorno, tanti quanti sono i deputati di Beppe Grillo, sfruttare tutto il tempo a disposizione per illustrarli e per le relative dichiarazioni di voto. Un ostruzionismo in piena regola, che impegnerà per decine di ore l'emiciclo di Montecitorio.
Ad essere contestati questa volta prima il decreto sullo svuotacarceri, poi verrà il turno di Destinazione Italia. Entrambi scadono nella seconda metà del mese di febbraio, ma devono ancora passare per il Senato. Proprio per scongiurare un'eccessiva dilazione dei tempi e mettere in sicurezza l'iter parlamentare dell'Italicum, la conferenza dei capigruppo ha messo in conto una seduta fiume. Che, tradotto, significa tenere aperti i lavori lungo tutto il corso della notte per confinare alle ore piccole l'ostruzionismo grillino e riuscire arrivare al voto sul decreto di Annamaria Cancellieri entro domani.
Per arrivare ad un voto in tempi rapidi e spuntare le armi ai 5 stelle, il governo ha dovuto porre la fiducia sul decreto. Uno schema si replicherà con tutta probabilità giovedì. Nuovo voto di fiducia su Destinazione Italia (il piano di attrazione degli investimenti esteri), e una nuova seduta fiume, per giungere al via libera definitivo entro venerdì ed evitare un effetto domino sul calendario della settimana successiva.
La battaglia continua senza sosta. E ha come principale bersaglio la presidenza della Camera. Oggi Beppe Grillo ne ha chiesto le dimissioni. E gli uffici stanno studiando i termini per far decadere Laura Boldrini dal suo incarico. Tecnicamente non si possono chiedere le dimissioni dei presidenti dei due rami del Parlamento. Così parlamentari e staff stanno sviscerando i regolamenti per trovare un appiglio giuridico o regolamentare per metterla in "stato d'accusa". Una sorta di "impeachment" per la terza carica dello stato. L'iniziativa è in campo, ma lo studio di fattibilità richiederà qualche giorno.
Nell'attesa, la pattuglia stellata incassa un mezzo successo costringendo Palazzo Chigi ad un costante ricorso allo strumento della fiducia. Quando c'è da dare battaglia in aula, puntualmente gli onorevoli stellati si ricompattano. Tutti uniti, tutti concordi. Ma appena si riversano nei corridoi, riemergono le distanze. Che attengono gli episodi eclatanti che molti di loro definiscono "sguaiati".
Alla Camera il caso di Tommaso Currò è stato disinnescato. Molti malumori investono la collega Gessica Rostellato, che aveva detto di non voler votare il Movimento 5 stelle alle europee. Nonostante la smentita pomeridiana, tra i più ortodossi le sue parole non sono passate inosservate. Da oggi non è più la capogruppo in commissione Lavoro del M5s, ma i suoi colleghi giurano: "Non c'entrano nulla le sue parole, è una decisione dei giorni scorsi per far ruotare anche i nostri presidenti nelle commissioni".
È al Senato che la situazione è incandescente. Una nutrita pattuglia di senatori si è lamentata con decisione dell'interventismo di Claudio Messora, capo dei comunicatori di Palazzo Madama, autore di un tweet molto discusso contro Laura Boldrini.
In mattinata si sono diffuse senza controllo voci che parlavano di almeno sette procedure d'espulsione per i senatori più insofferenti. Dicerie poi rientrate. Ma i più ribelli sono pronti: "Si è trattato di esternazioni violente - spiega Monica Casaletto - se loro tirano fuori la frusta sono pronta a farlo anch'io. Noi resistiamo, non ci faremo buttare fuori".
Rimangono ancora lontane però le ipotesi di un soccorso a 5 stelle ad un ipotetico governo di Matteo Renzi. Sempre Casaletto, incalzata a proposito, sorride e ruota gli occhi: "Oddio, magari con Bersani ci avrei fatto un pensierino. Ma dai, Renzi proprio no".
Le proteste M5s in aula
1 di 11
Twitter
  • Avanti