L'Espresso
POLITICA
Il senso di Beppe Grillo per il golpe
Quante volte ha gridato al colpo di stato
Nel giorno in cui i questori della Camera accusano i grillini di aver bloccato i lavori parlamentari, Il leader del Movimento 5 Stelle denuncia il putsch in corso ai danni della democrazia: ed è almeno la quarta volta che lo fa dall'inizio della legislatura. Un'abitudine che sembra presa in prestito da Silvio Berlusconi
di Susanna Turco
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Golpe, golpettino, colpo di Stato in una notte, colpo di Stato permanente. Si fosse trattato del Cavaliere, il conto sarebbe più facile: per lui, di golpe in Italia ce ne sono stati esattamente quattro (quello della magistratura di Mani pulite, l’avviso di garanzia nel 1994, il governo Monti e la decadenza da senatore). Fare il conto totale dei colpi di Stato (tentati o avvenuti) in Italia secondo Beppe Grillo è più difficile: di certo, secondo il leader Cinque stelle l’ultimo “è in corso”, e riguarda le conseguenze della tagliola sul decreto Imu-Bankitalia, come ha scritto sul suo blog chiedendo di nuovo le dimissioni della presidente della Camera Laura Boldrini. “Mi pare che sia il tredicesimo nel 2014”, ha ironizzatoMatteo Renzi sui social network.
In realtà, l’evocazione del golpe - assai più frequente nel 2013 che in questo inizio anno - fiorisce in bocca al leader Cinque stelle da quasi un anno, esattamente in corrispondenza dei momenti più roventi e ballerini della vita politica. Tutt’altro che per caso, dunque, Grillo lo rievoca adesso, in piena campagna all’attacco dei Cinque stelle, impegnati da una settimana a recuperare spazio e voti (più 1 per cento secondo Ipr-Marketing) a forza di polemiche e iniziative di ogni genere (dal decreto Imu a Daria Bignardi, in sintesi); non a caso ne parla, proprio nel giorno in cui i questori della Camera presentano all’ufficio di presidenza di Montecitorio la loro relazione sui disordini dei giorni scorsi, spiegando che i Cinque stelle - certamente brillando per ossequio alla democrazia parlamentare - sono andati oltre l’ostruzionismo e la contestazione ma hanno piuttosto tentato di “ostacolare materialmente il funzionamento degli organi parlamentari”, precludendo “ad altri deputati al possibilità di esercitare le proprie funzioni”.
Il golpe “in corso” secondo Grillo, comunque, è almeno il quarto. Il primo lo denunciò il 9 aprile 2013, quando - in piena empasse istituzionale - fu respinta la richiesta del Movimento di formare le commissioni prima che si insediasse un governo. “Se questo non è un golpe cosa lo è?'', suggeriva allora Grillo, in un post intitolato “i golpisti”, corredato con un fotomontaggio in bianco e nero di Monti, Bersani e Berlusconi raffigurati come i colonnelli greci. ''L'Italia non è più una repubblica parlamentare,come previsto dalla Costituzione”, sentenziava allora.
Nuovo golpe, pochi giorni dopo, con l’elezione di Giorgio Napolitano. “E’ in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto”, scrisse sul blog Grillo chiamando a raccolta i suoi a Roma (“dobbiamo essere milioni”). “Un golpe no”, piuttosto “un golpettino furbetto”, specificò il giorno dopo, spiegando tuttavia che il bis al Colle serviva a “salvare il culo giudiziario a Berlusconi e al Pd per il Monte dei Paschi di Siena''. Un “colpo di stato subdolo”, ripetè ad ogni buon conto due giorni appresso alla Bild. Per poi precisare ulteriormente: “In tre hanno fatto un colpo di Stato in una notte con un presidente della Repubblica di 85 anni che si è raddoppiato il mandato”.
Dopo svariate ripetizioni del concetto, l’apoteosi arriva in giugno. Una rivelazione: viviamo un “colpo di Stato permanente”, iniziato con la caduta del governo Berlusconi, proseguito con Monti e Letta, la rielezione di Napolitano e la nomina dei 35 saggi, con cui “il potere costituito si auto-proclama potere costituente”. Così, sul blog di Grillo, Paolo Becchi spiegava la “fine della democrazia”. Chiarendo forse anche perché è difficile contabilizzare i colpi di Stato in Italia per Grillo: non si può numerare ciò che avviene in modo permanente.
Poi, a luglio, un nuovo tentativo di golpe. “Colpo di stato d’agosto”, era il titolo di un post del 25 luglio, dove Grillo, attaccando l’ipotesi di revisione dell’articolo 138 della Costituzione, spiegava che “il vero obiettivo di questo governo è la distruzione dell'impianto costituzionale per poter cambiare le regole del gioco democratico e assicurare ai partiti il potere e la greppia di Stato”. Un’operazione, peraltro, tanto raffinata da naufragare poi miseramente nel solito nulla.
C’è infine, secondo uno schema ambivalente, anche quella che allora qualcuno (sia nel Pd che in Forza Italia) definì un’incitazione al golpe: quando Grillo, cavalcando la protesta dei forconi, lanciò per un attimo alle forze dell’ordine l’invito all’insubordinazione: “Vi chiedo di non proteggere più questa classe politica, gli italiani sono dalla vostra parte, unitevi a loro", scriveva a novembre in una lettera aperta ai vertici dei Carabinieri, Polizia ed Esercito.
E così arriviamo al golpe attualmente in corso. Giusto una volta, Enrico Letta ha provato a spiegare l’effetto che fa, visto da fuori, la continua evocazione della faccenda: “Grillo si ricordi che quando ha usato la parola colpo di Stato, una giornalista cilena gli ha spiegato cosa è veramente un colpo di Stato, facendogli fare una figuraccia”. Ma, essendo in Italia, non resta che tenere la contabilità.
In realtà, l’evocazione del golpe - assai più frequente nel 2013 che in questo inizio anno - fiorisce in bocca al leader Cinque stelle da quasi un anno, esattamente in corrispondenza dei momenti più roventi e ballerini della vita politica. Tutt’altro che per caso, dunque, Grillo lo rievoca adesso, in piena campagna all’attacco dei Cinque stelle, impegnati da una settimana a recuperare spazio e voti (più 1 per cento secondo Ipr-Marketing) a forza di polemiche e iniziative di ogni genere (dal decreto Imu a Daria Bignardi, in sintesi); non a caso ne parla, proprio nel giorno in cui i questori della Camera presentano all’ufficio di presidenza di Montecitorio la loro relazione sui disordini dei giorni scorsi, spiegando che i Cinque stelle - certamente brillando per ossequio alla democrazia parlamentare - sono andati oltre l’ostruzionismo e la contestazione ma hanno piuttosto tentato di “ostacolare materialmente il funzionamento degli organi parlamentari”, precludendo “ad altri deputati al possibilità di esercitare le proprie funzioni”.
Il golpe “in corso” secondo Grillo, comunque, è almeno il quarto. Il primo lo denunciò il 9 aprile 2013, quando - in piena empasse istituzionale - fu respinta la richiesta del Movimento di formare le commissioni prima che si insediasse un governo. “Se questo non è un golpe cosa lo è?'', suggeriva allora Grillo, in un post intitolato “i golpisti”, corredato con un fotomontaggio in bianco e nero di Monti, Bersani e Berlusconi raffigurati come i colonnelli greci. ''L'Italia non è più una repubblica parlamentare,come previsto dalla Costituzione”, sentenziava allora.
Nuovo golpe, pochi giorni dopo, con l’elezione di Giorgio Napolitano. “E’ in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto”, scrisse sul blog Grillo chiamando a raccolta i suoi a Roma (“dobbiamo essere milioni”). “Un golpe no”, piuttosto “un golpettino furbetto”, specificò il giorno dopo, spiegando tuttavia che il bis al Colle serviva a “salvare il culo giudiziario a Berlusconi e al Pd per il Monte dei Paschi di Siena''. Un “colpo di stato subdolo”, ripetè ad ogni buon conto due giorni appresso alla Bild. Per poi precisare ulteriormente: “In tre hanno fatto un colpo di Stato in una notte con un presidente della Repubblica di 85 anni che si è raddoppiato il mandato”.
Dopo svariate ripetizioni del concetto, l’apoteosi arriva in giugno. Una rivelazione: viviamo un “colpo di Stato permanente”, iniziato con la caduta del governo Berlusconi, proseguito con Monti e Letta, la rielezione di Napolitano e la nomina dei 35 saggi, con cui “il potere costituito si auto-proclama potere costituente”. Così, sul blog di Grillo, Paolo Becchi spiegava la “fine della democrazia”. Chiarendo forse anche perché è difficile contabilizzare i colpi di Stato in Italia per Grillo: non si può numerare ciò che avviene in modo permanente.
Poi, a luglio, un nuovo tentativo di golpe. “Colpo di stato d’agosto”, era il titolo di un post del 25 luglio, dove Grillo, attaccando l’ipotesi di revisione dell’articolo 138 della Costituzione, spiegava che “il vero obiettivo di questo governo è la distruzione dell'impianto costituzionale per poter cambiare le regole del gioco democratico e assicurare ai partiti il potere e la greppia di Stato”. Un’operazione, peraltro, tanto raffinata da naufragare poi miseramente nel solito nulla.
C’è infine, secondo uno schema ambivalente, anche quella che allora qualcuno (sia nel Pd che in Forza Italia) definì un’incitazione al golpe: quando Grillo, cavalcando la protesta dei forconi, lanciò per un attimo alle forze dell’ordine l’invito all’insubordinazione: “Vi chiedo di non proteggere più questa classe politica, gli italiani sono dalla vostra parte, unitevi a loro", scriveva a novembre in una lettera aperta ai vertici dei Carabinieri, Polizia ed Esercito.
E così arriviamo al golpe attualmente in corso. Giusto una volta, Enrico Letta ha provato a spiegare l’effetto che fa, visto da fuori, la continua evocazione della faccenda: “Grillo si ricordi che quando ha usato la parola colpo di Stato, una giornalista cilena gli ha spiegato cosa è veramente un colpo di Stato, facendogli fare una figuraccia”. Ma, essendo in Italia, non resta che tenere la contabilità.
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