domenica 23 febbraio 2014

Manda a casa i tecnici di prima linea tutti messi lì dai sindacati. Manda i sindacalisti a lavorare come gli altri. Il sindacalismo non è un mestiere che devono pagare i contribuenti. Manda a casa i dirigenti da 300 mila euro a l'anno che non sanno neanche cosa vuol dire gestire una amministrazione pubblica. Fai pagare le tasse agli assessori che dichiarano 8000 euro all'anno. Manda a accasa le corporazioni e lascia che i giovani possano lavorare esclusivamente utilizzando le proprie capacità e non le conoscenze della loro famiglia.

ESECUTIVO AL VIA

Governo Renzi, dopo il giuramento al lavoro

Il Matteo team al ColleIl gelo di Letta. Il premier sprona i suoi. E twitta: «Concretezza». B: «Senza voto niente democrazia». Grillo all'attacco. Lunedì fiducia al Senato. Poi i sottosegretari.

Un consiglio di amministrazione più che un Consiglio dei ministri. Così più di un ministro, Gianluca Galletti in testa, al termine della prima riunione subito dopo ilgiuramento del governo, ha descritto lo spirito «operativo» con cui il premier Matteo Renzi si è presentato alla sua squadra: «Dobbiamo essere il governo dei fatti, su di noi ci sono aspettative molto alte e non possiamo sbagliare», ha detto il leader Pd che punta tutto sui primi 100 giorni per dimostrare che è valsa la pena cambiare governo. E per arrivare con le carte in regola al suo primo test elettorale: le elezioni europee. Battute ma molta determinazione a «fare i fatti prima di parlare» è il Renzi style descritto dai ministri.
STOP ALLE INTERVISTE. Ai neofiti, in particolare, è stato vivamente consigliato di evitare interviste almeno fino al voto di fiducia, lunedì al Senato e martedì alla Camera. E in generale di agire insieme come una squadra della quale Renzi è l'allenatore per coordinare iniziative e uscite pubbliche.
LA PARTITA DEI SOTTOSEGRETARI. Già nel Consiglio dei ministri della prossima settimana, forse martedì dopo il via libera delle Camere, il premier vuole passare all'azione: nominare i sottosegretari, con un occhio a chi, come i Popolari per l'Italia, si ritiene oscurato nel governo, e passare subito alle prime misure concrete. «Lo so che è un lavoro tosto ma siamo l'ultima possibilità per l'Italia sopratutto dopo tante delusioni cocenti», ha spiegato il premier amareggiato per la freddezza con cui il suo predecessore lo ha accolto per il passaggio di consegne.
Al sottosegretario Graziano Delrio spetta la faticosa sintesi delle varie priorità dei partiti.
IL TIMING DEL PREMIER. Ma il timing resta quello fissato dall'ex sindaco di Firenze: subito ddl per la riforma del Senato e poi, a marzo, misure per il lavoro: taglio del cuneo fiscale, sblocco dei crediti per le imprese e una 'robusta' semplificazione della burocrazia. «Siamo un treno in corsa», è la metafora usata da un ministro che apprezza lo stile concreto del neopremier. E il patron di Eataly Oscar Farinetti, che conosce bene il presidente del Consiglio, ha spiegato che lo stile di Renzi è «ribaltare i tavoli», unico modo per «mettere a posto questo Paese».
Ma prima di tirare giù le carte, i fedelissimi del premier hanno invitato alla prudenza scaramantica.
LA CONTA AL SENATO. Sui numeri a Palazzo Madama, hanno fatto notare, non ci sono problemi ma fino all'ultimo sono al lavoro gli ambasciatori per calmare i malpancisti, come icivatiani del Pd e i Popolari per l'Italia, e magari strappare qualche voto in più. Il colpo a effetto sarebbe riuscire ad ottenere la fiducia da qualche dissidente grillino.
Perché il leader Pd sa che il traguardo dei 100 giorni non sarà per lui solo simbolico ma coinciderà con le elezioni europee e con lo spettro di un voto dove, se il governo non darà i primi segnali di scossa, l'antipolitica e Beppe Grillo rischiano di farla da padroni. E proprio il leader M5s non ha mancato di attaccare dal proprio blog il nuovo esecutivo, definito «un film di serie B».

Berlusconi all'attacco: «Un governo non eletto non è democrazia»

Puntuale anche Silvio Berlusconi che, a una manciata di minuti dal giuramento dell'esecutivo, è tornato a punzecchiare il premier. «Se il governo non è eletto non è democrazia», ha detto il Cav che, se da un lato rivendica un atteggiamento responsabile, dall'altro non lesina attacchi frontali al neonato governo.
SILVIO CHIAMA ALLA BATTAGLIA. Che, ha previsto B, non sembra destinato a durare: «Tenetevi pronti ad andare alle urne», è il monito lanciato dal leader di Forza Italia ai militanti in collegamento telefonico con due club 'Forza Silvio', a Milano e Roma. «Una democrazia e un governo del popolo si hanno quando il governo è eletto dai cittadini. Se il governo non è eletto non è più democrazia», è la stoccata del Cavaliere, che ha parlato di un'Italia «ingovernabile», con «un'unica via d'uscita: avere un solo partito che abbia la maggioranza assoluta alle elezioni e possa esprimere un proprio governo che cambi le istituzioni». Anche perché, come già spiegato nei giorni scorsi, Berlusconi non crede a una legislatura di lungo periodo. «Non sappiamo quando succederà ma dobbiamo tenerci pronti», è l'invito dell'ex premier, consapevole che sull'era Renzi già pende uno spinoso nodo politico: l'entrata in vigore della riforma della legge elettorale pattuita da Renzi proprio con Berlusconi il 18 gennaio scorso.
LE RESISTENZE DEL NCD. Una riforma che Ncd non vuole immediatamente applicabile. Non a caso Maurizio Lupi ha rincarato la dose annunciando un impegno scritto, proprio da Renzi e Ncd, sull'applicabilità dell'Italicum solo dopo l'abolizione del Senato. Parole che, a stretto giro, hanno innescato la reazione di Fi: Il Mattinale - la nota politica del gruppo azzurro - ricordando al neopremier la celebre locuzione «pacta sunt servanda» non ha esitato a definire la coesistenza dell'accordo reso noto da Lupi con il patto elettorale raggiunto con il Cavaliere «un'insanabile» contraddizione.
Ma la pressione di Berlusconi è alta anche sul fronte giustizia: una sua riforma «è in assoluto la prima cosa da fare», è il paletto del Cavaliere, incurante del calendario al quale Renzi fa riferimento.
GUIDI, MINISTRO DI AREA. Più morbide, invece le reazioni azzurra alla compagine di un governo dove figura, tra l'altro, quella Federica Guidi che, sia nel 2012 sia alla fine dello scorso anno, alcune indiscrezioni davano politicamente al fianco di Berlusconi.
Toni accesi anche quelli del segretario federale della Lega nord Matteo Salvini che, lanciando la campagna elettorale per le Europee, ha bocciato la squadra Renzi definendola peggio dei governi Letta e Monti.

Le parti sociali: «Attendiamo i fatti»

La concretezza annunciata da Renzi è piaciuta praticamente a tutte le parti sociali, preoccupate per il lavoro che non c'è, la crescita che stenta a riaffacciarsi, il peso del fisco, la troppa spesa pubblica.
CAMUSSO PRUDENTE. «Il giudizio vero sul governo si potrà dare soltanto quando il programma sarà presentato alle Camere e quindi potremo conoscere i contenuti sui quali intende muoversi», ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che si augura che alle molte novità del governo «corrispondano scelte di altrettanta competenza in una stagione così difficile come quella in cui ci troviamo».
Ottimista nei confronti della squadra «formata da molti ministri giovani e competenti, alcuni dei quali hanno maturato la loro esperienza nel mondo associativo, dialogando spesso proficuamente con il sindacato», è il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, pronto a un «confronto senza inutili rituali con i ministri del Lavoro e dello Sviluppo Giuliano Poletti e Federica Guidi» ma che tiene comunque a ribadire «che è arrivato il momento dei fatti. Su quelli giudicheremo in autonomia l'operato del governo Renzi».
All'unisono anche Luigi Angeletti: «Come sempre, misureremo il nuovo governo dai fatti, a cominciare dalla capacità di ridurre le tasse sul lavoro e di tagliare, davvero, gli sprechi e i costi della politica».
IL PRESSING DI CONFINDUSTRIA. Confindustria per ora non ha commentato, anche se due giorni fa il leader degli industriali Giorgio Squinzi aveva sottolineato come, vista l'urgenza, non conta tanto chi c'è quanto cosa fa.
E sempre sulle cose da fare «con una poderosa operazione di sottrazione: meno tasse e meno spesa pubblica», ha puntato la sua attenzione il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ribadendo il Leitmotiv: «Ci riserviamo di dare un giudizio più articolato quando il programma di governo sarà presentato alle Camera».
Sabato, 22 Febbraio 2014

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