martedì 25 febbraio 2014

I grillini sono la vergogna del popolo italiano. E questa querela è come lo stato di accusa a Napolitano. Per non parlare di immigrazione di cittadinanza di diritti sociali di lavoro di evasione fiscale parlano di tutto quello che non fa mangiare il popolo italiano.

GUERRA APERTA

Movimento 5 stelle-Boldrini, cronologia di uno scontro senza fine

Attacchi e insulti. Il duello tra M5s e presidente della Camera va avanti da mesi. E ora finisce in tribunale.

di Lorenzo Mantelli
Che non fosse mai scoccata la scintilla è cosa nota.
Adesso, però, la disfida tra Laura Boldrini e il Movimento 5 stelle pare aver raggiunto il proprio culmine, con lo scontro in procinto di spostarsi dall'Aula di Montecitorio a quella di un tribunale
QUERELA DA LOMBARDI. Roberta Lombardi, prima capogrruppo dei pentastellati alla Camera, ha annunciato querela nei confronti della terza carica dello Stato. Il motivo? Le parole, giudicate diffamatorie, rivolte al M5s nel corso della trasmissione Che tempo che fa.
La presidente della Camera definì i pentastellati «eversivi» e «potenziali stupratori» dopo che la pubblicazione di un post sul blog di Beppe Grillo aveva scatenato una serie d'insulti all'indirizzo della stessa Boldrini.
LA PRIMA STOCCATA DI GRILLO. La guerra dialettica, tuttavia, va avanti già da quasi 10 mesi. I primi veleni, infatti, risalgono a giugno, quando Grillo invitò la presidente della Camera a studiarsi la Costituzione. Da quel momento in poi è stata un'escalation senza sosta. Ecco di seguito le principali tappe dello scontro.
  • Laura Boldrini, presidente della Camera (Ansa).

Giugno 2013, Grillo: «Studi la Costituzione»

Le prime schermaglie risalgono al giugno 2013, in un'estate bollente per la politica italiana, nemmeno tre mesi dopo l'investitura di Boldrini alla Camera. Fu Grillo a dare il là alle danze, consigliando alla titolare di Montecitorio di «studiare la Costituzione» dopo che questa aveva criticato l'ex comico per le parole sprezzanti con cui aveva definito il parlamento italiano («tomba maleodorante», per la precisione).
«NON CAPISCE CIÒ CHE DICO». «La Boldrini, 'nominata' alla Camera per grazia di Vendola, ha un piccolo problema. Non legge le mie dichiarazioni o, cosa più grave, non è in grado di capirle», tuonò all'epoca il leader del M5s. Per poi aggiungere: «Ho denunciato che da 20 anni il parlamento viene spogliato dei suoi poteri, sanciti dalla Costituzione, senza che nessun partito abbia nulla da ridire».

Luglio 2013, Boldrini: «Il M5s finge di non capire»

Un mese più tardi, Boldrini definì quella di Grillo «un'attitudine distruttiva e nichilista che non aiuta gli italiani».
Scintille anche sulla richiesta del Movimento 5 stelle di abbattere i costi della politica. «Dimezzare lo stipendio ai parlamentari più pagati d'Europa, eliminare i rimborsi elettorali già aboliti nel 1993 con un referendum, cancellare odiosi privilegi che ci costano milioni di euro in un momento di crisi senza precedenti», si sfogò Grillo, «sono pessime idee? Nel mese di luglio i partiti hanno incassato 91 milioni di euro, compreso Sel, il partito della Boldrini, entrato in parlamento solo grazie alla coalizione con il pdmenoelle».
«DISTORTE LE MIE PAROLE». Immediata la replica della terza carica dello Stato: «Grillo finge di non capire, e distorce la posizione della presidente della Camera pur di poterla attaccare più comodamente».

Agosto 2013, scontro sulla ripresa dei lavori alla Camera

Il tempo di tornare dalle spiagge e i grillini sono nuovamente sul piede di guerra. Nel mirino la convocazione alla Camera per il 20 agosto unicamente per le «comunicazioni del presidente». L'accusa mossa a Boldrini fu quella di dilatare i tempi per la ripresa dei lavori parlamentari, incentrati all'epoca sull'incardinamentto del decreto legge sul femminicidio.
«DA GRILLO ATTACCHI STRUMENTALI». Di lì a poco, in Aula andarono in scena nuovi scontri verbali, con la numero uno di Montecitorio pronta a parlare di «attacchi personali e strumentali da parte del Movimento 5 stelle». Fu solo l'anticamera di un vero e proprio scontro frontale che si sarebbbe acceso nel breve volgere di pochi mesi, con reiterate contestazioni ai danni della terza carica dello Stato.

Settembre 2013, Di Battista: «È inadeguata, nervosa e di parte»

A settembre l'ennesimo faccia a faccia. Dopo il rinvio al comitato dei nove della votazione sugli emendamenti alla legge sull’omofobia, il deputato M5s Christian Iannuzzi chiese un passo indietro della presidente: «Dovrebbe essere imparziale, se non riesce a esserlo, si dimetta». Boldrini, per tutta risposta, disse: «Va a discapito della qualità stessa del dibattito democratico il fatto che la Camera e la sua presidenza siano il bersaglio di una costante e strumentale opera di delegittimazione, in Aula come in Rete».
NUOVE CRITICHE SU FACEBOOK. Su Facebook, quindi, il deputato grillino Alessandro di Battista rincarò la dose: «La presidente Boldrini, mi piange il cuore a dirlo, appare sempre più inadeguata, incompetente, nervosa, di parte e arrogante».

Settembre 2013, Grillo: «Boldrini? Un oggetto di arredamento del potere»

Tempo un giorno e Grillo tornò alla carica. La presidente della Camera fu prima definita «oggetto di arredamento del potere» e poi «Giovanna d'Arco». E ancora: «Non voglio sentire i queruli rimproveri di una signora che dal suo scranno tratta i nostri rappresentanti come degli scolaretti».
«GRILLO TALEBANO».  Secca la replica: «Pensavo di aver visto l'estremismo fondamentalista in Afghanistan al tempo dei talebani, evidentemente non avevo ancora visto tutto».

Dicembre 2013, bagarre in Aula dopo lo stop della Consulta al Porcellum

A dicembre scoppiò la bagarre per la riforma della legge elettorale. I deputati M5s minacciarono le dimissioni dopo aver attaccato la legittimità del parlamento, di fatto ritenendolo esautorato dall'espressione della Consulta contro il Porcellum.
«CAMERA LEGITTIMA». «Questa Camera è pienamente legittima e legittimata ad operare», fu la replica di Boldrini. Che sbottò: «State dando uno spettacolo non degno di questo parlamento».

Gennaio 2014, Di Stefano: «La presidente senza dignità, è uno zombie»

A fine gennaio è già tempo di ghigliottina. L'ostruzionismo pentastellato sfociò nella decisione senza precedenti di Boldrini di applicare la tagliola per mettere ai voti il dl Imu-Bankitalia. A Montecitorio si scatenò la gazzarra.
GRILLO: «VADA VIA». Grillo tornò a chiedere le dimissioni della presidente della Camera. «Se ne vada a casa». Si distinse per originalità l'onorevole Manlio De Stefano, che si sfogò così su Facebook: «Boldrini è uno zombie, una donna senza dignità che parla a un tg senza giornalisti non merita considerazione».

Febbraio 2014, Messora: «Noi stupratori? Lei non rischia»

Ai primi di febbraio risale l'ormai celebre post grillino dal titolo: «Che fareste in auto con la Boldrini?» La ridda di commenti volgari e offensivi scatenò la condanna della terza carica dello Stato, che parlò di «attacco eversivo contro le istituzioni» e di «potenziali stupratori» tra le fila grilline.
DI MAIO: «NON CI RAPPRESENTA». Il vice presidente di Montecitorio, Luigi Di Maio, disse che «Boldrini non ci rappresenta più». A gettare benzina sul fuoco ci pensò il responsabile comunicazione del M5s Claudio Messora: «Anche se noi del blog di Grillo fossimo tutti potenziali stupratori, tu non corri nessun rischio!».
Martedì, 25 Febbraio 2014

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