M5s, quattro senatori verso l'espulsione. "Ma noi andremo all'assemblea e chiederemo lo streming"
Pubblicato: 25/02/2014 19:59 CET | Aggiornato: 25/02/2014 19:59 CET
Tic, tac, tic, tac, tic, tac. L'orologio scandisce i minuti che passano, le ore che si susseguono. Sembra quasi un countdown. Le lancette si rincorrono lungo corridoi di un Senato deserto. Ieri era il caos, c'era Matteo Renzi che chiedeva la fiducia. Il day after non ha appuntamenti in calendario, i senatori sono rimasti a casa. Tutti, tranne quelli del Movimento 5 stelle. Il redde rationem è fissato per le 20.30. A quell'ora Maurizio Santangelo ha fissato l'inizio dell'assemblea dei parlamentari che dovrà decidere dell'espulsione di Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella e Luis Orellana.
I quattro hanno criticato la gestione di Beppe Grillo nel suo incontro con il premier incaricato. Irritando non poco sia l'ex comico che Gianroberto Casaleggio. Prima si sono trovati 'sfiduciati' dai meetup di riferimento (con comunicati che hanno usato il blog come grancassa), poi hanno ricevuto la mail del capogruppo: "Domani discutiamo della loro espulsione".
A meno di clamorosi colpi di scena, la loro sorte è segnata: la maggioranza del gruppo parlamentare stellato ne decreterà l'espulsione. Che dovrà poi essere ratificata dagli attivisti sul blog. L'esito, anche in quel caso, sembra scontato. Ma i quattro confidano "nella sapienza della rete": l'assemblea non si faccia, hanno chiesto, ci giudichi direttamente il web. Siano i militanti a decidere se le opinioni personali non hanno cittadinanza nel Movimento, non una lunga, inutile e rissosa assemblea.
L'altra faccia della medaglia è quella che raffigura un gruppo spaccato, rapporti umani ai minimi termini, fiducia reciproca polverizzata da mesi e mesi di ripicche, accuse, insinuazioni e sgambetti. Tanto che i senatori sotto processo sono stati a lungo tentati di non partecipare alla riunione: "Che ci andiamo a fare? Tanto hanno già deciso".
I numeri al Senato sono in bilico. In 24 un mese fa votarono il critico Maurizio Romani come capogruppo, sconfitti di due voti dall'ala ortodossa che gli preferì Santangelo. Ma il peso della Camera, dove i più intransigenti contano su una larga maggioranza, ha chiuso la partita prima ancora che cominciasse. Qualcuno a Montecitorio prova a dissociarsi. Paola Pinna è "contraria a qualunque espulsione", Mimmo Pisano concorda. Ma sono pochi a pensarla così, non abbastanza per rovesciare l'esito della votazione.
Nel primo pomeriggio l'ala critica si riunisce, monitorata a distanza da Santangelo e dal suo staff, chiusi negli uffici della presidenza. Discutono, ragionano, arrivano anche ad alzare i toni. C'è chi spiega che "Casaleggio è come Lenin, che aveva il terrore delle correnti, dei frazionisti", chi si chiede "perché la rendicontazione la dobbiamo fare in questi giorni, a ridosso delle espulsioni, e non fra due mesi come era stato previsto", chi accusa che "dal blog hanno cancellato tutti i commenti a nostro favore". Girano gli screenshot, si parla di "un Movimento che sembrava una cosa bella, libera e democratica, e invece guarda come ci siamo ridotti".
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La confusione è tanta, i senatori spaesati da un'aggressività e da una violenza che non si aspettavano. Tanti, tra i più ortodossi, non sanno nemmeno su cosa si baserà il voto di stasera. "Mi ha avvicinato uno dei più vicini a Casaleggio - raccontano - e mi ha candidamente chiesto cosa ci fosse scritto nel comunicato per il quale verranno espulsi. Ti rendi conto, votano sulla simpatia o sull'antipatia, non in base a fatti concludenti".
Così Bocchino e Battista spingono per non presentarsi, Orellana e Campanella sono più cauti. Dopo due ore e mezzo di brainstorming la decisione è presa: "Andiamo, chiediamo la diretta streaming, chiediamo chi ha chiesto la nostra espulsione e con quali motivazioni. Se non ci daranno nessuna risposta ci alzeremo e ce ne andremo". Una decina di colleghi sono pronti a seguirli, a disconoscere la legittimità dell'assemblea. Un gesto politicamente inequivocabile, un punto di non ritorno. Scrive Elena Fattori: "Il mio cuore triste triste è vicino a tutti i senatori pentastellati miei compagni di questo viaggio così surreale difficile e meraviglioso”.
Poco prima, a pranzo, qualcuno prova a trovare una soluzione intermedia. Tira fuori una copia del regolamento del gruppo parlamentare del Senato. Che prevede che qualunque proposta di spulsione debba essere votata "dalla maggioranza dei componenti del gruppo". Serviva una riunione dei senatori, servivano ventisei firme in calce alla richiesta di espulsione. Solo dopo si sarebbe dovuta convocare una congiunta. "Ma le regole, nel nostro Movimento, si fanno di volta in volta, caso per caso". Anche tra i più duri c'è chi prova a convincere il capogruppo a fare un passo indietro, a discutere prima tra i soli membri di Palazzo Madama: "Ma lui è una testa dura, si è convinto e tira avanti per la sua strada, anche perché è in contatto costante con lo staff di Genova e Milano".
Il timing della riunione, d'altronde, è perfetto, studiato nei minimi dettagli: la riunione avrà il suo esito dopo l'orario di chiusura dei giornali, impegnati a scrivere del governo Renzi dopo la fiducia alla Camera. Poco risalto, poco clamore per la definitiva introduzione nel Movimento del reato d'opinione. E bye bye ai compagni frazionisti.