Aggiornamento delle ore 11.57. Artigiani e commercianti in piazza, con le cinque associazioni che aderiscono a Rete Imprese Italia, per la prima volta insieme per una manifestazione, a Roma. "Siamo 60mila, arrivati da tutt'Italia", stima l'organizzazione. "Senza impresa non c'è l'Italia. Riprendiamoci il futuro", è lo slogan: "Vogliamo che il 2014 diventi l'anno di svolta".
Una clamorosa rottura, rispetto alla tradizione. Mai prima d’ora avevano protestato mettendoci il fisico, il corpo, la voce. Avevano sempre fatto valere la forza dei numeri. Stavolta però la musica cambia. Artigiani, commercianti e piccoli imprenditori scendono in piazza. Tutti insieme, compatti. L’appuntamento è a Roma, in piazza del Popolo. Alle dodici in punto. A quanto pare saranno presenti decine di migliaia di persone.
Ma cosa spinge l’universo delle partite Iva, volendo dirla con un cliché, a un gesto tanto forte? Probabilmente vi sarà capitato, in questi giorni, di sentire alla radio un passaggio su questa mobilitazione. È rimbalzato d’altronde sulle onde medie di molte emittenti. È rapido, stringato. Dice questo: «Siamo il motore dell’economia, ma siamo rimasti senza benzina. Troppe tasse, burocrazia, zero crediti. È tempo di cambiare». Ecco, queste sono le cause che hanno spinto a questa mobilitazione, denominata “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro” e promossa da Rete Imprese Italia, organizzazione che riunisce cinque sigle di categoria: Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti.
«Vogliamo lanciare un messaggio chiaro, dire che ci siamo anche noi e che quando si negoziano misure economiche è necessario ascoltarci. I governi tendono quasi sempre a rivolgersi ai soli industriali. L’ossatura economica del paese, però, dice che noi, il popolo dell’imprenditoria diffusa, rappresentiamo oltre il 90% dell’economia italiana», spiega all’Huffington Post Daniele Vaccarino, presidente della Confederazione degli artigiani e della piccola e media impresa (Cna).
Burocrazia, fisco e credito sono i punti che le partite Iva, che contribuiscono al 69% del fatturato complessivo nazionale e garantiscono il 58,8% dell’occupazione totale, elencheranno in piazza. «Prima di tutto vogliamo un taglio secco sulla burocrazia. Ci ingabbia. Chiediamo più autocertificazione, pur se questo, beninteso, non significa che non vogliamo controlli. Anzi». Poi c’è il credito. «Gli interventi del governo e dell’Ue a sostengo delle banche vanno benissimo. Le banche devono essere stabili. Ma vorremmo che adesso si mostrino più attente alle nostre esigenze», continua Vaccarino. Intanto Bankitalia ha comunicato che negli ultimi due anni il credito alle imprese s’è contratto di 98 miliardi di euro.
A chiudere, le tasse. «Indubbiamente pesano troppo. Servirebbe un segnale, che permetta di alleviare il peso del fisco in un momento in cui l’economia sembra riprendere. Ma noi, sul territorio, questo non l’avvertiamo ancora», asserisce il numero uno della Cna, sostenendo al contempo che serve sgomberare il campo dagli equivoci: la sua e quella dei colleghi non è una crociata sulle tasse. L’ideale sarebbe creare una cornice che permetta a commercio, artigianato e piccola impresa di produrre in condizioni migliori, più fluide. Parliamo di competitività, insomma.
Giuseppe Bortolussi, storico fondatore della Cgia di Mestre, vera e propria macchina da numeri, si sintonizza su questa stessa lunghezza d’onda. La sua categoria non partecipa a Rete Imprese, ma solidarizza con le ragioni della manifestazione. «È evidente che l’unico problema non sono le tasse, né il voler pagare meno tasse. Il dramma che si affronta è quello di un paese che non funziona, che non è competitivo. Infrastrutture poco adeguate, costi dell’energia altissimi, burocrazia asfissiante e giustizia civile lenta: è prima di tutto su questi terreni che si dovrebbe intervenire», ragiona Bortolussi, rafforzando il discorso con il suo solito meno di numeri. «Il Triveneto e l’Emilia-Romagna, lo spicchio d’Italia dove è concentrato il grosso delle nostre Pmi, hanno fatto 40 miliardi di saldo attivo nella bilancia commerciale. Questo significa che le Pmi italiane sanno lavorare. Ora, premesso che anche noi dobbiamo fare la nostra parte, mettendoci più innovazione, sarebbe giusto che il governo faccia la sua, liberando il potenziale dell’impresa, dei commercianti, degli artigiani».
Il governo, appunto. Il caso ha voluto che la manifestazione arrivasse mentre Matteo Renzi sta cercando di cucire i pezzi della sua squadra. Un’occasione perfetta per segnalare al nuovo presidente del consiglio, sempre che riesca a varcare la soglia di palazzo Chigi, un malessere, dei bisogni. «Non sapevamo che saremmo scesi in piazza in un contesto simile, di transizione a livello di esecutivo. Poco male. A Renzi vogliamo dire che siamo con lui, con il governo. Vogliamo contare, metterci del nostro per far ripartire il paese». Così afferma Vaccarino. A cui chiediamo: perché questa manifestazione è stata convocata solo adesso? Non si poteva fare prima, al picco della crisi? «Noi siamo gente non abituata alla piazza. Non è nelle nostre corde. C’è voluta una gran dose di coraggio per fare questo salto. E solo ora riusciamo a manifestarla».