18.02.14
Siamo il paese con più case di proprietà ma il numero dei senzatetto è in costante aumento. A parte i piani antifreddo spicca la mancanza di politiche di sostegno adeguate in favore dei senza dimora anche perché il fenomeno è poco conosciuto. I primi censimenti in Italia.
POCHI DATI SUI SENZADIMORA
Siamo il paese con più case di proprietà eppure il numero di persone che non le ha, o la perde, è in aumento. Sarà l’inverno mite, ma, della popolazione invisibile che vive in strada poco si è parlato se non per deprecabili fatti di cronaca.
I dati sui senzatetto a livello internazionale sono scarsi e incompleti. Grazie agli sforzi di alcuni Istituti di Statistica e centri di ricerca indipendenti, si sta progressivamente cercando di colmare il gap conoscitivo su questa parte della popolazione per la quale vengono allocate ingenti risorse pubbliche soprattutto per interventi di emergenza.
I dati raccolti nelle principali capitali europee nei conteggi annuali segnalano un trend fortemente crescente del fenomeno. Tra il 2008 e il 2011, in tutti i paesi europei ad eccezione di Finlandia, Paesi Bassi e Danimarca, il numero di senza dimora è aumentato significativamente. Se a Londra il numero di senza tetto (rough sleepers) è aumentato del 20 per cento tra il 2009 ed il 2012, a Barcellona il numero di senza dimora (sia rough sleepersche persone nei dormitori/centri) è aumentato del 38,6 per cento tra il 2008 ed il 2011, a Lisbona del 23.6 per cento tra il 2009 ed il 2012, a Budapest del 32,3 per cento tra il 2008 ed il 2013, a Bruxelles del 12,8 per cento tra il 2008 ed il 2010.
I dati sui senzatetto a livello internazionale sono scarsi e incompleti. Grazie agli sforzi di alcuni Istituti di Statistica e centri di ricerca indipendenti, si sta progressivamente cercando di colmare il gap conoscitivo su questa parte della popolazione per la quale vengono allocate ingenti risorse pubbliche soprattutto per interventi di emergenza.
I dati raccolti nelle principali capitali europee nei conteggi annuali segnalano un trend fortemente crescente del fenomeno. Tra il 2008 e il 2011, in tutti i paesi europei ad eccezione di Finlandia, Paesi Bassi e Danimarca, il numero di senza dimora è aumentato significativamente. Se a Londra il numero di senza tetto (rough sleepers) è aumentato del 20 per cento tra il 2009 ed il 2012, a Barcellona il numero di senza dimora (sia rough sleepersche persone nei dormitori/centri) è aumentato del 38,6 per cento tra il 2008 ed il 2011, a Lisbona del 23.6 per cento tra il 2009 ed il 2012, a Budapest del 32,3 per cento tra il 2008 ed il 2013, a Bruxelles del 12,8 per cento tra il 2008 ed il 2010.
L’ESPERIMENTO DI MILANO
Anche in Italia negli ultimi anni non sono mancate le ricerche su questa popolazione. La fotografia più aggiornata è quella di Milano e si riferisce alla notte dell’11 Marzo 2013 quando è stato condotto il secondo Censimento Completo della popolazione dei Senza Fissa Dimora della città (il primo venne condotto nel 2008 grazie alle borse Riccardo Faini).
Grazie all’aiuto di oltre 600 volontari è stato possibile mappare tutte le vie della città censendo la popolazione dei senza dimora. Rispetto al 2008 il fenomeno è aumentato complessivo del 69 per cento così che l’incidenza sul totale della popolazione residente nella città è passata dallo 0,12 per cento al 0,21 per cento. E’ diminuita però la percentuale di chi dorme in strada – i cosiddetti rough sleepers – grazie al significativo aumento di forme di accoglienza emergenziale nei mesi invernali.
Grazie all’aiuto di oltre 600 volontari è stato possibile mappare tutte le vie della città censendo la popolazione dei senza dimora. Rispetto al 2008 il fenomeno è aumentato complessivo del 69 per cento così che l’incidenza sul totale della popolazione residente nella città è passata dallo 0,12 per cento al 0,21 per cento. E’ diminuita però la percentuale di chi dorme in strada – i cosiddetti rough sleepers – grazie al significativo aumento di forme di accoglienza emergenziale nei mesi invernali.
CHI SONO I SENZATETTO
I circa mille questionari raccolti consentono di identificare i tratti salienti della popolazione e la loro evoluzione nel tempo. I senza fissa dimora sono prevalentemente uomini nella parte centrale – e potenzialmente produttiva – della loro vita (l’età media è di 41,2 anni e il 46 per cento della popolazione censita ha tra i 25 e i 44 anni). Se la struttura per genere e per età non è cambiata rispetto al 2008, vi è stato un lieve incremento della componente immigrata, così come degli individui che dichiarano di essere sposati o di avere un partner. Gli immigrati sono prevalentemente in strada rispetto alle strutture di accoglienza. Individui con un livello di istruzione (e quindi di capitale umano) non trascurabile se si pensa che circail 10 per cento possiede un diploma terziario (laurea o equipollente) ma individui che non posseggono un lavoro (il 78 per cento) sebbene attivi sul mercato. Il trend negativo per quanto riguarda il mercato del lavoro è evidente considerando i dati del 2008 quando circa il 33 per cento degli intervistati affermò di aver svolto un lavoro nel mese precedente. I termini contrattuali degli occupati sono estremamente precari: il 49 per cento degli occupati lavora in nero ed in media il salario orario è di circa 6 euro. La precarietà delle condizioni di lavoro è particolarmente acuta tra immigrati e donne.
La perdita del lavoro è la causa principale dello status di homelessness, anche se tra gli italiani determinanti sono le rotture delle relazioni familiari (vedovanza/divorzio), la dipendenza da droga e alcool, l’uscita dal carcere. Il rischio maggiore connesso alla perdita della casa e alla vita in strada sembra essere però la cronicizzazione della situazione e la dipendenza dal circuito assistenziale. In media infatti gli Italiani si trovano senza una casa da 5 anni mentre per gli Immigrati da 2. Gli individui dichiarano di attivarsi per uscire dalla loro situazione cercando un lavoro (il 75 per cento) con un incidenza maggiore tra gli immigrati, i più istruiti, chi dorme in una struttura di accoglienza e le donne. La pressoché totalità degli occupati (92 per cento) cerca comunque un lavoro alternativo a riprova del fatto che i rapporti contrattuali (formali o informali) di cui beneficiano siano percepiti come provvisori o dall’orizzonte temporale incerto.
QUALI POLITICHE PER I SENZA DIMORA?
La percentuale di individui con insufficienti risorse economiche e situazioni di disagio che ottengono dei sussidi è particolarmente basso. Oltre un terzo della popolazione dichiara di non essersi mai rivolto ai servizi preposti e i due terzi non erano a conoscenza dell’esistenza dei servizi.
Questi dati suggeriscono l’importanza di ripensare gli interventi e le politiche in modo da intercettare il disagio economico (e abitativo) nel più breve tempo possibile in modo da evitare la cronicizzazione. L’obiettivo delle politiche di inclusione sociale deve essere duplice: favorire la prevenzione sociale e identificare gli interventi per fronteggiare i processi che possono condurre verso la povertà e l’esclusione. Le risposte che purtroppo troppo spesso vengono date sono di tipo emergenziale e, solo raramente, si identificano interventi tesi a prevenire o a intervenire nelle fasi iniziali del processo di esclusione sociale. L’assistenza e il soccorso rappresentano il primo e fondamentale elemento della rete di servizi. Per essere efficaci dovrebbero però essere pensati come interventi strutturati che possano rappresentare una porta di accesso a un secondo livello più specializzato. Intercettare immediatamente il bisogno e intervenire selettivamente mette in moto un circolo virtuoso con vantaggi rilevanti in termini di riduzione dei costi diretti e indiretti, privati e sociali. Il primo passo per intervenire in maniera efficace su questa fascia della popolazione rimane la conoscenza approfondita del fenomeno, invisibile ai più.
Questi dati suggeriscono l’importanza di ripensare gli interventi e le politiche in modo da intercettare il disagio economico (e abitativo) nel più breve tempo possibile in modo da evitare la cronicizzazione. L’obiettivo delle politiche di inclusione sociale deve essere duplice: favorire la prevenzione sociale e identificare gli interventi per fronteggiare i processi che possono condurre verso la povertà e l’esclusione. Le risposte che purtroppo troppo spesso vengono date sono di tipo emergenziale e, solo raramente, si identificano interventi tesi a prevenire o a intervenire nelle fasi iniziali del processo di esclusione sociale. L’assistenza e il soccorso rappresentano il primo e fondamentale elemento della rete di servizi. Per essere efficaci dovrebbero però essere pensati come interventi strutturati che possano rappresentare una porta di accesso a un secondo livello più specializzato. Intercettare immediatamente il bisogno e intervenire selettivamente mette in moto un circolo virtuoso con vantaggi rilevanti in termini di riduzione dei costi diretti e indiretti, privati e sociali. Il primo passo per intervenire in maniera efficace su questa fascia della popolazione rimane la conoscenza approfondita del fenomeno, invisibile ai più.
Partendo da questo presupposto La Fondazione DeBenedetti sta organizzando in collaborazione con Roma Capitale il 1° Censimento Completo dei Senza Fissa Dimora della capitale per le notti del 17, 18 e 19 marzo. Il numero di volontari necessario per condurre l’indagine è particolarmente alto, date le dimensioni del territorio e proprio in questi giorni è aperto il reclutamento. Per ulteriori informazioni www.frdb.org.