La figlia di Moro contro l'ergastolo: "Non ripaga i familiari delle vittime"
Agnese Moro scrive una lettera per spiegare le ragioni per cui si oppone al 'fine pena mai': "Contro il senso di umanità, non rieduca"
Famiglia Cristiana18 Febbraio 2014
La figlia del leader della Democrazia Cristiana ucciso dalla Brigate Rosse non ha dubbi: chi ha subito una violenza non verrà ripagato se il responsabile passerà la vita in prigione. Per spiegare nel dettaglio le sue ragioni scrive una lunga lettera a Famiglia Cristiana.
Nella lettera si fa riferimento alla Costituzione, intesa anche com progetto di vita individuale e sociale: "Esprime una speranza di giustizia e di pace, che viene dalle generazioni che ci hanno preceduto, che ci accompagna dando sapore alle nostre esistenze, che vorremmo poter trasmettere ai nostri figli e nipoti". Per questa ragione alla base della nostra democrazia c'è la persona e la sua dignità.
Per queste ragioni anche chi sbaglia non può passare l'intera sua esistenza in carcere. Anche perché ergastolo non significa vendetta. Ed è la stessa costituzione a sottolinearlo, nel suo ventisettesimo articolo: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Per queste ragioni anche chi sbaglia non può passare l'intera sua esistenza in carcere. Anche perché ergastolo non significa vendetta. Ed è la stessa costituzione a sottolinearlo, nel suo ventisettesimo articolo: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Noi non buttiamo via nessuno, e rivogliamo tutti indietro. In questo nostro progetto di vita l’ergastolo è decisamente un corpo estraneo; una contraddizione insanabile con la nostra Costituzione. Perché fa della pena una punizione e basta; perché sancisce un allontanamento definitivo e senza appello dal resto della società; perché – come diceva mio padre Aldo Moro nei suoi scritti giuridici – è decisamente contraria al senso di umanità perché nega anche la speranza di poter tornare a vivere la dimensione della libertà che caratterizza così profondamente il nostro essere uomini.
Non è con il 'fine pena mai' che si fa giustizia e che i parenti delle vittime vengono ripagati. Ma c'è qualcosa che può aiutare chi ha vissuto questa tragedia.
Può aiutare vedere che chi ha fatto del male ha capito quello che ha combinato, ne è realmente dispiaciuto, vorrebbe con tutte le sue forze non averlo fatto; che riprende a vivere in maniera diversa, cerca di essere utile alla società, porta il rimorso suo e anche il dolore delle proprie vittime.
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