mercoledì 19 febbraio 2014

Mentre i grillini ottusi si attardano per puro populismo sui privilegi della casata politica non si accorgono che il vero potere è quello di cui si parla in questo articolo. Nella camera le spese per la casta politica equivalgono al 13% circa (stipendi, benefit ed altro). Le spese per il personale equivalgono al 35% circa, con uno stipendio medio intorno a 180 mila euro all'anno. Se la prendono con Bankitalia quando il "capo" della banca d'Italia prende circa la metà del personale della camera (90000). Siamo nelle mani di veri incapaci.

Una proposta
18 febbraio @ 18.33
JACOPO BARIGAZZI

Nomine PubblicheCi sono 600 poltrone da riempire in aziende pubbliche. Perché non possiamo usare il sistema del Cabinet Office inglese dove tutti gli interessati, uomini e donne, inviano il curriculum? Forse non risolve tutti i problemi, ma almeno evita che si tessa la tela nell'ombra. 
Seicento poltrone da riempire sono così tante che da settimane il potere nazionale vive un fremito. Da Eni a Fintecna, da Enel a 13 società del gruppo Fs, la cifra che compone la “carica dei 600”, come soprannominata dal Sole 24 Ore, la si desume da un semplice calcolo: da metà aprile alla fine di giugno giungono a scadenza 49 consigli di amministrazione e 60 collegi sindacali. Se si calcolano 6 poltrone per ogni collegio decisionale ecco che si arriva a un totale di 654 posti. Si capisce dunque il fremito che percorre la razza padrona, quella di manager, boiardi e servitori che spesso sanno poi trovare il modo di ringraziare la politica che li ha premiati. Un fremito tale che da giorni si ipotizza che quello delle nomine pubbliche sia stato uno dei punti su cui è scivolato Enrico Letta, il temporeggiatore, che nella mappa del potere capitolino subirebbe anche l'indebolimento del potente zio Gianni. dato in discesa dopo il siluramento di Antonio Mastrapasqua che doveva a proprio a lui, allo zio, la poltrona dell'Inps. E si parla anche di nuovi patti di potere che si tessono nell’era Renzi.

Ma tutto questo è parte di quel potere fatto di ombre e nebbie che interessa al retroscenista ma che non cambia la governance di un Paese. Perché, se vogliamo stare sul pratico, allora dobbiamo porci un problema di metodo. Chiedendo che queste nomine vengano fatte col sistema del Cabinet Office inglese dove tutti gli interessati, uomini e donne (rispettando la novità delle quote di genere), possano inviare il loro curriculum per partecipare alla selezione. Londra ha usato questo metodo per scegliere perfino il governatore centrale. Poi, certo, siamo tutti abbastanza scafati da sapere che anche in quel caso la nomina di Mark Carney era già decisa, ma almeno quello che era all'epoca numero uno della Bank of Canada dovette farsi avanti e ufficializzare in pubblico il suo interesse a traslocare armi e bagagli nella seconda banca centrale più antica al mondo. Senza tessere nell'ombra.

D'altra parte quando, pochi anni fa, Carney ebbe uno scontro furibondo con Jim Dimon, numero uno di JP Morgan, fu il secondo che, su richiesta di Lloyd Blankfein di Goldman Sachs, dovette chiedere scusa al primo. Il conflitto fra quelli che sono ritenuti i due migliori banchieri al mondo, che portò alla capitolazione di Dimon, è citato come uno degli episodi più simbolici della rivincita del potere pubblico su quello privato dopo le sbornia degli anni '80. Non vogliamo attribuire una valenza redentrice alla semplice mossa di rendere trasparenti le candidature. Ma forse, anche questo, sarebbe un modo per cambiare verso.


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