sabato 9 marzo 2013

Sono stato sempre a favore della chiusura delle province. E considerando la qualità degli amministratori delle province sono sempre più favorevole a questa chiusura. Ma se qualcuno mi dà una alternativa non ho dubbi. Non c'è niente di più inutile e costoso delle Regioni. Spendono più della Camera e del Senato messi assieme. Ogni assessorato sembra un ministero. E considerando il numero degli indagati e inquisiti e condannati risultano almeno due volte più numerosi dei parlamentari. Se chiudiamo le regioni si possono recuperare parecchi soldini.


“Ma quali Province, aboliamo le Regioni”: proposta choc dei geografi italiani

Pubblicato il 9 marzo 2013 15.32 | Ultimo aggiornamento: 9 marzo 2013 15.34
ROMA – Ma quali province, aboliamo le Regioni. E’ questa la proposta choc della Società geografica italiana. E non è neppure troppo sconvolgente se si considera che sulla questione, almeno apparentemente, tutti i partiti sembrano convenire. Lo chiede Beppe Grillo, lo invocano Pdl e Lega, che pure avevano frenato sui tagli del governo Monti, e anche Pierluigi Bersani l’ha infilata tra i suoi otto punti.
Troppo piccole le une, troppo grandi le altre: per questo i geografi propongono di abolire le Regioni e altresì tagliare drasticamente il numero delle province, che rimarrebbero solo 36 e sarebbero ribattezzate sotto la suggestiva etichetta di “eco-sistemi urbani“, prendendo le funzioni di organismi politico amministrativi “sostitutivi delle attuali province e regioni”. I loro confini verrebbero ridisegnati esclusivamente in base al ”potenziale urbano degli attuali capoluoghi di provincia, alla rete delle infrastrutture che li collegano e al substrato fisico del territorio”.
Ma quali sono esattamente i benefici della nuova mappa amministrativa dell’Italia studiata dai geografi? La “riduzione dei costi della politica”, senz’altro ma anche una “migliore gestione del territorio”, afferma il presidente Franco Salvatori.
Gli studi dei geografi, che si inseriscono nel dibattito nazionale per il riordino territoriale dello Stato, consegnano una Sardegna spaccata in due, una Sicilia divisa in quattro e una Puglia scomposta in tre aree, con l’aggiunta a Nord di parte del Molise. Spacchettate anche Piemonte, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. La Val d’Aosta scende fino al Piemonte e ne ingloba una parte, la Liguria perde La Spezia, il Veneto Rovigo e Isernia si unisce a  Frosinone e Latina. Poche variazioni infine per i confini delle regioni ”più piccole”, come Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Marche, Umbria, Abruzzo e Basilicata: ciascuna diverrebbe un ”eco-sistema urbano” a sé.
Questi ipotetici assetti territoriali, spiegano i geografi, ”sono stati tracciati a partire dalle reti infrastrutturali (mobilità, trasporti e comunicazioni) già presenti sul territorio o in avanzata fase progettuale” e nessuna città, al momento, è stata individuata come ”città egemone” per il proprio eco-sistema urbano.
”La nuova mappa amministrativa dell’Italia – osserva Franco Salvatori – porterebbe vantaggi a livello di riduzione di costi della politica e di gestione territoriale, ora troppo frantumata, nel caso delle province, e troppo squilibrata, nel caso delle regioni”. L’idea del decentramento regionale, aggiunge, ”è consolidata. Queste nuove regioni medie sarebbero soggetti particolarmente attrezzati, implicitamente forti, ma non cosi’ tanto da contrastare l’organizzazione centrale dello Stato, garantendo cosi’ un equilibrio di poteri”.
E’ un progetto realizzabile? ”Se guardassimo al passato non sarebbe attuabile, viste le enormi resistenze territoriali che si sono sempre manifestate. Ma oggi – conclude – la crisi economica richiede innovazione”.


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