Fare le pulci a Grillo
Venti punti per rinascere, l’utopia M5S al governo
Riccardo Puglisi
I primi cento giorni di un eventuale governo a 5 Stelle, tra maggiori spese e minori entrate
Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle
Parallelismi: in Gran Bretagna il primo ministro può decidere di sciogliere anticipamente la Camera dei Comuni per sfruttare un momento felice di popolarità, e ottenere alle nuove elezioni una maggioranza più solida. Qui in Italia, Beppe Grillo, "Megafono" del Movimento 5 Stelle che ha ottenuto più del 25% dei voti alle ultime elezioni, non accetta di dare la fiducia ad un governo che non si basi sulle sue proposte programmatiche, e -nel caso di fine anticipata della legislatura per l’impossibilità di formare o preservare un governo che goda della fiducia delle due camere- spera di ottenere una percentuale di voti ancora maggiore.
Forse non c'è neanche il bisogno di sottolineare come nessun programma di governo sia accettabile "a scatola chiusa" soltanto perché proviene da un movimento politico nuovo, oppure perché è il frutto di discussioni collettive, dal basso, come nel caso dei Meet-Up che stanno alla base del Movimento 5 Stelle.
A parte il programma del Movimento, è interessante discutere la "lettera agli italiani" pubblicata il 6 febbraio sul blog di Grillo, e contenente 20 punti programmatici il cui fine è quello di far "uscire dal buio" economico e sociale il paese.
A mio parere questi 20 punti programmatici possono essere utilmente raggruppati in 5 aree tematiche più ampie, che sono le seguenti:
A mio parere questi 20 punti programmatici possono essere utilmente raggruppati in 5 aree tematiche più ampie, che sono le seguenti:
1) spesa pubbliche aggiuntive o ripristinate
2) tagli alle imposte
3) tagli ai costi della politica
4) avvicinamento della democrazia rappresentativa ad una democrazia diretta
5) controllo di moralità sull'economia e sulla politica
Esiste naturalmente un collegamento logico abbastanza immediato tra le prime tre aree, che -se non è esplicito nella formulazione di Grillo- è comunque facile da esporre alla luce del sole: i tagli ai costi della politica dovrebbero finanziare spese pubbliche aggiuntive e diminuzioni di introiti fiscali che siano meritevoli dal punto di vista sociale. Dall'altra parte, il messaggio sottostante agli ultime due aree tematiche è che solo tramite forme di democrazia diretta e di controllo sulla moralità dei politici il meccanismo di democrazia rappresentativa è in grado di produrre qualcosa di buono, o perlomeno di non provocare danni eccessivi.
Tra le spese pubbliche aggiuntive inserisco il reddito di cittadinanza (punto 1), il ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola pubblica (14) e l'accesso gratuito alla Rete per la cittadinanza (16).
L'area dei tagli alle imposte include sicuramente l'abolizione dell'IMU sulla prima casa (17) e probabilmente le "misure immediate per il rilancio della piccola e della media impresa" (2), anche se queste ultime sono lasciate nel vago e potrebbero concretizzarsi anche in aumenti della spesa pubblica. Infine, l'abolizione di Equitalia (punto 20) non riduce in sé l'imposizione fiscale ma dovrebbe ridurre gli oneri addizionali che gravano sul cittadino nella fase della riscossione.
L'area dei tagli ai costi della politica –intesa in senso lato- include l'abolizione dei contributi pubblici ai partiti (5), l'abolizione dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali (15) e l'eliminazione delle province (19).
L'area tematica della democrazia diretta include l'introduzione a livello costituzionale del referendum propositivo e senza quorum (7), il referendum sulla permanenza nell'euro (8), la necessità di voto palese per ogni legge di iniziativa popolare (9) e l'informatizzazione e semplificazione dello Stato (4), che molto probabilmente ha anche effetti sul livello della spesa pubblica produttiva e/o "di casta".
L'area del controllo di moralità sulla politica è quella che comprende a mio parere il maggior numero di punti, ovvero la proposta di una legge anticorruzione (3), l'idea di "una sola rete televisiva pubblica, senza pubblicità e indipendente dai partiti (10), la legge sul conflitto di interessi (13), il limite massimo di due mandati parlamentari (12), l'elezione diretta dei parlamentari alla Camera e al Senato (11) e l'introduzione di un "politometro" per verificare illeciti arricchimenti dei politici negli ultimi 20 anni (6).
Come punto residuale, cioè più difficilmente collocabile nelle 5 aree di cui sopra, metterei infine l'impignorabilità della prima casa (18).
Alcuni commenti generali:
Il primo elemento critico che balza all'occhio è la sproporzione tra le maggiori spese e minori entrate -che il Movimento 5 Stelle vuole proporre in quanto meritevoli- e i tagli al costo della politica che dovrebbero finanziarle. Il divario è sicuramente nell'ordine delle decine di miliardi, anche se è difficile stimarlo esattamente a motivo della vaghezza di alcune delle proposte.
Piuttosto, mi interessa qui indagare le ragioni psicologiche che spingono i membri e gli elettori del Movimento 5 Stelle ad immaginarsi invece un divario inesistente. Senza per forza escludere l'ipotesi della furbizia politica -Grlllo e Casaleggio ben sanno dell'esistenza di un divario, ma per ragioni di strategia elettorale fanno passare sotto silenzio la cosa- un'ipotesi interessante è quella di una percezione delle risorse economiche totali come un ammontare dato su cui si disputa un gioco a somma zero tra loro (i politici cattivi) e noi (i cittadini buoni). Non solo: questa raffigurazione della vita economica e politica come una contesa tra cittadini e casta politica diventa l'unica spiegazione della crisi economica italiana se quanto “manca” ai cittadini è esattamente quanto è stato sottratto dai politici.
Son ben lungi dal negare le ruberie e le inefficienze dei politici italiani, ma questa raffigurazione dimentica colpevolmente altri tipi di contrapposizioni economiche sociali all'interno del paese (ad esempio tra pensionati che hanno beneficiato a lungo del sistema retributivo, e giovani schiacciati dal peso dei contributi previdenziali, a motivo di un'età pensionabile troppo bassa, almeno prima della riforma Fornero), e non pone abbastanza attenzione al fatto che la grandezza della torta di risorse economiche non è data, ma dipende dalla crescita (o decrescita) del reddito complessivo.
Un secondo elemento critico che si riscontra in questi 20 punti è la fiducia a mio parere eccessiva nella democrazia diretta, con punte di sfiducia eccessiva nel personale politico. In un altro pezzo ho sottolineato la totale dissennatezza di un referendum sulla permanenza dell'Italia nell'area dell'euro, il quale rischia di dare l'avvio ad una corsa agli sportelli bancari a prescindere dall'esito stesso. Mi rendo conto di andare contro corrente, ma un limite al numero di mandati parlamentari, se da un lato evita il cristallizzarsi pericoloso di posizioni di potere, dall'altro lato non dà il tempo ai politici di diventare più bravi (mi spiace deludere le anime pie, ma anche la politica è un lavoro) e rischia di creare un clima di irresponsabilità durante il secondo mandato (che cosa ha da perdere un politico al secondo mandato, se in ogni caso non può essere rieletto?)
Infine, un elemento molto positivo del Movimento Cinque Stelle consiste nell'aumento della concorrenza sul mercato politico, di cui per ora vediamo solo le conseguenze negative, ovvero un rischio forte di ingovernabilità. Quali invece le conseguenze positive? Vale la metafora del mercato: in assenza di collusione, una maggiore concorrenza nell'offerta politica dovrebbe tradursi in prezzi più bassi per i consumatori-elettori, ovvero minori rendite -per non dire ruberie- nelle tasche dei politici stessi. La concorrenza è anche dolorosa per quelli che la sottovalutano: chi si ostina a tenere i prezzi alti nella nuova situazione rischia di "fallire", ovvero -fuor di metafora- di ottenere percentuali di voto che condannano all’irrilevanza.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/grillo-lettera-italiani-20-punti#ixzz2N3StvfT2
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