GRILLO E CASALEGGIO ALLE CONSULTAZIONI.
IL CAV: "COLLE A NOI, O BATTAGLIA IN PIAZZA"
Lunedì 18 Marzo 2013 - 21:08
ROMA - I capigruppo del M5S a Senato e Camera, Vito Crimi e Roberta Lombardi, Beppe Grillo e «forse Gianroberto Casaleggio» dovrebbero formare la delegazione del Movimento 5 Stelle alle consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo che inizieranno mercoledì. Lo conferma lo stesso capogruppo del Senato.
BERLUSCONI: COLLE A NOI O BATTAGLIA IN PIAZZA Dopo aver occupato il Parlamento, mettendo un ex pm e una esponente della estrema sinistra a capo del Senato e della Camera, i vecchi comunisti guidati da Bersani puntano a fare en plein conquistando il governo e il Quirinale, occupando in maniera indecente le caselle delle più alte cariche dello Stato. Ed allora al Pdl non resterà che dare battaglia ovunque, nelle piazze come nelle Aule parlamentari.
Silvio Berlusconi, a due giorni dall'avvio delle consultazioni, rilancia dunque la candidatura di un moderato al Colle - chiedendo anche, tramite il segretario Alfano, che il Pd si fermi e cambi strada - minacciando altrimenti di essere pronto a una guerra permanente. La coalizione guidata dal Pdl, rivendica il Cavaliere nelle riunioni per l'elezione dei capogruppo a Montecitorio e Palazzo Madama, ha ottenuto il 30% dei consensi alle ultime elezioni e non dovrebbe essere marginalizzata.
La proposta di portare al Colle un esponente dei moderati (come Gianni Letta, tra i nomi preferiti dall'ex premier) non è quindi certo indecente - ragiona Berlusconi - come invece pretende di derubricarla Bersani. E ragionamento uguale vale per l'Esecutivo: i comunisti sono sempre gli stessi e nutrono un odio indicibile nei nostri confronti. Non capiscono - spiega - che l'unico governo per il Paese sarebbe con noi. Alla fine, invece, è il pronostico, Napolitano darà l'incarico ai Democratici, che grazie all'appoggio dei grillini riusciranno a entrare a Palazzo Chigi. Sì perchè - evidenzia il Cavaliere - nel M5S ci sono giovani dei centri sociali ma anche tanti ragazzi ben radicati a sinistra come dimostra l'applausometro del discorso della presidente della Camera, e esponente di Sel, Laura Boldrini.
Il timore, confessa Berlusconi ai deputati, è che vogliano usare il governo contro di me, come dimostrerebbe l'elenco delle priorità del Pd che vede in cima alla lista le misure contro il conflitto di interesse. E che, replica il Cavaliere, non sono invece certo una questione urgente per il Paese, afflitto dal peso della crisi economica. Un Esecutivo nemico da una parte, la dittatura della magistratura dall'altra. Alcuni pm non sono altro - è la tesi ribadita anche in questa occasione - che un'associazione a delinquere che vuole farmi fare la fine di Craxi. Quello che infatti aleggerebbe sulla testa dell'ex premier sarebbe - racconta ai suoi - una condanna molto pesante.
In Italia, insiste, regna una magistrocrazia, che preoccupa oltre un terzo dei cittadini e che deve essere sconfitta. Insomma, il quadro complessivo tracciato da Berlusconi e tutt'altro che rassicurante nonostante la certezza che il nuovo governo durerà poco (dobbiamo tenerci pronti, dice ai suoi) e che il Pdl rispetto il Pd sia già 3 punti avanti.
Ma per convincere e vincere alla prossima tornata elettorale bisogna fare di più: i grillini hanno sfondato perchè hanno portato avanti un sogno rivoluzionario e ora, sferza le truppe il Cavaliere promettendo la propria presenza al 100%, anche il Pdl deve confezionare un sogno. Ed ecco che spuntano 10 proposte di legge, dalla riforma dello Stato al taglio della burocrazia, e l'invito a comportarsi come se la campagna elettorale non fosse mai finita, a partire dalla presenza in piazza il prossimo 23 marzo.
GRILLO: GRASSO UNA TRAPPOLA Adottare la linea dura nei confronti dei senatori che hanno disatteso il 'Codice di comportamentò del M5S votando Pietro Grasso al Senato o limitarsi ad inviare un avviso. Beppe Grillo si trova di fronte alla prima vera grana 'politicà del movimento e a dover scegliere, così come è accaduto per i suoi senatori, tra due opzioni inconciliabili.
Per il momento, il blogger genovese sembra prendere tempo. Da un lato 'comprendè le difficoltà dei parlamentari «caduti in una trappola» di Pd e Pdl e costretti a scegliere «tra la peste bubbonica e un forte raffreddore». Dall'altro, però, non li giustifica e li invita a rispettare un regolamento che prevede anche l'espulsione. È in pericolo la tenuta del M5S. Del voto che ha portato all'elezione di Grasso, Grillo ne fa più una questione di metodo che di merito. «Il problema non è Grasso - spiega sul blog - Se il gruppo dei senatori del M5S avesse» scelto l'ex pm «e tutti si fossero attenuti alla scelta, non vi sarebbe stato alcun caso. In gioco non c'è Grasso, ma il rispetto delle regole del M5S».
Al contempo invia a Roma due fedelissimi come Claudio Messora e Daniele Martinelli: i due blogger, ospiti pressochè fissi sul sito di Grillo, avranno i compito di «affiancare» i capigruppo nella comunicazione e magari assicurare un pò di ordine nella pattuglia in Parlamento. Mossa che appare una sorta di commissariamento dopo la gestione pasticciata del 'caso Senatò. D'altronde, l'espulsione dei parlamentari del M5S non è una soluzione e, di fatto, pare difficilmente percorribile. E Grillo ne è cosciente.
Il 'Codicè prevede che i gruppi di Camera e Senato si riuniscano insieme e decidano se proporre l'espulsione agli iscritti che avranno l'ultima parola votando online. «Una riunione sul caso la faremo», conferma una parlamentare al termine di una riunione alla Camera alla quale ha preso parte anche il capogruppo al Senato, Vito Crimi, spiegando l'accaduto. Ma anche se gruppi e iscritti decidessero per l'espulsione, difficilmente i senatori potranno dimettersi in quanto dovranno ottenere il voto favorevole dell'Aula. È improbabile che l'Assemblea dia il via libera: nel 2006 i sottosegretari del governo Prodi provarono a dimettersi per lasciare il posto a chi poteva essere più presente in Aula, assicurando così la maggioranza. Ma il Senato, con i voti del Pdl, respinse più volte tale richiesta.
Nel M5S si teme che la divisione possa estendersi lentamente dall'alto al basso. Ironia della sorte proprio l'opposto di quel processo 'bottom-up' (dal basso verso l'alto) che Grillo predica. I militanti 'a cinque stellè appaiono divisi: sui blog la fronda di coloro che giustificano il voto per Grasso appare maggioritaria, ma non manca chi chiede l'applicazione rigorosa del codice. I parlamentari sembrano spaesati.
Fabrizio Bocchino su Fb 'confessà il voto per Grasso: «Non tutti nel gruppo hanno condiviso, molti la ritengono sbagliata ma mi sento di poter dire che tutti l'hanno compresa». Per Maurizio Bucarella, «le dimissioni sarebbero fuori luogo». «Non si espelle per queste cose», fa eco Vito Petrocelli. Il colpo è forte. Il senatore Andrea Cioffi prova a reagire e incoraggia i colleghi: «Siamo più forti di prima», assicura. Ma il deputato Alessandro Di Battista posta un articolo di Marco Travaglio per la linea dura e pura. Se ne discuterà. Per ora si prova a mettere la questione alle spalle, indicando le candidature per vicepresidenze e questori: «È il momento di fare sul serio».
BERSANI: VOLTI NUOVI Forte del colpo messo a segno con le candidature di Laura Boldrini e Pietro Grasso alle presidenze delle Camere il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, continua a lavorare in vista di un incarico a formare il governo che ora vede più vicino. Conscio del fatto che anche la composizione di un eventuale governo a sua guida avrà la sua importanza nella partita per allargare la fiducia e passare le forche caudine del Senato. Per questo si punta a profili alti e ben spendibili di fronte all'opinione pubblica. Ed è già partito il 'toto nomì.
Tra i papabili il 'solitò Fabrizio Barca e Rosanna Capacchione, la cronista anti-mafia eletta col Pd al Senato ma anche giovani come la deputata Alessia Mosca, di area lettiana, parlamentare alla seconda legislatura o ancora, tra i nomi forti, Salvatore Settis. Intanto si aggiunge un nuovo tassello al programma «per il cambiamento» del segretario che oggi ha presentato la nuova normativa che ha in mente per il conflitto di interessi che registra, per altro, anche un intervento dell'Antitrust con una proposta depositata in Parlamento.
Si tratta, chiaramente, di un tema di forte attrito con il Pdl e infatti sul punto il Cav va all'attacco: «altro che conflitto d'interesse, serve lavorare alla ripresa economica». Il segretario del Pd Bersani, in ogni caso, è fermo sulla linea di non accettare alcun tipo di dialogo con il Pdl (che pure prova a fare aperture invitando i Dem a cambiare linea e ad aprire ai moderati). Ancor più a fronte di un Berlusconi che minaccia la piazza non c'è nessuna 'ipotesi b', è la linea e ove il tentativo che sta portando avanti non andasse in porto si dovrebbe tornare alle urne. E in quel caso, si spiega da più parti, lo stesso segretario (che ha ipotizzato in questo caso un anticipo delle primarie) non escluderebbe di correre di nuovo.
Al momento, però, tutto è puntato sulla sua partita per formare un governo che, ove partisse, secondo il segretario potrebbe non essere a termine brevissimo. I segnali sono, di certo, più positivi di qualche giorno fa anche se la strada è tutta in salita. Il Movimento Cinque stelle non sembra così granitico (se Grillo è costretto a mandare due 'supervisorì per ricompattare i suoi). La Lega continua a fare aperture (anche se il Pdl si dice certo della fedeltà dell'alleato). Da parte di Scelta Civica non ci sono chiusure di sorta. Gli uomini di Monti fanno sapere che non se ne fa una questione di nomi ma di programmi e non c'è preclusione persino al Carroccio (qualora dovesse dare un 'silenzio assensò alla nascita del governo magari garantendo il numero legale).
Intanto il prossimo scoglio per il segretario è quello dell'elezione dei capigruppo che dovranno salire con lui al Quirinale per le consultazioni. Una partita sulla quale è in corso un braccio di ferro tra correnti che il segretario potrebbe puntare a risolvere con un nuovo coup de teatre. Dal quale sembrano tenersi per ora fuori i 'renzianì che domani si riuniranno in vista delle assemblee dei gruppi sulla questione. Intanto si fa sentire anche il sindaco di Firenze che continua a tenersi pronto in caso la situazione precipitasse e si dovesse tornare al voto. Bene la «stretegia d'attacco» usata da Bersani su Boldrini e Grasso, dice il 'rottamatorè ma questo «non significa che i numeri ottenuti diano la garanzia di formare il governo».
BERLUSCONI: COLLE A NOI O BATTAGLIA IN PIAZZA Dopo aver occupato il Parlamento, mettendo un ex pm e una esponente della estrema sinistra a capo del Senato e della Camera, i vecchi comunisti guidati da Bersani puntano a fare en plein conquistando il governo e il Quirinale, occupando in maniera indecente le caselle delle più alte cariche dello Stato. Ed allora al Pdl non resterà che dare battaglia ovunque, nelle piazze come nelle Aule parlamentari.
Silvio Berlusconi, a due giorni dall'avvio delle consultazioni, rilancia dunque la candidatura di un moderato al Colle - chiedendo anche, tramite il segretario Alfano, che il Pd si fermi e cambi strada - minacciando altrimenti di essere pronto a una guerra permanente. La coalizione guidata dal Pdl, rivendica il Cavaliere nelle riunioni per l'elezione dei capogruppo a Montecitorio e Palazzo Madama, ha ottenuto il 30% dei consensi alle ultime elezioni e non dovrebbe essere marginalizzata.
La proposta di portare al Colle un esponente dei moderati (come Gianni Letta, tra i nomi preferiti dall'ex premier) non è quindi certo indecente - ragiona Berlusconi - come invece pretende di derubricarla Bersani. E ragionamento uguale vale per l'Esecutivo: i comunisti sono sempre gli stessi e nutrono un odio indicibile nei nostri confronti. Non capiscono - spiega - che l'unico governo per il Paese sarebbe con noi. Alla fine, invece, è il pronostico, Napolitano darà l'incarico ai Democratici, che grazie all'appoggio dei grillini riusciranno a entrare a Palazzo Chigi. Sì perchè - evidenzia il Cavaliere - nel M5S ci sono giovani dei centri sociali ma anche tanti ragazzi ben radicati a sinistra come dimostra l'applausometro del discorso della presidente della Camera, e esponente di Sel, Laura Boldrini.
Il timore, confessa Berlusconi ai deputati, è che vogliano usare il governo contro di me, come dimostrerebbe l'elenco delle priorità del Pd che vede in cima alla lista le misure contro il conflitto di interesse. E che, replica il Cavaliere, non sono invece certo una questione urgente per il Paese, afflitto dal peso della crisi economica. Un Esecutivo nemico da una parte, la dittatura della magistratura dall'altra. Alcuni pm non sono altro - è la tesi ribadita anche in questa occasione - che un'associazione a delinquere che vuole farmi fare la fine di Craxi. Quello che infatti aleggerebbe sulla testa dell'ex premier sarebbe - racconta ai suoi - una condanna molto pesante.
In Italia, insiste, regna una magistrocrazia, che preoccupa oltre un terzo dei cittadini e che deve essere sconfitta. Insomma, il quadro complessivo tracciato da Berlusconi e tutt'altro che rassicurante nonostante la certezza che il nuovo governo durerà poco (dobbiamo tenerci pronti, dice ai suoi) e che il Pdl rispetto il Pd sia già 3 punti avanti.
Ma per convincere e vincere alla prossima tornata elettorale bisogna fare di più: i grillini hanno sfondato perchè hanno portato avanti un sogno rivoluzionario e ora, sferza le truppe il Cavaliere promettendo la propria presenza al 100%, anche il Pdl deve confezionare un sogno. Ed ecco che spuntano 10 proposte di legge, dalla riforma dello Stato al taglio della burocrazia, e l'invito a comportarsi come se la campagna elettorale non fosse mai finita, a partire dalla presenza in piazza il prossimo 23 marzo.
GRILLO: GRASSO UNA TRAPPOLA Adottare la linea dura nei confronti dei senatori che hanno disatteso il 'Codice di comportamentò del M5S votando Pietro Grasso al Senato o limitarsi ad inviare un avviso. Beppe Grillo si trova di fronte alla prima vera grana 'politicà del movimento e a dover scegliere, così come è accaduto per i suoi senatori, tra due opzioni inconciliabili.
Per il momento, il blogger genovese sembra prendere tempo. Da un lato 'comprendè le difficoltà dei parlamentari «caduti in una trappola» di Pd e Pdl e costretti a scegliere «tra la peste bubbonica e un forte raffreddore». Dall'altro, però, non li giustifica e li invita a rispettare un regolamento che prevede anche l'espulsione. È in pericolo la tenuta del M5S. Del voto che ha portato all'elezione di Grasso, Grillo ne fa più una questione di metodo che di merito. «Il problema non è Grasso - spiega sul blog - Se il gruppo dei senatori del M5S avesse» scelto l'ex pm «e tutti si fossero attenuti alla scelta, non vi sarebbe stato alcun caso. In gioco non c'è Grasso, ma il rispetto delle regole del M5S».
Al contempo invia a Roma due fedelissimi come Claudio Messora e Daniele Martinelli: i due blogger, ospiti pressochè fissi sul sito di Grillo, avranno i compito di «affiancare» i capigruppo nella comunicazione e magari assicurare un pò di ordine nella pattuglia in Parlamento. Mossa che appare una sorta di commissariamento dopo la gestione pasticciata del 'caso Senatò. D'altronde, l'espulsione dei parlamentari del M5S non è una soluzione e, di fatto, pare difficilmente percorribile. E Grillo ne è cosciente.
Il 'Codicè prevede che i gruppi di Camera e Senato si riuniscano insieme e decidano se proporre l'espulsione agli iscritti che avranno l'ultima parola votando online. «Una riunione sul caso la faremo», conferma una parlamentare al termine di una riunione alla Camera alla quale ha preso parte anche il capogruppo al Senato, Vito Crimi, spiegando l'accaduto. Ma anche se gruppi e iscritti decidessero per l'espulsione, difficilmente i senatori potranno dimettersi in quanto dovranno ottenere il voto favorevole dell'Aula. È improbabile che l'Assemblea dia il via libera: nel 2006 i sottosegretari del governo Prodi provarono a dimettersi per lasciare il posto a chi poteva essere più presente in Aula, assicurando così la maggioranza. Ma il Senato, con i voti del Pdl, respinse più volte tale richiesta.
Nel M5S si teme che la divisione possa estendersi lentamente dall'alto al basso. Ironia della sorte proprio l'opposto di quel processo 'bottom-up' (dal basso verso l'alto) che Grillo predica. I militanti 'a cinque stellè appaiono divisi: sui blog la fronda di coloro che giustificano il voto per Grasso appare maggioritaria, ma non manca chi chiede l'applicazione rigorosa del codice. I parlamentari sembrano spaesati.
Fabrizio Bocchino su Fb 'confessà il voto per Grasso: «Non tutti nel gruppo hanno condiviso, molti la ritengono sbagliata ma mi sento di poter dire che tutti l'hanno compresa». Per Maurizio Bucarella, «le dimissioni sarebbero fuori luogo». «Non si espelle per queste cose», fa eco Vito Petrocelli. Il colpo è forte. Il senatore Andrea Cioffi prova a reagire e incoraggia i colleghi: «Siamo più forti di prima», assicura. Ma il deputato Alessandro Di Battista posta un articolo di Marco Travaglio per la linea dura e pura. Se ne discuterà. Per ora si prova a mettere la questione alle spalle, indicando le candidature per vicepresidenze e questori: «È il momento di fare sul serio».
BERSANI: VOLTI NUOVI Forte del colpo messo a segno con le candidature di Laura Boldrini e Pietro Grasso alle presidenze delle Camere il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, continua a lavorare in vista di un incarico a formare il governo che ora vede più vicino. Conscio del fatto che anche la composizione di un eventuale governo a sua guida avrà la sua importanza nella partita per allargare la fiducia e passare le forche caudine del Senato. Per questo si punta a profili alti e ben spendibili di fronte all'opinione pubblica. Ed è già partito il 'toto nomì.
Tra i papabili il 'solitò Fabrizio Barca e Rosanna Capacchione, la cronista anti-mafia eletta col Pd al Senato ma anche giovani come la deputata Alessia Mosca, di area lettiana, parlamentare alla seconda legislatura o ancora, tra i nomi forti, Salvatore Settis. Intanto si aggiunge un nuovo tassello al programma «per il cambiamento» del segretario che oggi ha presentato la nuova normativa che ha in mente per il conflitto di interessi che registra, per altro, anche un intervento dell'Antitrust con una proposta depositata in Parlamento.
Si tratta, chiaramente, di un tema di forte attrito con il Pdl e infatti sul punto il Cav va all'attacco: «altro che conflitto d'interesse, serve lavorare alla ripresa economica». Il segretario del Pd Bersani, in ogni caso, è fermo sulla linea di non accettare alcun tipo di dialogo con il Pdl (che pure prova a fare aperture invitando i Dem a cambiare linea e ad aprire ai moderati). Ancor più a fronte di un Berlusconi che minaccia la piazza non c'è nessuna 'ipotesi b', è la linea e ove il tentativo che sta portando avanti non andasse in porto si dovrebbe tornare alle urne. E in quel caso, si spiega da più parti, lo stesso segretario (che ha ipotizzato in questo caso un anticipo delle primarie) non escluderebbe di correre di nuovo.
Al momento, però, tutto è puntato sulla sua partita per formare un governo che, ove partisse, secondo il segretario potrebbe non essere a termine brevissimo. I segnali sono, di certo, più positivi di qualche giorno fa anche se la strada è tutta in salita. Il Movimento Cinque stelle non sembra così granitico (se Grillo è costretto a mandare due 'supervisorì per ricompattare i suoi). La Lega continua a fare aperture (anche se il Pdl si dice certo della fedeltà dell'alleato). Da parte di Scelta Civica non ci sono chiusure di sorta. Gli uomini di Monti fanno sapere che non se ne fa una questione di nomi ma di programmi e non c'è preclusione persino al Carroccio (qualora dovesse dare un 'silenzio assensò alla nascita del governo magari garantendo il numero legale).
Intanto il prossimo scoglio per il segretario è quello dell'elezione dei capigruppo che dovranno salire con lui al Quirinale per le consultazioni. Una partita sulla quale è in corso un braccio di ferro tra correnti che il segretario potrebbe puntare a risolvere con un nuovo coup de teatre. Dal quale sembrano tenersi per ora fuori i 'renzianì che domani si riuniranno in vista delle assemblee dei gruppi sulla questione. Intanto si fa sentire anche il sindaco di Firenze che continua a tenersi pronto in caso la situazione precipitasse e si dovesse tornare al voto. Bene la «stretegia d'attacco» usata da Bersani su Boldrini e Grasso, dice il 'rottamatorè ma questo «non significa che i numeri ottenuti diano la garanzia di formare il governo».
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