L’editto sul web di Grillo divide i 5 Stelle - Il caso dei commenti scomparsi
Chi di webbe colpisce... Il Rag. Grillo credeva di essere entrato in possesso dell'arma fine-di-mondo, ma quest'arma gli è sfuggita di mano. E dopo l'editto genovese contro i dissidenti che hanno votato Grasso, ha creduto di poter usare ancora una volta il webbe per ristabilire l'ordine. Ma questa volta il webbe gli si è rivoltato contro, e lo ha sommerso sotto una valanga di migliaia di commenti, quasi tutti pesantemente negativi. Tanto che a un certo punto lui e il guru capellone hanno pensato bene di sostituire alcune migliaia di commenti pesanti con altri di segno opposto. Ma questa volta il "webbe diffuso" non è arrivato impreparato all'appuntamento, e hanno cominciato a fioccare prove, screen-shot e calcoletti poco edificanti sulla portata dell'imbroglio "2.0"
Insomma, una figura megagalattica da perecottaro del webbe e della politica. Finchè oggi il guru è stato costretto a "perdonare spontaneamente" i dissidenti. La prossima volta, forse arriverà più preparato. Quella che segue è la sintesi di un articolo di Toni Jop su "l'Unità"
Aveva a disposizione lo spazio, davvero insperato, per riprendere in mano da stratega la situazione, abbracciandola così com’era, con la sua contraddizione, quella che aveva permesso ad alcuni senatori 5 Stelle di impedire a Schifani, in coscienza e libertà, di rimettere le sue tende nella presidenza della seconda assemblea del Paese. E invece si è fatto prendere la mano dal capriccio degno di un potente di lungo corso e dal fiato corto tipo Berlusconi. Ha reagito come avrebbe reagito lui, piccato, rancoroso, ferito da quello spunto di autonomia, tra l’altro protetto dalla Costituzione, che aveva attraversato il “suo” gruppo parlamentare.
Post sul blog e richiesta, da pre-rappresaglia, di avere presto sul piatto le teste dei traditori. Non lo avesse mai fatto. Il blog del Megafono è stato intasato in tempi strettissimi da migliaia di commenti e tra i più votati fino all’una dell’altra notte, ce ne saranno stati due (forse tre?) che facevano proprie le “ragioni” del leader-santone. Tutti gli altri, per chilometri di pensieri sdraiati nel web, erano un coro immenso, ininterrotto, solidale, motivato che restituiva a Grillo ciò che era di Grillo: un potentissimo, sincero “vaffanculo”, che come in una millimetrica nemesi divina è tornato al Grande Mittente, a chi era riuscito a condensare proprio attorno a quel richiamo essenziale ed espressivo un quarto dei votanti di questo Paese.
Non secondaria l’evidenza che questo messaggio pazzescamente accordato come l’Internazionale cantata dal coro dell’Armata Rossa, sia salito dal profondo delle sue linee, delle trincee grilline, dalla sua pancia, perché novantanove su cento di quelle voci erano, e sono, la sua base elettorale. «Ma vaffanculo – scriveva con passione Michele alle 23,17 in un contesto unicorde – …quindi era meglio Schifani? Ma vaffanculo».
Tuttavia, qualcosa è accaduto in quel blog; e ieri pomeriggio non era più possibile verificare quella notturna compattezza di prese di posizione contro «quel cazzo di editto»; il quadro appariva più articolato: per uno che accusava Grillo di aver sbagliato a censurare il voto per Grasso, ce n’era un altro che invece dava ragione a quella militare richiesta di teste da colpire, da espellere, da mettere alla gogna. Eppure, avevamo seguito direttamente su quel blog l’evoluzione dei commenti, con pazienza e anche con qualche sorpresa, poiché alla luce del coro quella che era stata definita «frattura» nel gruppo senatoriale dei 5 Stelle, appariva nel web una vera e propria faglia tettonica.
Non solo: altri osservatori hanno registrato come nel conto complessivo dei commenti a fine serata di ieri sarebbero spariti oltre duemila messaggi dei settemila che avrebbero dovuto trovare spazio. Un giallo oppure un banale problema tecnico? Fatto sta che chi ha registrato la voragine nella quale sarebbero implosi i commenti aveva anche provveduto a fotografare parte di ciò che era perduto per sempre. Così, nei social network, ha fatto il giro la foto di un messaggio desaparecido firmato dallo pseudonimo letterario di Ferdinand Bardamu in cui si lamentava “urlando” – e cioè con una scrittura maiuscola – «la svolta autoritaria del Movimento Cinque Stelle».
Non è male per una situazione in cui i «cadaveri della vecchia politica» giocano nulla e per la quale Grillo può chiedere spiegazioni, oltre alle teste da tagliare, solo a se stesso. Infatti, seguendo la corrente dei pensieri e delle volontà depositate a migliaia sul blog del Capo, si trattava solo di accogliere la soddisfazione gioiosa, e partigiana rispetto ai radiosi futuri del Movimento, di aver salvato una grande istituzione della Repubblica dalle mani di Berlusconi. Di aver saputo votare una degna persona, evitando al Movimento di dover rispondere – nel caso quel voto difforme non si fosse espresso – su un sostanziale voto di conferma alla testa del Senato in favore proprio di Schifani. Gente felice che la presenza parlamentare del Movimento avesse saputo tradursi in fatti concreti.
Grillo ha saputo mortificare questo slancio di cuore e cervello, e quando si toccano queste corde il prezzo da pagare può essere altissimo. Così è stato. Vendetta per vendetta, ecco il popolo 5 Stelle rompere gli argini della discrezione fin qui osservata: «Inoltre, a proposito di trasparenza – scrive Ezio, Roma – perché la riunione pre-voto non è stata trasmessa in streaming?». Ezio ricorda un fatto vero e inspiegato che moltissimi interventi hanno rimarcato con rabbia: la riunione preparatoria al voto per la presidenza del gruppo 5 Stelle avrebbe dovuto essere trasmessa nel web in diretta e invece, tradendo un principio di trasparenza sacro per loro, nessuna telecamera è stata accesa e puntata sul confronto che ha partorito il voto che ha fatto impazzire un Megafono.
di Toni Jop
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