domenica 6 settembre 2015

Non è vero l'affermazione che "i dissidenti" del PD sono di sinistra. Secondo me le loro posizioni sono conservatrici. E quindi non di sinistra. Quando penso alla sinistra interini politici penso all'idea del cambiamento. Loro vogliono lasciare tutto uguale.

Perché nessun paese europeo ha una seconda Camera eletta direttamente

Riforme
L'aula del Senato durante l'esame del ddl Rai, Roma, 30 luglio 2015. ANSA/ETTORE FERRARI
Il bicameralismo italiano non ha mai svolto questa funzione e sarebbe “bizzarro “ che una Camera elettiva controlli un’altra camera parimenti elettiva
Cosa ha spinto Vannino Chiti o Pierluigi Bersani ad abbracciare la posizione del Senato elettivo abbandonando la posizione che avevano mantenuto per anni quando erano alla guida di Toscana e Emilia Romagna a favore di un “Senato delle Regioni”?
Cosa ha spinto Mario Tronti o Walter Tocci a riscoprire l’importanza di una seconda Camera lasciando alle spalle una tradizionale posizione decisamente monocameralista del Centro per la riforma dello Stato guidato da Pietro Ingrao e di cui oggi essi hanno preso le redini?
Cosa ha spinto Rosy Bindi ad abbandonare le ripetute posizioni dei programmi dell’Ulivo sul Senato delle Regioni?
Lo spessore di questi compagni mi impone di andare al di là della dietrologia politicista suscitata dalla loro iniziativa. Vado quindi alle motivazioni culturali presenti nel documento, che è possibile riassumere in tre punti.
Parto dal punto principale del documento: occorre eleggere direttamente il Senato per costruire un “contrappeso” alla Camera eletta con il premio di maggioranza dell’Italicum. Come ha lucidamente sostenuto Cesare Pinelli sull’Unità del 3 settembre, il bicameralismo italiano non ha mai svolto questa funzione e sarebbe “bizzarro “ che una Camera elettiva controlli un’altra camera parimenti elettiva. Del resto, aggiungo, nei regimi parlamentari l’unica seconda Camera chiamata a svolgere questa funzione è stata la Camera dei Lord (o il Senato regio italiano) che avrebbe dovuto rappresentare il freno aristocratico rispetto alle pulsioni democratiche della Camera dei Comuni. Ovviamente, il tema dei contrappesi non può mai essere sottovalutato. Escluso che il Senato debba svolgere una innaturale funzione di contrappeso alla maggioranza espressa dalle urne chi deve svolgere questa funzione ? In un regime parlamentare i “contrappesi” sono rappresentati sia dalla Opposizione parlamentare e sia dagli organi di garanzia previsti dalla Costituzione . Ma in Italia, se per le note ragioni storiche sono stati tradizionalmente deboli i “pesi” non lo sono i “contrappesi”, certamente i più forti di tutto l’Occidente.
Prendiamo la patria del parlamentarismo, il Regno Unito: non ha una Corte costituzionale (la stanno però faticosamente costruendo); non ha un capo dello stato con funzioni di garanzia rispetto al Governo (i discorsi della Regina sono scritti o approvati dal Primo Ministro); non ha i referendum abrogativi che possono mettere nel nulla le decisioni della maggioranza parlamentare; non ha una magistratura inquirente indipendente dal Governo; non ha i Tar; non ha robuste autonomie territoriali garantite da una Costituzione rigida. Il testo Boschi diminuisce queste garanzie? Non mi pare: vengono alzati i quorum per l’elezione del Capo dello Stato; vengono mantenuti i quorum altissimi per l’elezione di giudici costituzionali e per i componenti del Csm; viene ridotto il quorum per la validità dei referendum abrogativi; vengono limitati i casi di ricorso ai decreti legge; viene previsto uno Statuto delle opposizioni. È vero vengono previste date certe per la discussione e approvazione dei disegni di legge urgenti ma si tratta di un testo, riscritto alla Camera con il contributo della minoranza interna, che corrisponde ad una antica elaborazione (risale al governo Spadolini e suscitò l’interesse del vecchio Pci, poi assunta nella c.d. bozza Violante) per creare attraverso “corsie preferenziali” una alternativa alla decretazione governativa ed è comunque ben lungi da quanto previsto in altre democrazie europee. Ma poi – forse questo non è sempre chiaro – l’Italicum non introduce un sistema maggioritario che può assicurare rilevanti premi di maggioranza occulti ai vincitori (Cameron e Hollande ne hanno largamente beneficiato) ma si mantiene in un sistema proporzionale (sia pure ad eventuale doppio turno) che assicura una maggioranza di appena 24 deputati sopra la maggioranza assoluta, margine assai ridotto che potrebbe consentire a qualunque minoranza interna di fare sentire la propria influenza fino a fare venire meno la fiducia al governo .
Secondo punto. Se non è preminente la funzione del contrappeso quale la funzione del Senato? Non posso che rifarmi ad una antica elaborazione, tentata dalla stessa Assemblea Costituente ma poi fatta propria in quasi tutti i progetti degli ultimi trenta anni (da ultimo dalla Commissione Letta); vale a dire quella di collegare l’attività dei legislatori regionali con l’attività del legislatore nazionale, evitando quella conflittualità nociva per l’economia nazionale che ha per decenni intasato la Corte costituzionale. Attraverso una partecipazione al procedimento legislativo – con un potere di proposta ma non di veto – le Regioni possono fare valere le loro istanze nei confronti della Camera politica, cui di norma spetterà ogni decisione finale. Le Regioni potranno assumere anzi una dimensione nazionale. Questo obbiettivo il documento della minoranza non sembra escluderlo, prevedendo una elezione popolare diretta ma in occasione delle elezioni regionali. Come potrebbero i senatori non consiglieri regionali rappresentare le istituzioni regionali? Al massimo potrebbero rappresentare – come oggi del resto – non i legislatori regionali ma una circoscrizione regionale, compito però che spetta a pieno titolo alla Camera politica espressione della sovranità popolare. E se questa è la funzione che senso ha volere affidare al Senato la competenza legislativa piena (non il parere) in materie eticamente sensibili sottratte ai legislatori regionali?
Ma si obbietta – e siamo al terzo punto – solo l’elezione diretta realizza la necessaria investitura popolare. Qui proprio non capisco e chiedo un aiuto: ma i consiglieri regionali e i Sindaci non sono eletti dal popolo? E non vedrebbero accresciuta la loro legittimazione dalla eventuale elezione in secondo grado? E se proprio si vuole rendere ancora più vincolante il voto popolare perché non discutere sulle proposte di mediazione (la presentazione agli elettori di un listino apposito) avanzate da varie parti (Zanda, Martina, Damiano ed altri)? L’elezione diretta della seconda Camera non è prevista, peraltro, in nessun Paese europeo. La sola Spagna elegge direttamente una quota di senatori, gli altri sono espressi dai Consigli delle Comunità autonome, ma da anni cercano di riformare questo sistema sulla base della esperienza negativa fin qui compiuta. Una notazione finale. Se si dovesse andare alla elezione diretta il testo Boschi andrebbe abbandonato e completamente riscritto: andrebbero riviste sia le funzioni del Senato sia quelle delle Regioni, che a quel punto richiederebbero di tornare ad una più puntuale ripartizione di materie (con la gioia degli avvocati presso la Corte costituzionale). Torneremmo ancora una volta, in breve, al punto di partenza, accentuando la sensazione di impotenza e inconcludenza delle nostre istituzioni democratiche. Se poi l’azzeramento dovesse essere causato dalla intervenuta sostituzione con migliaia di emendamenti della espressione “nei” con l’espressione “dai” alla inconcludenza – lo ricordi il Presidente Grasso – rischierebbe di associarsi il ridicolo .

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