Se anche la Valle d'Aosta sperimenta la 'ndrangheta
Traffico di cocaina. Estorsioni. Appalti truccati. La mafia arriva anche ad Aosta. Interdetto il Consorzio Gecoval di Saint-Vincent. E la regione si scopre indifesa.
di Luisiana Gaita
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06 Settembre 2015
«Era solo una questione di tempo: prima o poi anche in Valle d'Aosta sarebbe stata emessa una interdittiva antimafia».
C’è molto altro dietro il commento del consigliere regionale Alberto Bertin sul provvedimento del questore di Aosta Maurizio Celia nei confronti del Consorzio stabile Gecoval di Saint-Vincent.
Ecco perché chiede che diventi realtà l’osservatorio permanente sulla criminalità organizzata, per il quale nel 2013 fu approvata una mozione.
Nel frattempo i segnali sono tutt’altro che positivi: la Valle diventa meta per lo smistamento di cocaina dal Sud America, viene coinvolta nell’inchiesta Mafia Capitale e finisce sotto i riflettori.
Forse per la prima volta. Nomi e luoghi si incrociano, troppo spesso.
COCAINA SMISTATA. A metà giugno il gip di Messina ha emesso 14 misure cautelari nell’ambito dell’operazione Holiday su un traffico di cocaina tra la Colombia e l’Italia.
Fra i destinatari anche il leccese Oronzo Tornese, 70enne residente a Saint-Vincent, già in carcere a Brissogne.
I finanzieri ritengono che la droga una volta trasportata dal Sud America in Italia venisse smistata verso tre gruppi criminali dislocati, al Nord, tra la Valle d'Aosta e Bergamo, a Lodi e a Milano.
La Valle d'Aosta era quindi una delle quattro mete della cocaina spedita al 70enne da un trafficante di Messina, Angelo Gangemi.
Era lui che si recava in Sud America per organizzare le spedizioni.
L’AMERICANO E I CALABRESI. Secondo gli inquirenti la rete del traffico era coordinata dal 75enne Giuseppe Bellinghieri, alias Pippo l’americano, siciliano residente a Milano e riferimento diretto di Oronzo Tornese.
Bellinghieri da sempre tiene i rapporti tra Angelo Antonio Pelle (originario di San Luca, legato alla famiglia Giorgi,
coinvolta nella strage di Duisburg del 15 agosto 2007) e i fratelli Scipione.
Trattasi di Santo Rocco e Giovanni Scipione, nati a Locri ma residenti entrambi a Milano.
Giovanni fu arrestato dalla squadra mobile di Roma: il suo compito era quello di offrire rifugio e assistenza logistica ai latitanti calabresi, ma anche di curare lo smistamento delle partite di cocaina.
C’è molto altro dietro il commento del consigliere regionale Alberto Bertin sul provvedimento del questore di Aosta Maurizio Celia nei confronti del Consorzio stabile Gecoval di Saint-Vincent.
Ecco perché chiede che diventi realtà l’osservatorio permanente sulla criminalità organizzata, per il quale nel 2013 fu approvata una mozione.
Nel frattempo i segnali sono tutt’altro che positivi: la Valle diventa meta per lo smistamento di cocaina dal Sud America, viene coinvolta nell’inchiesta Mafia Capitale e finisce sotto i riflettori.
Forse per la prima volta. Nomi e luoghi si incrociano, troppo spesso.
COCAINA SMISTATA. A metà giugno il gip di Messina ha emesso 14 misure cautelari nell’ambito dell’operazione Holiday su un traffico di cocaina tra la Colombia e l’Italia.
Fra i destinatari anche il leccese Oronzo Tornese, 70enne residente a Saint-Vincent, già in carcere a Brissogne.
I finanzieri ritengono che la droga una volta trasportata dal Sud America in Italia venisse smistata verso tre gruppi criminali dislocati, al Nord, tra la Valle d'Aosta e Bergamo, a Lodi e a Milano.
La Valle d'Aosta era quindi una delle quattro mete della cocaina spedita al 70enne da un trafficante di Messina, Angelo Gangemi.
Era lui che si recava in Sud America per organizzare le spedizioni.
L’AMERICANO E I CALABRESI. Secondo gli inquirenti la rete del traffico era coordinata dal 75enne Giuseppe Bellinghieri, alias Pippo l’americano, siciliano residente a Milano e riferimento diretto di Oronzo Tornese.
Bellinghieri da sempre tiene i rapporti tra Angelo Antonio Pelle (originario di San Luca, legato alla famiglia Giorgi,
coinvolta nella strage di Duisburg del 15 agosto 2007) e i fratelli Scipione.
Trattasi di Santo Rocco e Giovanni Scipione, nati a Locri ma residenti entrambi a Milano.
Giovanni fu arrestato dalla squadra mobile di Roma: il suo compito era quello di offrire rifugio e assistenza logistica ai latitanti calabresi, ma anche di curare lo smistamento delle partite di cocaina.
Le regole delle estorsioni sono universali: preteso il 3% sui lavori
Che la ‘ndrangheta avesse messo radici in Valle lo conferma l'associazione Libera che, per la prima volta in un dossier, nel 2013 rivelò la presenza dei clan calabresi.
Il titolo è “L’altra Valle d’Aosta. ‘Ndrangheta, negazionismo e casi irrisolti ai piedi delle Alpi”.
Ma lo dicono anche le carte del processo “Tempus venit”.
Nel 2013 sono stati condannati in Appello i componenti del clan Facchineri per estorsione mafiosa ai danni dell’imprenditore edile di origini calabresi Giuseppe Tropiano, all’epoca impegnato nella costruzione del parcheggio dell'Ospedale Parini di Aosta.
INFILTRAZIONI ANNI 90. Nelle motivazioni della sentenza si fece riferimento a tre pentiti di ‘ndrangheta - Francesco Fonti, Salvatore Caruso e Annunziato Raso - che già alla fine degli Anni 90 avevano rivelato la presenza di un’organizzazione in Valle d’Aosta.
L’operazione antimafia ha messo in evidenza come le regole delle estorsioni fossero le stesse: la percentuale pretesa, il 3% dei lavori, era identica a quella che le 'ndrine pretendevano dalle ditte impegnate nell’ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria.
VITTIME OPPURE NO? L’imprenditore Giuseppe Tropiano è tornato di recente agli onori della cronaca per una emblematica decisione del Tar che risale al marzo 2015.
Nell’inchiesta, da vittima era finito nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso.
Secondo gli inquirenti prima di denunciare tutto ai carabinieri aveva cercato lui stesso un contatto con le organizzazioni criminali per ottenere una sorta di protezione.
ARMI NON RESTITUITE. Nonostante l’assoluzione nel processo di Appello “Tempus venit', a marzo i giudici amministrativi hanno stabilito che l’imprenditore non potesse riavere i fucili da tiro a volo che gli erano stati ritirati quando era indagato.
Il Tar, dunque, ha avvalorato la tesi degli inquirenti secondo cui l’imprenditore «si muove in una ‘zona grigia’ in cui è ritenuto normale mantenere collegamenti con persone vicine o affiliate alla criminalità organizzata al fine di ottenere vantaggi o una sorta di protezione».
Il titolo è “L’altra Valle d’Aosta. ‘Ndrangheta, negazionismo e casi irrisolti ai piedi delle Alpi”.
Ma lo dicono anche le carte del processo “Tempus venit”.
Nel 2013 sono stati condannati in Appello i componenti del clan Facchineri per estorsione mafiosa ai danni dell’imprenditore edile di origini calabresi Giuseppe Tropiano, all’epoca impegnato nella costruzione del parcheggio dell'Ospedale Parini di Aosta.
INFILTRAZIONI ANNI 90. Nelle motivazioni della sentenza si fece riferimento a tre pentiti di ‘ndrangheta - Francesco Fonti, Salvatore Caruso e Annunziato Raso - che già alla fine degli Anni 90 avevano rivelato la presenza di un’organizzazione in Valle d’Aosta.
L’operazione antimafia ha messo in evidenza come le regole delle estorsioni fossero le stesse: la percentuale pretesa, il 3% dei lavori, era identica a quella che le 'ndrine pretendevano dalle ditte impegnate nell’ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria.
VITTIME OPPURE NO? L’imprenditore Giuseppe Tropiano è tornato di recente agli onori della cronaca per una emblematica decisione del Tar che risale al marzo 2015.
Nell’inchiesta, da vittima era finito nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso.
Secondo gli inquirenti prima di denunciare tutto ai carabinieri aveva cercato lui stesso un contatto con le organizzazioni criminali per ottenere una sorta di protezione.
ARMI NON RESTITUITE. Nonostante l’assoluzione nel processo di Appello “Tempus venit', a marzo i giudici amministrativi hanno stabilito che l’imprenditore non potesse riavere i fucili da tiro a volo che gli erano stati ritirati quando era indagato.
Il Tar, dunque, ha avvalorato la tesi degli inquirenti secondo cui l’imprenditore «si muove in una ‘zona grigia’ in cui è ritenuto normale mantenere collegamenti con persone vicine o affiliate alla criminalità organizzata al fine di ottenere vantaggi o una sorta di protezione».
Intrecci anche con l'inchiesta romana di Mafia Capitale
Ma il 2015 è rivelatore anche di ben altri affari, con la Valle d’Aosta coinvolta in Mafia Capitale.
A inizio agosto è stata commissariata la cooperativa La Cascina con sede a Roma.
Del gruppo fanno parte otto tra società e coop, tra le quali Vivenda Spa e La Cascina Global Service Srl.
Queste ultime si sono riunite nella Ati che, nel 2012, ha vinto la gara di appalto del Comune di Aosta per il servizio di mensa scolastica e di ristorazione dell’Azienda Usl.
Alla luce del commissariamento, il Comune aveva deciso di rescindere il contratto con le due società. In seguito il dietrofront: la legalità sarebbe garantita proprio dalla presenza dei commissari.
APPALTI COMPROMESSI. Droga, estorsioni e appalti.
Dopo le inchieste, la prima mossa “politica” che ha portato all’interdittiva nei confronti del Consorzio stabile di Saint-Vincent.
Il provvedimento - contro il quale Gecoval ha presentato ricorso al Tar per difetto di istruttoria - è arrivato nell’ambito dei controlli antimafia richiesti dalla Regione in fase di aggiudicazione di appalti.
Un’indagine che ha evidenziato il pericolo di infiltrazioni e condizionamenti mafiosi e per la quale la Divisione anticrimine si è avvalsa anche del lavoro svolto dalla Dda di Bologna durante l’inchiesta Aemilia sulla ‘ndrangheta.
Tra gli effetti, l’impossibilità di partecipare ad appalti pubblici.
ADDIO TRANQUILLITÀ. Un danno non da poco per Gecoval che negli anni scorsi si è aggiudicato opere importanti, come alcuni lavori nel raccordo stradale in regione Sogno a Saint-Christophe e quelli del Comune di Courmayeur per la manutenzione straordinaria della copertura del palazzetto dello sport.
Trame che si incrociano e, nel frattempo, della tranquillità della Valle d’Aosta resta solo il ricordo.
A inizio agosto è stata commissariata la cooperativa La Cascina con sede a Roma.
Del gruppo fanno parte otto tra società e coop, tra le quali Vivenda Spa e La Cascina Global Service Srl.
Queste ultime si sono riunite nella Ati che, nel 2012, ha vinto la gara di appalto del Comune di Aosta per il servizio di mensa scolastica e di ristorazione dell’Azienda Usl.
Alla luce del commissariamento, il Comune aveva deciso di rescindere il contratto con le due società. In seguito il dietrofront: la legalità sarebbe garantita proprio dalla presenza dei commissari.
APPALTI COMPROMESSI. Droga, estorsioni e appalti.
Dopo le inchieste, la prima mossa “politica” che ha portato all’interdittiva nei confronti del Consorzio stabile di Saint-Vincent.
Il provvedimento - contro il quale Gecoval ha presentato ricorso al Tar per difetto di istruttoria - è arrivato nell’ambito dei controlli antimafia richiesti dalla Regione in fase di aggiudicazione di appalti.
Un’indagine che ha evidenziato il pericolo di infiltrazioni e condizionamenti mafiosi e per la quale la Divisione anticrimine si è avvalsa anche del lavoro svolto dalla Dda di Bologna durante l’inchiesta Aemilia sulla ‘ndrangheta.
Tra gli effetti, l’impossibilità di partecipare ad appalti pubblici.
ADDIO TRANQUILLITÀ. Un danno non da poco per Gecoval che negli anni scorsi si è aggiudicato opere importanti, come alcuni lavori nel raccordo stradale in regione Sogno a Saint-Christophe e quelli del Comune di Courmayeur per la manutenzione straordinaria della copertura del palazzetto dello sport.
Trame che si incrociano e, nel frattempo, della tranquillità della Valle d’Aosta resta solo il ricordo.
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