martedì 8 settembre 2015

Il saggio Bossi aveva ragione.

Matteo Salvini, migranti e Cernobbio: primi flop della strategia del leader leghista

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MATTEO SALVINI

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La risposta è di quelle che piacciono ai suoi sostenitori. Basta dare un’occhiata alla pagina Facebook di Matteo Salvini per vedere il gradimento ottenuto dopo aver dato del “verme” a Matteo Renzi. “Ho esagerato?” è la domanda retorica rivolta ai follower dal leader leghista. E la battuta più gettonata, ca va sans dire, è che ad essere stati offesi semmai sono i vermi.

Eppure, la scelta di replicare così alle accuse di ‘bestialità’ sull’immigrazione rivolte da Renzi alla destra, arrivano in quello che pare essere il primo momento di difficoltà del numero uno del Carroccio dopo mesi di vento in poppa. Un ostacolo che si concretizza nella ostica sfida di andare oltre il picco massimo del 16% dei consensi e trasformarsi davvero in una forza di governo.

Come dimostrato dal suo intervento a Cernobbio, davanti al gotha dell’economia e della finanza. Salvini non è riuscito a scaldare la platea, nonostante la scelta di indossare giacca e cravatta e di lasciare in garage per un giorno le ruspe e sebbene abbia ammesso che non si aspetta di arrivare a palazzo Chigi parlando di campi rom.

Alzare i toni sull’immigrazione resta tuttavia core business della propaganda salviniana, tanto che dopo una lunga polemica con monsignor Galantino, il leader della Lega replica direttamente al Papa. "Non voglio polemizzare con il Santo Padre, ma chissà se l'appello ad accogliere gli immigrati nelle parrocchie – dice - varrà anche per smuovere le coscienze dei benpensanti buonisti per le migliaia di italiani in difficoltà che dormono in auto”.

Ora, però, anche in Europa il vento pare essere cambiato: la Germania di Angela Merkel ha aperto le porte ai rifugiati e le immagini della morte del piccolo Alayn sembrano aver invertito anche la tendenza emotiva dell’opinione pubblica. Tutta benzina in meno nel motore di Salvini, aggrappato a Marine Le Pen e ora alla linea del premier ungherese Orban.

Ma c’è un altro rischio impasse. La sfida a bloccare per tre giorni il Paese in chiave anti Renzi non ha trovato alleati. Nemmeno in Forza Italia che, anzi, al momento si è soprattutto premurata di prendere le distanze. Il segretario leghista assicura che la proposta della serrata va avanti e oggi a via Bellerio si è tenuta una riunione del consiglio federale per fare il punto. D’altra parte, Salvini si dice certo che alla fine convincerà Silvio Berlusconi ad affiancarlo nella partita. I due si incontreranno faccia a faccia e si vedrà come andrà a finire. Ma il rischio flop c’è.

Il Cavaliere è notoriamente un mago nel trattare su più tavoli, e infatti in questi giorni ha alimentato retroscena, mai smentiti, in cui tende a sminuire il suo alleato. Facendo trapelare sondaggi che vedrebbero più adatti al ruolo di premier personaggi come Roberto Maroni o Luca Zaia, oppure frasi come quelle riportare il 5 settembre da Repubblica: “La verità è che in Italia ci sono solo due leader: Matteo Renzi e il vecchio Berlusconi”. Quanto a Salvini, avrebbe scherzato, bisognerebbe trovargli “un posto al Milan”.

Non c’è dubbio che a destra la competizione esista e che Forza Italia abbia il problema di non farsi fagocitare dai padani. Alle viste ci sono delle elezioni amministrative delicate dunque, per ora, meglio andare avanti in modalità “collaborazione competitiva”. Ma molte volte, nei suoi ragionamenti privati, il Cavaliere ha sottolineato la difficoltà del leader leghista di arrivare a conquistare il cuore di quell’elettorato moderato che in passato votava il partito azzurro.

Se si andasse alle urne ora, dicono i sondaggi, Forza Italia sarebbe in enorme difficoltà e di certo la Lega avrebbe un ottimo risultato. Non comunque abbastanza per arrivare alla guida del Paese. Difficile ipotizzare che Salvini possa pensare di arrivare al traguardo delle prossime elezioni senza cambiare. “Il vero problema del segretario leghista – dice un parlamentare berlusconiano lombardo – è decidere come andare avanti per i prossimi tre anni. Se continua soltanto ad alzare i toni finirà per lasciare i moderati a Renzi però se cambia registro rischia di perdere il suo elettorato di riferimento”.

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