Intervista al rappresentante del parlamento libico in Italia
ESCLUSIVA INTERNAZIONALE/ Parla con Affaritaliani.it Azzeddin Alawami, ministro consigliere presso l’ambasciata libica a Roma e unico rappresentante del parlamento libico, democraticamente eletto dal popolo e riconosciuto dalla comunitá internazionale
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
"Ci sono informazioni che indicano l'ingresso in Libia di circa 150mila immigrati al mese che entrano illegalmente dal confine sud della Libia. E, siccome la Libia sta attraversando un periodo di crisi, di scarsa sicurezza e di difficoltà economica, questi immigrati sono alla ricerca di ogni mezzo per tentare di raggiungere l'Europa". Lo afferma ad Affaritaliani.it Azzeddin Alawami, incaricato d’affari e ministro consigliere presso l’ambasciata libica a Roma. Alawami è l'unico rappresentante del parlamento libico, democraticamente eletto dal popolo e riconosciuto dalla comunitá internazionale. "Questi immigrati vengono sfruttati dalle bande che trattano gli esseri umani e, purtroppo, la partenza delle imbarcazioni della morte è controllata da milizie armate che guadagnano soldi e ricattano le parti internazionali per ottenere vantaggi politici per i loro partiti".
Azzeddin Alawami è un docente universitario, è stato membro del parlamento libico e primo vice presidente del Congresso Nazionale Generale. E’ stato nominato dal governo libico come incaricato d’affari e ministro consigliere presso l’ambasciata libica a Roma. Alawami è l'unico rappresentante del parlamento libico, democraticamente eletto dal popolo libico, riconosciuto dalla comunitá internazionale.
L'INTERVISTA INTEGRALE
Com'è attualmente la situazione in Libia?
"In Libia ora c'è un potere legittimo eletto direttamente dal popolo libico in maniera democratica e civile e che svolge la sua attività da diverso tempo fuori dalle sedi del governo perché questi enti e queste istituzioni sono state occupate dalle milizie armate. Queste milizie sono considerate l'ala politica dei partiti che non erano soddisfatti dei risultati delle elezioni democratiche e che hanno perso le elezioni. Il governo legittimo non ha ricevuto fino ad oggi un sostegno opportuno da parte della comunità internazionale, in modo che possa lavorare in modo efficace alla stabilità del paese e fornire servizi ai cittadini libici. Molta parte della popolazione libica è convinta che il riconoscimento di legittimità da parte della comunità internazionale sia parziale e meramente formale in molti dei suoi aspetti. In realtà, il popolo libico vorrebbe un pieno e sostanziale riconoscimento da parte della comunità internazionale. E' necessario che la comunita internazionale assista e faciliti i compiti del governo e del parlamento legittimi".
Pensa che l'Italia e l'Unione europea potrebbero fare di più per aiutare il governo di Tobruk?
"Non c'è nessuna richiesta di aiutare un particolare partito politico, ma di aiutare il popolo libico attraverso il parlamento libico che si trova temporaneamente nella città di Tobruk, la sua sede costituzionale è infatti la città di Bengasi. Questo parlamento è di tutto il popolo della Libia, da Tripoli a Zawia a ovest, da Bengasi a Baida ad est, da Sabha e Ghat nel sud. Vediamo che l'Italia in particolare e l'Unione europea in generale sono in grado di fornire sostegno politico e logistico al governo eletto, rispettando la scelta del popolo libico senza permettere a nessuno di giocare con i nostri interessi nazionali e la nostra sovranità. Normalmente tutti i popoli nei loro ricordi conservano tutti questi atteggiamenti positivi e negativi da parte degli altri paesi".
Qual è la situazione dell'Isis nel territorio libico?
"La comunità internazionale ha ritardato molto tempo nel sostenere e armare l'esercito libico e questo ritardo ha dato l'opportunità all'Isis di diffondersi e di controllare alcune zone della Libia, con il pretesto di formare un governo nazionale. Le trattative sono durate quasi un anno e tutto ciò ha consentito all'Isis di rafforzarsi sul terreno libico, tanto che giovedì l'Isis, nella città costiera di Sirte, ha ucciso quasi 200 cittadini libici. E' stata una vera carneficina contro i cittadini della città di Sirte nel più assordante silenzio della comunità internazionale. Molte persone sono state massacrate con i coltelli e si sono anche accaniti contro i cadaveri. Tutto ciò è accaduto come conseguenza dell'embargo che vietava di armare l'esercito libico. Il capo del governo libico ha descritto il silenzio del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su quello che è successo a Sirte come vergognoso e ha invitato la comunità internazionale ad assumersi la piena responsabilità morale ed etica nei confronti dei crimini di genocidio a Sirte e di non stare solo a guardare quello che sta accadendo davanti ai suoi occhi. Il capo del governo libico ha criticato quelle che ha chiamato 'le doppie misure', dicendo che le grandi potenze del mondo stanno combattendo in Iraq e in Siria ma non considerano la Libia. Lo scorso 13 agosto il rappresentante permanente della Libia presso le Nazioni Unite ha scritto al presidente del Consiglio di Sicurezza Internazionale dicendo che il governo provvisorio della Libia esprime la sua rabbia a causa della posizione della comunità internazionale e del Consiglio di Sicurezza che stanno a guardando le sofferenze della popolazione a Sirte e in alteri città libiche, mentre impediscono di armare l’esercito libico e di migliorare la sua capacita. Cosi come sono mancate le azioni necessarie per proteggere i civili in accordo con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 2214 del 2015".
Che cosa pensa degli sbarchi di migranti in Italia che partono in gran parte dalla Libia? Pensa che sia possibile fare qualcosa per arrestare questo flusso?
"La Libia soffre più di qualsiasi altro paese per il problema dell'immigrazione. Ci sono informazioni che indicano l'ingresso in Libia di circa 150mila immigrati al mese che entrano illegalmente dal confine sud della Libia. E, siccome la Libia sta attraversando un periodo di crisi, di scarsa sicurezza e di difficoltà economica, questi immigrati sono alla ricerca di ogni mezzo per tentare di raggiungere l'Europa. Vengono sfruttati dalle bande che trattano gli esseri umani e, purtroppo, la partenza delle imbarcazioni della morte è controllata da milizie armate che guadagnano soldi e ricattano le parti internazionali per ottenere vantaggi politici per i loro partiti".
Che cosa si può fare?
"Per risolvere il problema dell'immigrazione clandestina ci sono tre assi. Il primo è politico e passa attraverso una comunicazione diretta e franca con il governo legittimo che si può fidare e essere attendibile in termini di impegni. Il secondo asse riguarda il lato economico e consiste nella creazione di opportunità di lavoro per i giovani libici che sono stati costretti a praticare queste azioni illegali. Ho fatto personalmente una visita nel Sud Italia dove abbiamo avuto numerosi incontri con le autorità locali in Sicilia per stabilire una comunicazione tra i comuni della Sicilia e i comuni libici al fine di rendere la zona marittima tra la Libia e l'Italia una zona di grande attività economica. Il terzo asse è l'aspetto della sicurezza ed è rappresentato dal supporto dell'esercito e della polizia e delle guardie di frontiera e della guardia costiera, che hanno bisogno di formazione e di strumenti e di altre forme di sostegno logistico, attivando accordi. C’è un appalto alla società italiana Finmeccanica dalla Libia di quasi 300 milioni di euro per la fornitura di sistemi satellitari e di stazioni terrestri con il compito del controllo della frontiera sud della Libia di giorno e di notte. E' noto che questi confini sono la strada principale per l'ingresso dei migranti in Libia".
Molti politici italiani sostengono che la guerra contro la Libia di Gheddafi sia stato un errore. Qual è la sua posizione sul passato regime?
"Dopo 42 anni di governo di Gheddafi è diventato urgente il bisogno di un cambiamento in Libia, a causa della mancanza di investimenti nelle risorse naturali del paese per lo sviluppo di infrastrutture e di servizi e la mancanza di un sistema politico chiaro. Ma dopo la caduta del regime di Gheddafi, grazie alla comunità internazionale, in particolare Stati Uniti ed Europa, questi paesi stessi non hanno contribuito attivamente e in modo significativo alla ricostruzione e alla ristrutturazione di un nuovo stato con l'adozione di una nuova costituzione. Per il ritorno della normale attività economica dovevano fare pressione su tutte le parti libiche al fine di servire gli interessi dello stesso popolo libico. Purtroppo la Libia è diventata una piazza per il conflitto tra le parti internazionali che ha portato a ritardare il consolidamento di istituzioni statali, militari e della sicurezza, creando così un grande vuoto di sicurezza che ha dato un'occasione d'oro ad alcune milizie che hanno agito fuori dei confini della patria per rovinare le aspirazioni dei libici di avere uno stato stabile e sicuro".
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