Chiesa e Lega: una lunga storia di amore e odio
Divisi dai migranti. Allineati su bioetica e famiglia. Cattolici-lumbard odi et amo. Tra attacchi e assi strategici. Diamanti: «Religione usata per creare consenso».
di Matteo Andriola
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12 Agosto 2015
La polemica sui migranti, tra i due, va ormai avanti da settimane. Da una parte papa Francesco, dall'altra Matteo Salvini.
Il pontefice spiega che «respingere in mare gli immigrati è un atto di guerra». Il leader leghista replica che «con tutto il dovuto rispetto per il papa, non è un crimine ma, anzi, un dovere di qualunque buon amministratore, cattolico o no».
E sull'onda di queste schermaglie, il clima tra cattolici e lumbard si scalda. Tuttavia, la storia insegna che i rapporti fra le parti è molto più complesso di un muro contro muro. Tanto che le prime leghe regionali pescavano consensi proprio negli ex feudi democristiani e ‘bianchi’ in Lombardia e nel Veneto.
L'ASSE SU BIOETICA E FAMIGLIA. Il partito nordista e il mondo cattolico si trovano allineati su temi come la bioetica, la famiglia e la difesa dell’identità cristiana, ma entrano in collisione quando il Carroccio fa sfoggio del suo animo più regionalista. Specie negli Anni 90.
La Cei, tramite il cardinal Ugo Poletti e il vescovo Camillo Ruini, diffonde Evangelizzazione e testimonianza della carità (8 dicembre 1990), contro le «chiusure particolaristiche»; su Famiglia Cristiana nel novembre 1992 (e su L’Osservatore Romano e l’Avvenire), usciranno interventi di alti prelati contro il voto leghista perché anticristiano: «Allo stato attuale 'nessuna benedizione' può venire dai vescovi, perché corrisponderebbe a una legittimazione del particolarismo».
LE FRECCIATE DI BOSSI. In quella fase abbonderanno le dichiarazioni anticlericali bossiane («I preti pensino all'anima, lascino stare la politica»), e la Lega si barcamenerà fra posizioni filoprotestanti («Potremmo suggerire a tanti cittadini del Nord Italia di non guardare più a Roma, nemmeno per la religione. Ma di guardare […] ai civilissimi Paesi protestanti che credono in Dio e in Gesù Cristo ma non riconoscono l’autorità del papato») e panteiste (contro «il Dio che ci raccontano a catechismo») fino ad arrivare, oltre alle divise padane, all’introduzione di riti pagani (il rito dell’ampolla del dio Po, il dio Eridano, la ripresa del mito identitario celtico-longobardo e il Sole delle Alpi, una “swastica stilizzata”, fino al culto carismatico del leader), grazie anche alla cospicua presenza di militanti provenienti dalle file dell’estrema destra, come Mario Borghezio, o simpatizzanti della “Nuova destra” di Alain de Benoist, come Gilberto Oneto, direttore dei Quaderni padani ed ex vignettista della Voce della fogna di Marco Tarchi.
Il pontefice spiega che «respingere in mare gli immigrati è un atto di guerra». Il leader leghista replica che «con tutto il dovuto rispetto per il papa, non è un crimine ma, anzi, un dovere di qualunque buon amministratore, cattolico o no».
E sull'onda di queste schermaglie, il clima tra cattolici e lumbard si scalda. Tuttavia, la storia insegna che i rapporti fra le parti è molto più complesso di un muro contro muro. Tanto che le prime leghe regionali pescavano consensi proprio negli ex feudi democristiani e ‘bianchi’ in Lombardia e nel Veneto.
L'ASSE SU BIOETICA E FAMIGLIA. Il partito nordista e il mondo cattolico si trovano allineati su temi come la bioetica, la famiglia e la difesa dell’identità cristiana, ma entrano in collisione quando il Carroccio fa sfoggio del suo animo più regionalista. Specie negli Anni 90.
La Cei, tramite il cardinal Ugo Poletti e il vescovo Camillo Ruini, diffonde Evangelizzazione e testimonianza della carità (8 dicembre 1990), contro le «chiusure particolaristiche»; su Famiglia Cristiana nel novembre 1992 (e su L’Osservatore Romano e l’Avvenire), usciranno interventi di alti prelati contro il voto leghista perché anticristiano: «Allo stato attuale 'nessuna benedizione' può venire dai vescovi, perché corrisponderebbe a una legittimazione del particolarismo».
LE FRECCIATE DI BOSSI. In quella fase abbonderanno le dichiarazioni anticlericali bossiane («I preti pensino all'anima, lascino stare la politica»), e la Lega si barcamenerà fra posizioni filoprotestanti («Potremmo suggerire a tanti cittadini del Nord Italia di non guardare più a Roma, nemmeno per la religione. Ma di guardare […] ai civilissimi Paesi protestanti che credono in Dio e in Gesù Cristo ma non riconoscono l’autorità del papato») e panteiste (contro «il Dio che ci raccontano a catechismo») fino ad arrivare, oltre alle divise padane, all’introduzione di riti pagani (il rito dell’ampolla del dio Po, il dio Eridano, la ripresa del mito identitario celtico-longobardo e il Sole delle Alpi, una “swastica stilizzata”, fino al culto carismatico del leader), grazie anche alla cospicua presenza di militanti provenienti dalle file dell’estrema destra, come Mario Borghezio, o simpatizzanti della “Nuova destra” di Alain de Benoist, come Gilberto Oneto, direttore dei Quaderni padani ed ex vignettista della Voce della fogna di Marco Tarchi.
La Lega paladina dell''Occidente cristiano'
Questo non significa che non ci siano cattolici leghisti. Anzi.
La Croce diventa un collante identitario contro l’immigrazione, specie se islamica, soprattutto dopo l’11 settembre 2001, quando Bossi e i suoi diventano paladini dell’“Occidente cristiano”.
Come dimenticare poi l’ex presidente della Camera Irene Pivetti, ultracattolica, dal 1990 al 1994 responsabile della Consulta Cattolica della Lega lombarda e del Carroccio?
Bossi ha dovuto sempre tener conto della Consulta, guidata dal senatore Giuseppe Leoni, uno dei fondatori del movimento.
PIVETTI CONTRO IL CARDINALE MARTINI. Una realtà che arriverà a dividersi quando la Pivetti attaccherà il cardinale Carlo Maria Martini (definendolo «craxiano» e «tangentista», attaccando così anche il collega Leoni, che nel 1993 riceve un avviso di garanzia per la vicenda di un finanziamento illecito in veste di responsabile editoriale di una radio locale, un reato poi prescritto), favorendo la nascita dei 'Cattolici per il popolo' (Leoni), impegnati nel sociale, e i 'Cattolici per l'identità' (Pivetti).
Ma poco importa: anche se divisi in casa – la Pivetti però abbandonerà il partito perché critica verso la svolta secessionista – i cattolici nella Lega (o “Cattolici Padani”), saranno gli alfieri della tradizione da difendere a ogni costo, contro quello che potrebbe minare l’identità cattolica della Padania, come moschee, aborto, eutanasia e fine vita, matrimoni gay e inseminazione artificiale, con una radicalità che neanche i Comitati civici di Luigi Gedda e i settori più conservatori della Dc avevano mai manifestato negli Anni 50.
LA «RICRISTIANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ». A prova di tale intransigenza ci sono le dichiarazioni della Pivetti in un convegno tenutosi nel 1993, dove propose di «ricristianizzare la società».
«Un cattolico», spiegava, «non può riconoscere sempre e a chiunque il diritto di manifestare la sua religione. Le fedi religiose non possono essere messe tutte sulle stesso piano. Solo quella cattolica è una religione rivelata per cui non possiamo sottoscrivere acriticamente l' articolo 18 della dichiarazione dei Diritti dell' uomo, quello che sancisce per tutti piena libertà di credo religioso».
Nel 1994 la presidente della Camera arrivò a commemorare in Francia i cattolici controrivoluzionari della Vandea, nemici monarchici della Rivoluzione – indossando la croce vandeana –, una simpatia che la Lega ‘condivide’ con certi settori dell’estrema destra.
La Croce diventa un collante identitario contro l’immigrazione, specie se islamica, soprattutto dopo l’11 settembre 2001, quando Bossi e i suoi diventano paladini dell’“Occidente cristiano”.
Come dimenticare poi l’ex presidente della Camera Irene Pivetti, ultracattolica, dal 1990 al 1994 responsabile della Consulta Cattolica della Lega lombarda e del Carroccio?
Bossi ha dovuto sempre tener conto della Consulta, guidata dal senatore Giuseppe Leoni, uno dei fondatori del movimento.
PIVETTI CONTRO IL CARDINALE MARTINI. Una realtà che arriverà a dividersi quando la Pivetti attaccherà il cardinale Carlo Maria Martini (definendolo «craxiano» e «tangentista», attaccando così anche il collega Leoni, che nel 1993 riceve un avviso di garanzia per la vicenda di un finanziamento illecito in veste di responsabile editoriale di una radio locale, un reato poi prescritto), favorendo la nascita dei 'Cattolici per il popolo' (Leoni), impegnati nel sociale, e i 'Cattolici per l'identità' (Pivetti).
Ma poco importa: anche se divisi in casa – la Pivetti però abbandonerà il partito perché critica verso la svolta secessionista – i cattolici nella Lega (o “Cattolici Padani”), saranno gli alfieri della tradizione da difendere a ogni costo, contro quello che potrebbe minare l’identità cattolica della Padania, come moschee, aborto, eutanasia e fine vita, matrimoni gay e inseminazione artificiale, con una radicalità che neanche i Comitati civici di Luigi Gedda e i settori più conservatori della Dc avevano mai manifestato negli Anni 50.
LA «RICRISTIANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ». A prova di tale intransigenza ci sono le dichiarazioni della Pivetti in un convegno tenutosi nel 1993, dove propose di «ricristianizzare la società».
«Un cattolico», spiegava, «non può riconoscere sempre e a chiunque il diritto di manifestare la sua religione. Le fedi religiose non possono essere messe tutte sulle stesso piano. Solo quella cattolica è una religione rivelata per cui non possiamo sottoscrivere acriticamente l' articolo 18 della dichiarazione dei Diritti dell' uomo, quello che sancisce per tutti piena libertà di credo religioso».
Nel 1994 la presidente della Camera arrivò a commemorare in Francia i cattolici controrivoluzionari della Vandea, nemici monarchici della Rivoluzione – indossando la croce vandeana –, una simpatia che la Lega ‘condivide’ con certi settori dell’estrema destra.
Il Carroccio: «Tettamanzi? Un buonista amico dei comunisti»
Questo ha permesso una grande flessibilità, col Carroccio che da una parte attacca prelati come l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, considerato un «buonista amico dei comunisti e degli immigrati musulmani», e dall’altra crea un asse privilegiato con gli ecclesiastici ultraconservatori, che vedono nell’Islam il ‘male assoluto’.
BIFFI CONTRO I MUSULMANI. È il caso del vescovo di Como Alessandro Maggiolini e dell'ex arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi (secondo cui i governi europei dovrebbero «privilegiare l'ingresso degli immigrati cattolici» perché i musulmani «nella stragrande maggioranza vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra umanità, individuale e associata»).
Un asse che ha portato la Lega, nel gennaio 2001, a contrastare anche alcuni non-cattolici che però italiani lo sono al 100%, bloccando – con An, Forza Italia e Udc – l’intesa dello Stato con la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova e l’Unione Buddista Italiana.
LA CROCIATA CONTRO I TESTIMONI DI GEOVA. L’onorevole leghista Luciano Dussin sostenne che «le garanzie offerte a Testimoni e buddisti rischiano di esporre la società italiana a pericoli di estrema gravità».
Borghezio, dal canto suo, disse che «c’è un’espansione delle sette religiose e un problema di compatibilità con il nostro ordinamento», il tutto in sintonia con associazioni cattoliche di destra come il Gris (Gruppo di ricerca e di informazione sulle sette, gruppo di privati cattolici che dagli Anni 80 analizzano tutte le confessioni non cattoliche avversandole, anche se cristiane) e il cardinal Biffi, che già nel novembre 1985 organizzò nella sua Bologna convegni contro i Testimoni di Geova, che gli «rubavano» i fedeli.
BIFFI CONTRO I MUSULMANI. È il caso del vescovo di Como Alessandro Maggiolini e dell'ex arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi (secondo cui i governi europei dovrebbero «privilegiare l'ingresso degli immigrati cattolici» perché i musulmani «nella stragrande maggioranza vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra umanità, individuale e associata»).
Un asse che ha portato la Lega, nel gennaio 2001, a contrastare anche alcuni non-cattolici che però italiani lo sono al 100%, bloccando – con An, Forza Italia e Udc – l’intesa dello Stato con la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova e l’Unione Buddista Italiana.
LA CROCIATA CONTRO I TESTIMONI DI GEOVA. L’onorevole leghista Luciano Dussin sostenne che «le garanzie offerte a Testimoni e buddisti rischiano di esporre la società italiana a pericoli di estrema gravità».
Borghezio, dal canto suo, disse che «c’è un’espansione delle sette religiose e un problema di compatibilità con il nostro ordinamento», il tutto in sintonia con associazioni cattoliche di destra come il Gris (Gruppo di ricerca e di informazione sulle sette, gruppo di privati cattolici che dagli Anni 80 analizzano tutte le confessioni non cattoliche avversandole, anche se cristiane) e il cardinal Biffi, che già nel novembre 1985 organizzò nella sua Bologna convegni contro i Testimoni di Geova, che gli «rubavano» i fedeli.
Lo strano asse con i lefebvriani
La Lega, però, non si limita a instaurare rapporti con i cattolici “istituzionali”: per anni è stata considerata vicina al movimento lefebvriano, che non riconosce la sovranità papale, col quale condivide il cattolicesimo della tradizione (con messa in latino), usato «all'occorrenza come elemento di identità padana».
IL FILO-PADANISMO DEL MOVIMENTO. Spiega Maurizio Ruggiero, lefebvriano, collaboratore della Lega e animatore di Sacrum Imperium, esistente dal 1989: «Noi siamo […] antimoderni, o meglio premoderni. Rifiutiamo la modernità. Si intende, quella ideologica […] La destra a cui noi ci rifacciamo è una destra metafisica di tipo tradizionalista e comunque sempre antecedente al 1789».
Pure Famiglia e Civiltà – movimento tradizionalista filolefebvriano – non nasconde le proprie simpatie per la Lega: «È quindi naturale che gli ambienti leghisti veri […] e i cattolici tradizionalisti seri e impegnati si considerino vicini […]. La Lega riprenderà a crescere e sarà determinante se riprenderà in modo deciso le battaglie in difesa della nostra identità, delle nostre tradizioni, di valori dei nostri popoli».
Un filo-padanismo che non esclude Famiglia e Civiltà da un contemporaneo apparentamento con la destra radicale, vedi Forza Nuova e, nella Verona di Tosi, con gli skinhead e la destra istituzionale.
«CAMERE A GAS? USATE PER DISINFETTARE». Peccato che il movimento lefebvriano, la Fraternità sacerdotale San Pio X, non sia il massimo della presentabilità: nonostante il capogruppo al Senato Federico Bricolo abbia espresso nel 2009 gioia per la revoca della scomunica che estraniava i lefebvriani dalla Chiesa dal lontano 1988 («Si chiude oggi un doloroso periodo che aveva visto i difensori della tradizione cattolica e del magistero costante e continuo della Chiesa allontanati, esiliati dalla chiesa romana»), le esternazioni negazioniste di don Floriano Abrahamowicz secondo cui «le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dirle se abbiano fatto morti oppure no», già celebrante di messe in latino per Padania Cristiana di Borghezio (altra associazione catto-padana) e vicino a Forza Nuova, hanno allontanato il Carroccio, almeno ufficialmente, da questa realtà.
RELIGIONE COME STRUMENTO DI CONSENSO. Resta il fatto che per la Lega, come spiega lo studioso Ilvo Diamanti, «la religione viene usata come strumento di consenso partigiano ed elettorale», anche se non è la Dc.
I suoi amministratori partecipano alle sagre, venerano il patrono e la storia locali, finanziano restauri delle chiese e dei musei di arte sacra, chiedono la benedizione della scuola o dell’ufficio comunale da inaugurare al parroco o al vescovo, ma il partito, non predicando dogmi, pur avendo membri cattolici e ferventi, è pronto a barcamenarsi – come già fatto in passato – fra intransigenza e indipendenza qualora debba prevalere la ragion politica.
IL FILO-PADANISMO DEL MOVIMENTO. Spiega Maurizio Ruggiero, lefebvriano, collaboratore della Lega e animatore di Sacrum Imperium, esistente dal 1989: «Noi siamo […] antimoderni, o meglio premoderni. Rifiutiamo la modernità. Si intende, quella ideologica […] La destra a cui noi ci rifacciamo è una destra metafisica di tipo tradizionalista e comunque sempre antecedente al 1789».
Pure Famiglia e Civiltà – movimento tradizionalista filolefebvriano – non nasconde le proprie simpatie per la Lega: «È quindi naturale che gli ambienti leghisti veri […] e i cattolici tradizionalisti seri e impegnati si considerino vicini […]. La Lega riprenderà a crescere e sarà determinante se riprenderà in modo deciso le battaglie in difesa della nostra identità, delle nostre tradizioni, di valori dei nostri popoli».
Un filo-padanismo che non esclude Famiglia e Civiltà da un contemporaneo apparentamento con la destra radicale, vedi Forza Nuova e, nella Verona di Tosi, con gli skinhead e la destra istituzionale.
«CAMERE A GAS? USATE PER DISINFETTARE». Peccato che il movimento lefebvriano, la Fraternità sacerdotale San Pio X, non sia il massimo della presentabilità: nonostante il capogruppo al Senato Federico Bricolo abbia espresso nel 2009 gioia per la revoca della scomunica che estraniava i lefebvriani dalla Chiesa dal lontano 1988 («Si chiude oggi un doloroso periodo che aveva visto i difensori della tradizione cattolica e del magistero costante e continuo della Chiesa allontanati, esiliati dalla chiesa romana»), le esternazioni negazioniste di don Floriano Abrahamowicz secondo cui «le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dirle se abbiano fatto morti oppure no», già celebrante di messe in latino per Padania Cristiana di Borghezio (altra associazione catto-padana) e vicino a Forza Nuova, hanno allontanato il Carroccio, almeno ufficialmente, da questa realtà.
RELIGIONE COME STRUMENTO DI CONSENSO. Resta il fatto che per la Lega, come spiega lo studioso Ilvo Diamanti, «la religione viene usata come strumento di consenso partigiano ed elettorale», anche se non è la Dc.
I suoi amministratori partecipano alle sagre, venerano il patrono e la storia locali, finanziano restauri delle chiese e dei musei di arte sacra, chiedono la benedizione della scuola o dell’ufficio comunale da inaugurare al parroco o al vescovo, ma il partito, non predicando dogmi, pur avendo membri cattolici e ferventi, è pronto a barcamenarsi – come già fatto in passato – fra intransigenza e indipendenza qualora debba prevalere la ragion politica.
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