giovedì 18 giugno 2015

Riceviamo e pubblichiamo ricordando che il più onesto leghista è certamente meno onesto di Marino.

Assediato in Campidoglio, Marino scopre di non essere solo

Lo difendono molti militanti dei circoli, i presidenti di municipio, qualche big del partito. Il sindaco resta in bilico, ma in buona compagnia
Tiziana Fabi/Afp/Getty Images

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«Se torniamo al voto, stavolta i Cinque Stelle si prendono Roma». Nei circoli Pd della Capitale la paura si è già diffusa. Molti militanti si stringono attorno a Ignazio Marino. Sono i semplici iscritti, gli attivisti. Quelli che fanno volantinaggio e organizzano le manifestazioni di quartiere. Gli stessi che da tempo denunciavano inascoltati il malaffare dei vertici locali. Mentre da Palazzo Chigicrescono le pressioni per un suo passo indietro, Marino scopre di non essere solo. Asserragliato in Campidoglio, il sindaco chirurgo può ancora consolarsi. Lo scandalo di Mafia Capitale non gli ha tolto il sostegno di una parte della città.
La base è divisa. Con Marino ci sono parecchi militanti, ovviamente quelli non legati alla filiera correntizia che in questi anni si è spartita il potere a Roma. Ma ci sono anche alcuni esponenti della nuova classe dirigente cittadina. E' il caso dei presidenti di municipio, i minisindaci delle circoscrizioni capitoline. Quasi sempre giovani, spesso slegati dai vecchi apparati. Ieri molti di loro hanno firmato un appello comune a difesa di Marino. «Il sindaco è una garanzia democratica per Roma» spiegano. «E’ stata la sua politica a permettere di fare luce sui conti del Campidoglio e sulla gestione opaca delle partecipate negli anni del centrodestra». Un po’ quello che diceva il premier Matteo Renzi, prima di cambiare posizione e inviare un avviso di sfratto all’inquilino del Campidoglio.
Marino incassa, orgoglioso. Nonostante la diffusa sfiducia, in città c’è ancora qualcuno che lo sostiene
Marino incassa, orgoglioso. Nonostante la diffusa sfiducia, in città c’è ancora qualcuno che lo sostiene. Si è schierato al suo fianco Fabrizio Barca, l’ex ministro impegnato in questi mesi in una lunga e faticosa ricognizione nei circoli democrat della Capitale. A pochi giorni dalla presentazione dei risultati – ma già a metà dell’opera aveva evidenziato la pericolosità di alcune realtà cittadine, espressione di un partito clientelare e cattivo – Barca difende il sindaco. «Roma beneficia di una figura fuori dai giochi terribili cui, angosciati, stiamo assistendo. E’ bene che (Marino, ndr) vada fino in fondo». Così in un’intervista al Quotidiano Nazionale.
In attesa della relazione del prefetto che farà luce sulle infiltrazioni della criminalità organizzata, Marino resta al centro delle polemiche. Gli attacchi del Movimento Cinque Stelle e del centrodestra sono particolarmente duri. La diffidenza della maggioranza in Campidoglio è palpabile. In queste ore qualcuno teme persino che in aula Giulio Cesare possa crearsi un fronte trasversale in grado di sfiduciare il sindaco. Nulla di nuovo in realtà. Marino non ha mai avuto un grande feeling con molti consiglieri. «Alcuni – raccontano a Roma – gli sono sempre stati ostili per non aver ottenuto posti in giunta». Al Nazareno, invece, il sindaco può contare su un sostegno importante. Il presidente del Pd Matteo Orfini, commissario cittadino inviato da Renzi per fare pulizia dopo lo scandalo di Mafia Capitale, lo difende apertamente. Anzi, proprio le recenti affermazioni del premier Renzi hanno creato qualche tensione all’interno dei vertici democrat.
E poi ci sono gli intellettuali. Immancabili. Una trentina di illustri personaggi ha lanciato pochi giorni fa una petizione pubblica. «Nessuno tocchi Marino». Tra i firmatari ci sono Gustavo Zagrebelsky, Furio Colombo,  Tana de Zulueta. La lettera aperta che ha già raccolto settemila adesioni non lascia troppo spazio alle interpretazioni. «L’attacco a Ignazio Marino – si legge – serve a perpetuare lo scempio morale e politico a cui è stata sottoposta Roma da anni. Se avesse esito, priverebbe la città e, per il suo carattere emblematico, l’Italia, di un’occasione per una svolta positiva».
«Per tanti militanti il valore dell’onestà e la capacità di contrastare i poteri forti della città rimangono un fatto positivo»
L’ex segretario del Partito democratico romano Marco Miccoli, oggi deputato, non sembra stupirsi. Lui Marino l’ha sempre difeso, anche quando una parte dei dirigenti romani aveva chiesto la testa del sindaco. Ben prima delle inchieste giudiziarie. «Nel Pd di Roma – racconta il parlamentare – in maniera del tutto trasversale alle aree politiche, Marino ha ancora un grande consenso. Per tanti militanti il valore dell’onestà e la capacità di contrastare i poteri forti della città rimangono un fatto positivo». Dai circoli molti confermano. Qualcuno ricorda la manifestazione al teatro Belli dello scorso autunno. Quando centinaia di iscritti ed elettori si autoconvocarono per sostenere il primo cittadino messo in discussione dai vertici locali.
Stavolta le correnti non c’entrano. Bersaniani, civatiani, persino renziani. La base è divisa, ma buona parte dei militanti Pd si sono schierati con il primo cittadino. In pochi hanno capito la svolta di Renzi, quasi tutti temono che un voto in tempi brevi possa consegnare la città al Movimento Cinque Stelle. Il bunker di Marino si scopre affollato. «Sento la vicinanza dei cittadini – ha spiegato stamattina il sindaco – Non mi sento un salvatore della Patria, sono solo una persona che vuole fare bene il suo lavoro e amministrare bene la città con spirito di servizio e senza ambizioni di carriera». Marino va persino oltre. Ai giornalisti che lo intercettano in Campidoglio assicura di voler rimanere al suo posto «fino al 2023». In tempo per terminare la consiliatura e completare un altro mandato. Ma a questo, probabilmente, non credono neppure i suoi sostenitori. 

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