Legge elettorale, l’ultimatum di Renzi a Berlusconi scade alle 21
Dopo il vertice della scorsa settimana sull'Italicum il premier attende una risposta dal leader di Forza Italia
Ne parla Goffredo De Marchis su Repubblica. Matteo Renzi si è dato un ultimatum per mettere la parola fine agli accordi con Silvio Berlusconi sulla legge elettorale. Qualora non dovesse arrivare una risposta chiara del leader di Forza Italia al premier entro le 21 di oggi, il Pd potrebbe rompere il Patto del Nazareno e andare avanti per la sua strada per modificare l’Italicum ed approvarlo insieme ai pariti minori, senza i voti del centrodestra.
AUT AUT AL CAVALIERE SULL’ITALICUM – Renzi e Berlusconi si sono incontrati a Palazzo Chigi per discutere di riforma del voto la scorsa settimana e al capo del governo, che vuole chiudere la partita della legge elettorale, non è ancora pervenuto un’indicazione netta. Si è parlato in questi giorni di possibilità di sbarramento alto al 5% e premio di maggioranza alla prima lista e non alla prima coalizione. Senza risposta del Cavaliere si apre un un nuovo scenario, quello delle modifiche maledette da Forza Italia. Ma la partita riguarda anche l’elezione del successore di Giorgio Napolitano, dopo le voci di dimissioni del presidente della Repubblica a fine anno. «Se Berlusconi non rimane seduto al tavolo delle riforme – è il ragionamento di Renzi riportato sa De Marchis su Repubblica – possiamo eleggere un presidente contro di lui. Gli conviene? È sufficiente scegliere il più antiberlusconiano dei papabili e aprire ai 5 stelle».
LA MOSSA DEL 3% PER SALVARE NCD E FDI – Numericamente l’operazione sembra possibile, anche se nulla può ora essere dato per scontato. Renzi potrebbe decidere di abbassare la soglia di sbarramento al 3% in modo da favorire tutti i partiti minori. In questo modo aumenterebbero le divisioni all’interno della coalizione di centrodestra perché i partiti minori non sarebbero costretti a ritornare alla casa madre Forza Italia in lista unitaria. Ma non solo. Dopo una rottura con Berlusconi il Pd avrebbe le mani libere nell’elezione del capo dello Stato, considerando che accordi con il Movimento 5 Stelle in Parlamento (come successo per la scelta del giudice costituzionale Sciarra) sono più semplici che sulla riforma del voto. Da questo tipo di trattativa potrebbe uscire fuori, ad esempio, ancora una volta il nome di Romano Prodi, che fu fermato nella corsa al Colle nell’aprile del 2013.
Per quanto riguarda il punto di vista di Renzi, ci sono poi altre valutazioni che circolano. Al premier quasi non dispiacerebbe rompere temporaneamente l’accordo con Berlusconi puntando tutto sui numeri della sua maggioranza, perché avrebbe notato troppi contrasti interni al centrodestra e a Forza Italia dopo l’ultimo vertice con il Cavaliere, e perché riterrebbe possibile anche sedersi con l’opposizione di nuovo dopo aver cominciato l’iter dell’Italicum al Senato. Si ragiona dei rischi ovviamente anche nel centrodestra. Uno sbarramento al 3% dopo la rottura degli accordi con Renzi potrebbe avere l’effetto di favorire la scissione della minoranza dissidente di Forza Italia costruita intorno alla figura di Raffaele Fitto. Ma, senza patti bipartizan, tornerebbe alla carica anche la minoranza Pd, che al quel punto avrebbe maggiore potere di veto sulle questioni importanti. La partita a scacchi, in sostanza, entrerebbe nel vivo. Il condizionale è d’obbligo. Il vertice di maggioranza odierno è fissato per le 21. E forse solo a quell’ora si conoscerà qualche dettaglio in più.
L’ALTRA IPOTESI: RINVIO DELLA RIFORMA A PRIMAVERA – Uno scenario diverso è invece quello raccontato sulla Stampa da Fabio Martini. Stando a quanto riporta il quotidiano torinese il premier (pur sostenendo che la maggioranza ha i numeri anche in assenza di Forza Italia) potrebbe oggi essere tentato di ritirare l’ultimatum al Cavaliere e rinviare l’Italicum a primavera, prendendosi quindi più tempo per decidere e tranquillizzando sia alleati che avversari sulla tenuta delle larghe intese. In questo modo ad essere maggiormente rasicurato sarebbe probabilmente proprio Berlusconi, che teme il ricorso al voto anticipato di Renzi (nel caso di rapida approvazione della nuova legge elettorale) ed acquista più tempo per sanare le turbolenze interne al suo partito.
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