M5S e i rischi di una deriva partitocratica
Paolo Becchi
Docente universitario
Il MoVimento 5 Stelle ha costituito per milioni di italiani l’unica – e forse ultima – speranza di metter fine alla degenerazione del nostro sistema politico dopo la conclusione del berlusconismo, dopo una biografia della nazione ormai ridotta a raccontare soltanto di ballerine, quiz televisivi, escort, parlamentari condannati, burocrati invisibili.
È stato la speranza, forse l’utopia, di una stagione che chiudesse i conti con il cancro dei partiti, con una “rappresentanza” ormai ridotta a sistema di riproduzione di una “casta” parassitaria.
È stato tutto questo, e ora si corre il rischio che non lo sia più. La recente vicenda dell’elezione di Silvana Sciarra a giudice della Corte Costituzionale non è soltanto un errore politico, ma un tradimento di quel sogno di democrazia diretta, in cui tanti di noi avevano creduto, forse ingenuamente, ma con ostinazione e coraggio.
I “rappresentanti” dei 5 stelle (quei parlamentari che avrebbero dovuto essere dei semplici porta-voce delle istanze dei cittadini) hanno concluso uno “scambio“, nel più classico gioco di poltrone del vecchio metodo partitocratico: Sciarra in cambio di Zaccaria, un posto alla Consulta in cambio di un posto al Csm. È stato anche un errore politico: i “grillini” non hanno fatto che il gioco di Renzi, il quale, intelligentemente, ha capito di poterli usare come arma di “ricatto”, strumento di pressione nei confronti di Berlusconi. Il che non fa altro che provare che l’alleanza, l’intesa, il vero patto costituzionale su cui si regge l’attuale sistema politico italiana, è sempre quello che va dal Pd a Forza Italia.
Renzi si è “comprato” il M5S con facili promesse di posti e di scambi e il movimento è caduto in pieno nella trappola, convinto di poter “controllare” in suo favore un’intesa col Pd che comunque vada tradisce tutti i suoi principi: quel “tutti a casa”, “o noi o loro”, “ne rimarrà uno solo” che avevano scandito i momenti più belli della lotta per la liberazione del nostro Paese. Tutto questo finisce oggi con una ragnatela di trattative e negoziati che il M5S si dichiara ora disposto ad aprire anche sulla legge elettorale, sull’elezione del Presidente della Repubblica e sulla riforma della giustizia.
Non solo, quindi, il Movimento sta commettendo un errore di valutazione politica da dilettanti (quello di non capire che Renzi non cerca affatto un’alleanza politica con il M5S, ma soltanto di usarlo per rafforzare e controllare la vera intesa con il centrodestra); ma sta, soprattutto, chiudendo la stagione della sua spinta democratica, per istituzionalizzarsi ed inserirsi a pieno titolo nelle maglie della “forma-partito”.
Il M5S ha dimostrato, così, di essere ormai a suo agio all’interno della logica del negoziato, dello scambio, della “trattativa“: non come vecchio sistema del “government by discussion” (sono finiti i tempi dell’illusione liberale alla Burke), ma come pratica di una partitocrazia, di una casta che si riproduce attraverso la spartizione delle cariche e dei posti di potere. Stessa logica che ha già funzionato tra Pd e Vendola, che ha votato persino Violante in cambio di un posto al Csm.
E ciò è tanto più grave, perché è stato “coperto” dalla peggior retorica. C’è stato il voto degli iscritti, una decisione presa dal basso, si dice. In realtà c’è stata la votazione di 17.746 iscritti su a quanto pare 500.000 iscritti certificati, una delle votazioni più basse mai registrate sul blog. E ancora: il M5S non ha votato i “propri” candidati, non ha chiesto ai cittadini iscritti di esprimere dei nomi che i portavoce avrebbero dovuto sostenere in Parlamento. Ha semplicemente chiesto agli iscritti di ratificare una decisione già presa dai portavoce, un nome proveniente dal Pd e che è stato accettato soltanto perché in cambio è stata data la contropartita di Zaccaria al Csm. L’argomentazione che entrambe sono comunque persone oneste per certo da sola non basta a giustificare quello che è successo. Questa sì che è ipocrisia: far passare una “ratifica”, un’acclamazione ex post, per una scelta dei cittadini, per una loro “iniziativa”.
Che cosa ci attende ora? Una legge elettorale opposta a quella votata dalla rete, proposta da Renzi in nuove trattative, accolta da quelli che erano i nostri portavoce e ratificata dalla rete? O un Presidente della Repubblica nuovamente scelto da Renzi, accettato dai portavoce e ratificato dalla rete? Sarebbe questo il nuovo metodo rivoluzionario che sta facendo la storia? Sarebbe questa la nuova democrazia a 5 stelle?
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