Quel muro che cambiò il mondo
Berlino e l’Europa celebrano l’anniversario della caduta del Muro. Ripercorriamo la storia che portò alla riunificazione della Germania
Un quarto di secolo, e vaghi ricordi delle immagini alla tv da parte di chi scrive. Berlino festeggia i 25 anni della fine di un incubo durato 28, quel Muro della vergogna che isolò gli abitanti dell’Est e sconvolse per sempre la vita di milioni di tedeschi. Oggi nella capitale brillano migliaia di palloni luminosi, disseminati lungo il vecchio percorso del Muro, che si libreranno in aria per ricordare la luce di una nuova libertà, quella assaporata dai ragazzi che il 9 novembre del 1989 erano accalcati alla frontiera, in spasmodica attesa di attraversarla. Nulla sarebbe stato più come prima, e niente, ad ogni modo, avrebbe ridato indietro ai tedeschi orientali 40 anni vissuti sotto i rigidi dettami della DDR.
La frontiera Il controllo pressoché totale della vita di una persona spinse già negli anni Cinquanta migliaia di abitanti della Germania dell’Est ad emigrare verso l’Ovest. La DDR perdeva menti e braccia; il governo decise così di innalzare un muro per tamponare questa emorragia umana. I lavori cominciarono freneticamente nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961. Prima semplice filo spinato, poi, in vari interventi, mura di cemento armato rinforzato profonde fino a due metri e lunghe ben 155 chilometri, spesso doppie, separate da terre di nessuno (le “strisce della morte”). Superarle era quasi impossibile, troppe torrette di controllo con cecchini armati fino ai denti. In molti fallirono l’impresa: il numero delle vittime oscilla intorno alle 200, comprese donne, bambini e soldati dell’Est addetti essi stessi al controllo del Muro. Così descrive la frontiera lo storico russo Viktor Suvorov: «Il muro fu costantemente perfezionato e rinforzato, trasformato da un normale muro in un sistema insormontabile di ostacoli, trappole, segnali elaborati, bunker, torri di guardia, tetraedri anti carro e armi a sparo automatico che uccidevano i fuggitivi senza bisogno di intervento da parte delle guardie di confine». Con il Muro duecento strade si trasformarono in vicoli ciechi, vennero interrotte 11 linee di metropolitana e 62mila pendolari che ogni giorno andavano a lavorare da una parte all’altra persero il posto.
Un giorno per la Storia Quel 9 novembre la situazione precipitò in fretta. La DDR dava già da tempo segnali di cedimento, e il complesso sistema comunista stava implodendo su se stesso, come sarebbe accaduto di lì a poco all’Urss. La giornata cominciò con un’ordinanza che permetteva da quel momento i viaggi nella Germania dell’Ovest (fino ad allora per i normali cittadini erano concesse “gite” solo negli altri Paesi comunisti europei); e finì con una marea umana che brecciò parte del Muro con il beneplacito dei soldati di guardia, consegnandosi di fatto alla Storia. Rimettere piede nel mondo occidentale, abbandonando quello surreale della DDR per molti fu uno shock, una sensazione mista di gioia, stupore, rabbia e spaesamento. Nell’eterno scontro tra capitalismo e comunismo, tra benessere spesso mal distribuito e logica del “poco a tutti”, ancora quindici anni fa un sondaggio ha rivelato una parte di tedeschi nostalgica della Berlino Est, del suo sistema di welfare e dell’uguaglianza di diritti tra uomini e donne. Molti di loro sono proprio quelli che esultarono 25 anni fa nel vedere, finalmente non di nascosto, la tv dell’Ovest, i supermercati riforniti di tutto, la Coca Cola originale e l’ultimo modello di Levi’s. Eppure quel Muro caduto significa libertà, diritto a sperare in un futuro migliore, nonostante i paradossi e le diseguaglianze delle democrazie. Oggi ne rimangono ancora dei piccoli tratti, meta sacra di turisti da ogni parte del mondo. Il resto è finito sbriciolato all’asta su Internet, imitato nei negozi di souvenir, o riutilizzato per strade e altre opere pubbliche. Perché la Storia va avanti. L’importante è non dimenticare il suo passato.
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