Matteo Renzi si impegna a lasciare più spazio alle donne nelle nomine delle società partecipate pubbliche
Carlo Renda, L'Huffington Post | Pubblicato: 25/02/2014 20:05 CET | Aggiornato: 25/02/2014 20:17 CET
Potere rosa. O almeno, un po’ di rosa in più nelle stanze del potere. “Le realtà delle aziende pubbliche o comunque nominate del pubblico devono avere anche nelle posizioni apicali la presenza di donne manager competenti, indipendentemente dalle loro idee politiche, ma che si sono affermate e sono pezzi della classe dirigente nel nostro paese”. Questo l’impegno che Matteo Renzi prende davanti al Parlamento alla vigilia di una stagione di nomine pubbliche, dopo aver dato vita al primo Governo della Repubblica con pari rappresentanza fra uomini e donne .
Il Tesoro ha pubblicato sul proprio sito la lista dei Cda e dei Collegi sindacali in scadenza nel 2014. Il clou è rappresentato dalle big Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, Terna, per le quali è già partito il toto-nomine. Nella lista del Ministero si distinguono le società direttamente partecipate e le società indirettamente partecipate attraverso gruppi il cui management, come per Cdp o Ferrovie, rimane in molti casi invariato. Nella lista delle partecipazioni dirette figurano Arcus, Consap, Enav, Enel, Eni, Finmeccanica, Istituto Luce, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Italia Lavoro, Poste Italiane, Rete Autostrade Mediterranee, Sogesid, StMicroelectronics e Studiare Sviluppo, di cui vanno rinnovati tutti i Cda e in alcuni casi anche il Collegio sindacale. Molte le società a partecipazione indiretta, fra cui Terna, Fintecna, Fondo Strategico Italiano, Trenitalia, Rfi, Acquirente Unico, Rai World.
La procedura, in base alla legge, prevede la presenza di due advisor (Spencer Stuart e Korn Ferry) scelti per affiancare la direzione generale del Tesoro nella selezione di una rosa di nomi adatti agli incarichi. L’elenco dei candidati papabili viene poi sottoposto all’attenzione di un Comitato di Garanzia che deve scremare i curricula: il Comitato è composto da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, Vincenzo Desario, ex direttore generale della Banca d’Italia, e Maria Teresa Salvemini, consigliere Cnel.
Sono figure come quella di Maria Teresa Salvemini che il Governo Renzi deve cercare per porre rimedio a un ritardo italiano: nelle principali aziende nazionali a controllo pubblico la presenza di donne nei Cda è decisamente inferiore a quella di uomini, quella ai vertici è numericamente pressoché insignificante. Il trend è crescente, specie dopo l’introduzione della legge Golfo-Mosca che ha introdotto quote rosa nelle società quotate e a partecipazione pubblica. Oggi la percentuale femminile nei Cda delle quotate supera il 17%, era del 5% nel 2007. Diverso per i vertici: di fatto al momento c’è poco altro oltre alla presidenza Rai di Anna Maria Tarantola.
Il bacino di personalità femminili competenti e all’altezza degli incarichi che il Tesoro dovrà assegnare è comunque nutrito. Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan possono pescare ad esempio nel gruppo delle ex ministre: Anna Maria Cancellieri ha caratura da civil servant; Maria Chiara Carrozza è stata un’apprezzata titolare dell’Istruzione; Paola Severino è uno degli avvocati più rinomati in Italia oltre che ex Guardasigilli; Maria Cecilia Guerra è un’affermata esperta di Scienza delle finanze finora prestata al Ministero del Lavoro; Marta Dassù, ex direttrice degli affari internazionali dell’Aspen Institute Italia, ha ricoperto l’incarico di viceministro agli Esteri del Governo Letta.
Recentemente nominata la donna più potente d’Italia da una giuria femminile in una classifica stilata da CorrierEconomia e Governance Consulting è poi Maria Cannata, direttore generale del Tesoro, vera e propria responsabile del debito pubblico italiano; ma c’è anche Fabrizia Lapecorella, direttrice generale delle Finanze. Pezzi della classe dirigente del Paese sono poi Valeria Sannucci, che ricopre l’incarico di vice direttrice generale di Bankitalia e commissaria Ivass; Linda Laura Sabbadini, direttore dipartimento statistiche sociali dell’Istat; Valeria Termini, commissario dell’Autorità Energia; Giuseppina Baffi, presidente della Consip.
Un altro bacino è quello di Confindustria. Una personalità come quella di Marcella Panucci, attuale d.g. dell’associazione degli industriali, era finita nel totonomine dei giorni scorsi per lo Sviluppo Economico; ci sono poi figure come Diana Bracco, già presidente di Assolombarda e attuale numero uno di Expo 2015 Spa; Lisa Ferrarini, oggi nella squadra di Giorgio Squinzi; Anna Maria Artoni, presidente di Confindustria Emilia-Romagna oggi nei Cda di importanti gruppi come Saipem e Rcs Quotidiani. Senza considerare confindustriali di vecchio corso come l’ex presidenteEmma Marcegaglia o come l’ex numero uno di Confindustria Toscana, Antonella Mansi, oggi alla Fondazione Mps.
C’è poi un gruppo di imprenditrici che - senza ricorrere a big come Miuccia Prada oMarina Berlusconi strettamente legate alle aziende di famiglie - orbitano nel giro dei Cda di importanti società italiane: è il caso di Ornella Barra, oggi Ceo di Alliance Boots e nel Cda di Generali; Joyce Bigio, prima donna del Cda Fiat in 150 anni di storia; siede invece nel Cda di Fiat Industrial Patrizia Grieco, presidente di Olivetti;Rosalba Casiraghi, consigliere indipendente di molte grandi aziende fra cui Intesa Sanpaolo e Fondo strategico italiano; Laura Cioli, a.d. di CartaSi con un recente passato in Sky Italia; Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi; l’avvocatoCristina Rossello, che riveste cariche sociali in gruppi bancari e imprese, fra cui Mediobanca.
Molti altri i nomi di personalità rilevanti, nel mondo accademico - dalla rettrice della Bicocca Cristina Messa all’accademica Fiorella Kostoris – nel mondo dell’imprenditoria sportiva - da “Lady Torino 2006” Evelina Christillin all’ex As Roma Rosella Sensi – nel mondo parlamentare – dall’ex Fillea-Cgil Valeria Fedelia Linda Lanzillotta. Solo per fare alcuni nomi. È un bacino enorme, con moltissimi nomi fin qui non citati, a cui Renzi e Padoan potranno attingere per porre rimedio a un ritardo italiano.
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