martedì 25 febbraio 2014

Ecco a cosa serve la rete. Non a fare sondaggi fasulli. Non ha occupare tutte le pagine con video pieni di bugie. Non ha fare la pseudo democrazia di pancia. Serve a realizzare cambiamenti, migliorare i servizi al cittadino e aumentare il PIL. Grillini e Casaleggio imparate e non continuate dire sciocchezze.

Esempio Lettonia, la guerra alla burocrazia l'ha vinta con la banda larga
23 febbraio @ 18.39
GIANNI VENTOLA DANESE
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RiformeRenzi dice che la priorità è la lotta alla burocrazia. In Lettonia, il paese più cablato d’Europa, il potenziamento della connettività e la riduzione ai minimi della burocrazia statale sono andati di pari passo. Qui ora per aprire una società sono sufficienti due firme. E negli ultimi anni il Pil ha viaggiato attorno al +4%
È, o dovrebbe essere, uno tra i fondamentali punti programmatici del nuovo governo. Una di quelle capitali riforme mensili, che dovrebbero ridare slancio al sistema Italia. Si tratta della “banda ultra larga”, termine che non ha nulla a che fare con la coalizione di governo dalle larghe intese, ma che identifica piuttosto un’infrastruttura che deciderà, e come vedremo, ha già deciso il grado di prosperità di molte economie.

Nel panorama europeo della broad band, l’Italia resta drammaticamente al palo, nonostante l’istituzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale, voluta dal Governo Monti con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (cosiddetto "Decreto Sviluppo") e, nonostante qualche altisonante proclama di Francesco Caio, direttore della medesima agenzia, che ha recentemente dichiarato "L'attuazione dell'Agenda digitale è la rifoma dello Stato", a più di un anno dalla sua nascita, l’agenzia non ha potuto fare alcunché di pratico. I dati nel frattempo sono a dir poco sconfortanti, a giudicare dalle cifre rese note dal Rapporto I-Com 2013 su reti e servizi di nuova generazione. Siamo al quartultimo posto come diffusione della banda ultralarga con un tasso del 55% contro una media UE del 72%. Ultimo posto (avete letto bene) per la velocità con solo lo 0,1% delle connessioni a 30Mbps (14% media UE). Solo il 2% di connessioni in fibra ottica, dove la nostra posizione si sta inabissando a favore di Paesi che hanno maggiormente investito nel settore. Ecco il punto. A chi dovremmo guardare per prendere l’esempio?

Estonia, Lituania e soprattutto Lettonia, le cosiddette “tigri del baltico”, oggi stanno facendo rinascere le loro economie affondando gli artigli in quello che appare sempre più chiaramentre come un asset strategico per eccellenza. Secondo la classifica della competitività economica del World Economic Forum 2013 la Lettonia (al 52° posto), poco più di due milioni di abitanti, ha praticamente lo stesso grado di competitività dell’Italia (49° posto), e prima dell’Italia troviamo Lituania ed Estonia (rispettivamente al 48° e 32° posto). Niente male per chi, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, era sull'orlo della bancarotta. La trasformazione dell’economia lettone ha inizio proprio dall’indipendenza riconosciuta dalla Russia il 6 settembre 1991. Ad un periodo di recessione nei tre anni seguenti, dovuto alla perdita del principale mercato di esportazione russo, seguì un vero e proprio boom economico accompagnato da grandi investimenti in economia digitale e da una marcata riduzione dell'intervento statale in materia economica. La Lettonia è oggi il paese più cablato d’Europa e il quarto al mondo, dietro Corea del Sud, Giappone e Hong Kong. Dopo la grande crisi degli anni 2008-2009, il Pil lettone si è sempre mantenuto abbondantemente positivo, con punte del +7,3% nel quarto trimestre del 2012, per attestarsi intorno a una media del +4,4% negli ultimi due anni.

Win-win, ovvero solo vincitori? L’investimento in connettività a banda larga ha rappresentato per la Lettonia e per le repubbliche baltiche il fattore di sviluppo che ha consentito non solo di attirare capitali di investimento nelle nuove tecnologie, ma anche di modernizzare la pachidermica macchina statale di impianto sovietico e, soprattutto, di tagliarne drasticamente costi e personale. Non fu certo una cura indolore per i lettoni che ancora ricordano i tagli draconiani alla spesa pubblica operati dal governo guidato da Valdis Dombrovskis (riduzione dello stato sociale, stop all’aumento delle pensioni, licenziamento di un terzo dei dipendenti pubblici e taglio del 30% dello stipendio a quelli rimasti al loro posto), ma Dombrovskis molto probabilmente sarebbe ancora in carica se non si fosse dimesso con dignità, accollandosi “ la responsabilità politica” del crollo del tetto di un supemercato a Riga che nel novembre 2013 fece 54 vittime. Tuttavia, oggi l’economia lettone, pur con tutte le sue contraddizioni (il 36% della popolazione vive sotto la soglia dell’indigenza), è quella che corre di più in Europa. Nessuno ovviamente dice qui che dobbiamo licenziare un terzo dei dipendenti pubblici ma solo che la banda larga è lo strumento da usare per abbattere la burocrazia. 

Il potenziamento e la capillarità della connettività ad alta velocità e la riduzione ai minimi termini della burocrazia sono andati infatti di pari passo. E i risultati non si sono fatti attendere. Il rating 2013 sulla facilità di fare impresa “for ease of doing businesspubblicato ogni anno da IFC (International Finance Corporation) e Banca Mondiale afferma che la Lettonia si attesta alla 25° posizione a livello mondiale, poi troviamo la Lituania al 27° posto e l’Estonia al 21°. E se in Italia (73° nel medesimo ranking in imbarazzante compagnia di Turchia, Romania e Grecia) un’impresa deve fornire allo Stato ben 12 cartelle di documentazione solo per sostituire un automezzo commerciale, al lettone che volesse aprire una società sarebbero sufficienti solo due firme: una per aprire un conto corrente in banca e l’altra per denunciare l’avvio dell’attività alla Camera di Commercio. Tutto il resto avviene in automatico e via internet.

Nel settembre 2013, a margine della presentazione dei dati sulla competitività in Europa, Klaus Schwab, presidente esecutivo del World Business Forum, affermava: "La tradizionale definizione basata sulla distinzione fra paesi 'sviluppati' e paesi 'in via di sviluppo' è destinata a lasciare il posto a quella fra paesi 'ricchi di innovazione' o 'poveri di innovazione'. Pertanto è fondamentale che le classi dirigenti lavorino per creare nei propri paesi l'ambiente necessario a ricercare e perseguire l'innovazione nell'educazione, nella politica e nel business". Come dargli torto? Me le nostre classi dirigenti fino a qualche anno fa le ricerche nell’internet le facevano su “Gogol”.

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