Ragazzi all'estero, grande fuga. Chi emigra guadagna di più
MILANO, 5 GENNAIO 2014- DAVIDE vive a Londra da due anni: prima un master, oggi un lavoro. «Ma lo sai — racconta fiero — che gli italiani a Londra sono almeno 300mila? In pratica, siamo una città nella città, grande quasi quanto Firenze». Francesca, ingegnere, vive a Parigi da quattro anni e in marzo voterà per la nuova sindaca della Ville Lumière: fra la candidata socialista, nata in Spagna, e quella sarkozysta, di origine polacca, sceglierà la prima. In Italia non ha alcuna intenzione di tornare. Non è un’eccezione ma la regola, ormai sempre più estesa, fra i giovani italiani in fuga dalla disoccupazione, che ormai supera il 40% fra gli under 25.
La fuga è cominciata già nello scorso decennio: fra il 2000 e il 2010, dice l’Istat, sono andati a vivere all’estero 316mila giovani con meno di 40 anni. Ma ora sta diventando un boom: nel 2012 oltre 78mila italiani, 18mila in più dell’anno precedente e per la maggior parte giovani, hanno trasferito ufficialmente la propria residenza all’estero, iscrivendosi all’Aire. Meta preferita la Germania, seguita dalla Svizzera, il Regno Unito, la Francia e più distanti gli Stati Uniti. In media, però, solo uno su due, fra gli italiani che si trasferiscono all’estero, regolarizza la propria posizione amministrativa in tempi brevi. Di conseguenza sotto la punta dell’Aire si nasconde un iceberg di almeno 150mila connazionali in uscita ogni anno.
UNA CIFRA analoga è stimata dal Censis: nell’ultimo decennio, in base al rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, il numero di chi ha trasferito la residenza fiscale all’estero è più che raddoppiato, da 50.000 nel 2002 a 106.000 nel 2012, con un’impennata del 28,8% tra il 2011 e il 2012. A partire sono soprattutto i giovani, nel pieno dell’età lavorativa: il 54,1% ha meno di 35 anni. Si parte principalmente per ragioni di lavoro: il 72% degli italiani all’estero ha un’occupazione, mentre il 20,4% è fuori per motivi di studio. Che il gioco valga la candela lo dimostra anche un’indagine di Almalaurea, secondo cui a cinque anni dalla laurea chi è andato all’estero guadagna in media 2.282 euro netti, ben di più dei 1.434 di chi rimane nel Nord Italia, dei 1.357 euro di chi lavora al Centro e dei 1.222 euro di chi è impiegato al Sud.
I GIOVANI in fuga cercano dunque una crescita professionale, ma non solo. In Italia, a dirla tutta, non si sta più bene: il 54,9% degli intervistati dal Censis denuncia l’assenza di meritocrazia a tutti i livelli, il 44,1% non sopporta più il clientelismo e la bassa qualità della classe dirigente, mentre il 34,2% soffre dell’imbarbarimento culturale. E c’è anche chi fugge dai pregiudizi. Il 12,2% degli intervistati, oltre uno su dieci, è volato all’estero per avere la possibilità di «vivere serenamente la propria vita senza essere giudicato». In altre parole, per svincolarsi dalle discriminazioni nei confronti dei gay, che a Berlino o a Parigi possono sposarsi mentre in Italia non hanno alcuna chance di regolarizzare la propria posizione.
La fuga è cominciata già nello scorso decennio: fra il 2000 e il 2010, dice l’Istat, sono andati a vivere all’estero 316mila giovani con meno di 40 anni. Ma ora sta diventando un boom: nel 2012 oltre 78mila italiani, 18mila in più dell’anno precedente e per la maggior parte giovani, hanno trasferito ufficialmente la propria residenza all’estero, iscrivendosi all’Aire. Meta preferita la Germania, seguita dalla Svizzera, il Regno Unito, la Francia e più distanti gli Stati Uniti. In media, però, solo uno su due, fra gli italiani che si trasferiscono all’estero, regolarizza la propria posizione amministrativa in tempi brevi. Di conseguenza sotto la punta dell’Aire si nasconde un iceberg di almeno 150mila connazionali in uscita ogni anno.
UNA CIFRA analoga è stimata dal Censis: nell’ultimo decennio, in base al rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, il numero di chi ha trasferito la residenza fiscale all’estero è più che raddoppiato, da 50.000 nel 2002 a 106.000 nel 2012, con un’impennata del 28,8% tra il 2011 e il 2012. A partire sono soprattutto i giovani, nel pieno dell’età lavorativa: il 54,1% ha meno di 35 anni. Si parte principalmente per ragioni di lavoro: il 72% degli italiani all’estero ha un’occupazione, mentre il 20,4% è fuori per motivi di studio. Che il gioco valga la candela lo dimostra anche un’indagine di Almalaurea, secondo cui a cinque anni dalla laurea chi è andato all’estero guadagna in media 2.282 euro netti, ben di più dei 1.434 di chi rimane nel Nord Italia, dei 1.357 euro di chi lavora al Centro e dei 1.222 euro di chi è impiegato al Sud.
I GIOVANI in fuga cercano dunque una crescita professionale, ma non solo. In Italia, a dirla tutta, non si sta più bene: il 54,9% degli intervistati dal Censis denuncia l’assenza di meritocrazia a tutti i livelli, il 44,1% non sopporta più il clientelismo e la bassa qualità della classe dirigente, mentre il 34,2% soffre dell’imbarbarimento culturale. E c’è anche chi fugge dai pregiudizi. Il 12,2% degli intervistati, oltre uno su dieci, è volato all’estero per avere la possibilità di «vivere serenamente la propria vita senza essere giudicato». In altre parole, per svincolarsi dalle discriminazioni nei confronti dei gay, che a Berlino o a Parigi possono sposarsi mentre in Italia non hanno alcuna chance di regolarizzare la propria posizione.
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