giovedì 9 gennaio 2014

Speriamo che anche la condanna avvenga a sua insaputa.

Scajola, casa al Colosseo: i pm chiedono tre anni

Abitazione ''a sua insaputa'': accusa di finanziamento illecito. L'ex ministro si difende: «Sono sereno».

Quell'abitazione pagata a sua insaputa può costargli tre anni di reclusione.
I pm della procura di Roma hanno formulato la condanna per l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola.
L'accusa è di finanziamento illecito in relazione all'acquisto di un appartamento vicino al Colosseo.
Quello diventato tormentone con la sfortunata formula 'a mia insaputa', trasformata presto in improbabile e abusata scusa per nascondere imbarazzi politici.
PAROLE POI RITRATTATE. Scajola ha anche detto di non aver mai pronunciato le parole che tanto gli sono state rinfacciate. Nella conferenza stampa in cui annunciò le dimissioni disse, testualmente: «Se la mia abitazione nella quale vivo a Roma fosse stata pagata da altri, senza saperne io il motivo...».
Adesso è nei guai e rischia anche il pagamento di una multa da 2 milioni di euro.
STESSA RICHIESTA PER ANEMONE. Stessa condanna è stata richiesta per Diego Anemone. Per l'accusa l'imprenditore, personaggio chiave dell'inchiesta nata a Perugia sul G8 e di cui quello sulla casa di Scajola rappresenta un filone giunto per competenza a Roma, avrebbe pagato, attraverso l'architetto Angelo Zampolini, parte della somma versata dall'ex esponente del Pdl (1,1 su 1,7 milioni di euro) per l'acquisto e avrebbe poi dato 100 mila euro per la ristrutturazione. Per questa vicenda Scajola lasciò il suo posto da ministro.

I pm: «Incredibile la tesi dell'a mia insaputa»

Secondo i pm Ilaria Calò e Roberto Felici, «è assolutamente incredibile la tesi della difesa secondo cui Scajola non si è reso conto che qualcuno al suo posto versasse una somma così enorme (1 milione e 100 mila euro)».
«VICENDA GRAVISSIMA». I magistrati hanno definito questa una vicenda «gravissima» per «l'entità del dolo» e perché «rientra in un esteso sistema corruttivo» portato avanti da Anenome «andato avanti dal 1999 al 2010». «Un lasso di tempo nel quale l'imprenditore ha ottenuto appalti per oltre 300 milioni infiltrando con il suo gruppo le istituzioni ai più alti livelli».
«NON È UN FATTO ISOLATO». Per i pm «l'acquisto e la ristrutturazione della casa di Scajola non è un fatto isolato ma rappresenta uno dei tanti episodi di patente corruzione a cui occorreva dare una veste politica». Per i rappresentanti dell'accusa, infine, le «ragioni di questa elargizione, di cui ha beneficiato Scajola, erano dirette al perseguimento da parte di Anemone di un arricchimento economico privato e personale».

Scajola: «Fatti insussistenti»

Dal canto suo, l'ex ministro ha ostentato sicurezza: «La richiesta dell'accusa è pesante e in contrasto con quanto emerso durante tutto il dibattimento. L'avvocato Elisabetta Busuito, nella sua arringa, ha dimostrato puntualmente l'insussistenza dei fatti che mi sono stati contestati e il 27 prossimo l'avvocato Giorgio Perroni svolgerà la sua discussione. Mi sono fatto da parte per quasi quattro anni in attesa di chiarezza da parte della magistratura, di cui ho piena fiducia. Attendo quindi con serenità la sentenza del 31 gennaio».
L'AVVOCATO: «INDAGINI INESATTE».Per la legale di Scajola, «le prove documentali e testimoniali emerse durante il processo hanno rivelato la superficialità e l'inesattezza delle indagini condotte dalla guardia di finanza. Ogni correlazione tra movimenti bancari di società del gruppo Anemone e la dazione della differenza per il pagamento dell'appartamento non solo non ha prova che la suffraghi, ma si configura come una vera e propria illazione».
«NESSUN RISCONTRO DI FINANZIAMENTI ILLECITI». Secondo Busuito, «non vi è alcun riscontro provato che supporti il reato di finanziamento illecito. La perizia relativa ai flussi bancari ha rivelato come non vi sia traccia rispetto ad orari e modalità di versamento degli assegni. La perizia relativa al valore dell'immobile ha confermato la congruità del valore dell'immobile di via del Fagutale rispetto alla cifra pagata dall'onorevole Scajola».
Infine per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione secondo il difensore di Scajola «essi venivano pagati regolarmente da Scajola, come è emerso in fase dibattimentale, così come da Scajola è stato ad esempio pagato il notaio. Chiediamo, quindi, l'assoluzione perché il fatto non sussiste».
Giovedì, 09 Gennaio 2014

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