In Lombardia sono gli imprenditori a cercare l'aiuto della criminalità organizzata. La denuncia arriva dal pm della Direzione distrettuale Antimafia di Milano Paolo Storari: "Non si può parlare di vere e proprie infiltrazioni della 'ndrangheta nel mondo imprenditoriale. È l'imprenditore che cerca l'aiuto dei clan e non viceversa. Poi gli imprenditori ad un certo punto pensano di usare la mafia e commettono un grave errore".
Storari ha descritto il rapporto tra il clan Barbaro Papalia e alcuni imprenditori lombardi messo in luce dall'indagine che ha portato all'arresto di dieci persone legate alla cosca. "Per la prima volta nel corso di questa indagine abbiamo visto come la 'ndrangheta sia riuscita ad arrivare fino alle porte del palazzo di Giustizia", ha precisato Storari nel corso di una conferenza stampa. Secondo gli inquirenti sarebbe proprio il clan a offrire agli imprenditori che si rivolgono alla 'ndrangheta dei servizi, tra cui la "protezione contro lo Stato".
E' quanto emerso dal caso del re della movida milanese Silvano Scalmana, che con la sua società Acquario gestiva quattro locali della città, tra cui la discoteca De Sade.Quando Scalmana finisce a processo per bancarotta fraudolenta, emissione di fatture per operazioni inesistenti e riciclaggio, gli uomini del clan intimidiscono tre dipendenti dell'imprenditore chiamati a testimoniare in tribunale sulla gestione dei locali. Tra gli episodi al centro dell'inchiesta, anche l'omicidio di Giuseppe De Rosa nel 2007 all'interno della discoteca Skylab di Milano. Nel corso di una intercettazione effettuata dai carabinieri in carcere, Agostino Catanzariti (uno dei destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare di oggi) descrive come Rocco Papalia abbia deciso di sparare alla vittima per una disputa riguardante una donna che faceva parte del gruppo di De Rosa ma si era legata sentimentalmente ad uno dei calabresi.
"Questo omicidio, come altri delitti di 'ndrangheta - ha spiegato il pm - hanno carattere didascalico e servono per mettere in guardia gli altri". Tra gli episodi su cui le indagini hanno contribuito a fare luce, anche l'omicidio del brigadiere Antonio Marino, ucciso a Bovalino (Ct) negli anni Novanta durante una festa patronale. I mandanti dell'omicidio, diventato nel frattempo un 'cold case', sarebbero stati gli uomini del clan Barbaro Papalia.