Cos’è il reddito di base incondizionato del MoVimento 5 Stelle
di Stefania Carboni - 09/01/2014 - Un gruppo di cittadini parte con la raccolta firme nei vari paesi dell'Unione Europea, mentre alcuni attivisti indagano su un eventuale appoggio
«Ragazzi questo grafico dimostra quanto sia stato importante pubblicizzare la pagina per sostenere l’Iniziativa Cittadina Europea per un Reddito di Base Incondizionato. Chiedo quindi a quanti non l’avessero ancora fatto di sottoscriverla». L’appello in rete è lanciato dal deputato del MoVimento 5 Stelle Manlio Di Stefano e nel giro di poco il post riceve diverse condivisioni. Ma che cosa è il Reddito Base Incondizionato? E soprattutto che cosa comporta?
CIFRA SENZA PALI - Più che un reddito che dovrebbe sostituire lo stato sociale si tratterebbe, secondo quanto si spiega nelle informative, di una “garanzia” di soddisfacimento dei propri bisogni materiali per poter condurre una “vita dignitosa”. Particolari i pilastri su cui si basa. La somma va erogata a tutti i cittadini europei a prescindere dalla loro situazione economico-lavorativa e senza alcuna condizione. Nella pagina Fb italiana si spiega cosa non è:
- non è un reddito minimo garantito, che spetta solo ai cittadini il cui reddito è al di sotto della soglia di povertà, ed è versato dallo Stato
- non è un salario minimo, oggetto di contrattazione fra operatori economici e organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e quindi versato dal datore di lavoro
- non è una misura assitenzialistica ma rappresenta un diritto
- non sostituisce prestazioni assistenziali particolari (come quelle spettanti a persone diversamente abili, con gravi patologie, ecc.)
Qui la versione in italiano che illustra gli obiettivi:
E sempre chi promuove l’iniziativa ci tiene a precisare che…
di coloro che in Italia attualmente si servono della definizione “reddito di base incondizionato” o “reddito di cittadinanza” intende ciò che l’idea rappresenta – né il BIN Italia (nonostante faccia parte di BIEN) né “San Precario” né il Movimento 5 Stelle, promuovendo essi – spesso usando la stessa definizione – soltanto una forma di assistenzialismo spettante esclusivamente a determinate “categorie” di cittadini e/o limitata nel tempo.
In pratica una somma che permetta di poter vivere dignitosamente. Ma con le differenze interne all’Unione è cosa fattibile? Il comitato promotore precisa quelle che saranno le fonti di finanziamento: tassazioni sulle transazioni finanziarie e sugli alti redditi, una tassa sui beni di lusso e prodotti inquinanti(benzina? ndr) e semplificazione di una lunga lista di allocazioni sociali (secondo il comitato obsolete). In Italia uno studio Bin-Quaderni di San Precario condotto da Andrea Fumagalli (consultabile qui) spiega:
Il costo attuale del welfare, nella sua totalità, copre redditi anche superiori ai 600 euro al mese. Non sono disponibili dati completi, ma dalle banche dati Inps sulle indennità di disoccupazione e l’uso della cassa integrazione si può desumere che sia la stima per indennità di disoccupazione e mobilità che per le varie
forme di cassa integrazione sino a 600 euro mensili ammontano a circa 10,5 miliardi di euro, mentre quella
per la cassa integrazione a circa 5 miliardi, per un totale di 15,5 miliardi di euro. Il costo reale
dell’introduzione di un Reddito di base Incondizionato di 600 euro mensili risulterebbe quindi pari a 20,7
miliardi – 15,5 miliardi, ovvero a 5,2 miliardi di Euro. Come si vede, si tratta di una spesa del tutto abbordabile. Il problema non è dunque di sostenibilità economica, ma di volontà politica.
Utopia?
guarda i grafici
(Dati report Bin/Economie Suisse)
PERPLESSITÀ - Ad esprimere dubbi nel merito sono realtà come Unia (sindacato svizzero), PLR (Liberali Radicali) ed Economie Suisse. Partiamo dalla Svizzera, cuore della dibattito sul RBI. L’Economie suisse ha pubblicato un report spiegando punto per punto perché il provvedimento sarebbe non solo inutile ma “dannoso”:
Secondo gli autori di questa iniziativa, basterebbe poco – rispetto a quanto è già previsto – per garantire un’esistenza decente ad ognuno e sgravare lo Stato sociale in misura massiccia. Si tratta dunque di un Eldorado? Purtroppo no. A livello individuale, numerose prestazioni sociali superano il reddito di base previsto e dovrebbero essere mantenute. Inoltre, gli effetti sull’attività economica sarebbero devastanti. Un piccolo modello di calcolo mostra che questo processo sarebbe accompagnato da una diminuzione del prodotto interno lordo dell’ordine del 20% e necessiterebbe di un aumento dell’imposta sul valore aggiunto di oltre il 50%. In altre parole, la Svizzera non sarebbe più in grado di reggere davanti alla concorrenza internazionale.
e ancora…
Un buon numero dei pagamenti di trasferimento superano in effetti il reddito di base previsto e perciò sussisterebbe un bisogno di finanziamento di quasi 140 miliardi di franchi all’anno. D’altra parte, il reddito di base rischia di penalizzare eccessivamente la capacità produttiva e la competitività economica della Svizzera. Per capirlo, basti pensare all’aumento necessario dell’imposta sul valore aggiunto, che ci procurerebbe un tasso superiore al 50%.
ATTIVIAMOCI? – La proposta intanto ha solleticato gli attivisti del Meet Up Europa. «Perché il movimento non pubblicizza l’I.C.E. sul reddito di base?», chiedono in rete. Finora nel blog di Grillo compare solo un post relativo alla questione nelle liste civiche estere. Deadline per raccogliere le firme? Il 14 gennaio di quest’anno. Servono un milione di persone che non possono esser raggiunte da un unico Stato membro. Si deve ottenere un numero minimo di firme in almeno 7 Stati membri diversi. Finora il risultato più alto è stato raggiunto da Croazia e Slovenia. In Italia siamo ancora a quota 3287 firme, troppo poche.
(Fonte Basicincome)
In Italia si è occupato della raccolta firme anche Fabrizio Catullo attivista pentastellato abruzzese. Alcuni mesi fa non ottenne però il pieno appoggio. Tant’è che oggi chi condivide in rete i link dell’iniziativa Rib viene incalzato dalle domande di qualche attivista. «Ciò che Catullo ha presentato alla Commissione referente (portato oltretutto da noi) – spiega un deputato 5 Stelle – non c’entra nulla con questo, inoltre la Commissione ha detto che non faceva al caso nostro… Di raccolte firme ne possiamo fare quante ne vogliamo, purchè decise a votazione nelle assemblee dei vostri meetup di appartenenza. Mi sembra semplice! Voglio solo chiarire questa posizione per evitare confusione in chi legge». L’inziativa è ospitata anche sul meetup Parlamento 5 Stelle, lo stesso a cui Grillo ha fatto causa per l’uso del marchio pentastellato. È l’Europa bellezza. Ma finora, da Milano, ci si muove a passi felpati riguardo al Rib. Le elezioni europee sono alle porte. Occorre tutta la “cautela” possibile.
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