martedì 31 dicembre 2013

Il terzo grandissimo problema del nostro paese

Disoccupazione, record storico
Boom tra i giovani: oltre il 40%

I dati Istat: ad agosto senza lavoro
3 milioni e 127 mila persone (12,2%)
Tra i 15 e i 24 anni si registra una impennata del 5,5% rispetto al 2012
ANSA
Secondo l’Istat il numero dei disoccupati è pari a 3 milioni 127 mila con un aumento dell’1,4% rispetto al mese precedente (+42 mila) e del 14,5% su base annua (+395 mila)

Disoccupazione alta, al 12,2%, di nuovo al top dal 1977; a livelli da record storico per quella giovanile (15-24 anni) che per la prima volta sfonda anche la soglia del 40%, balzando al 40,1% ad agosto (dal 39,7% di luglio): sono 667 mila gli under-25 in cerca di lavoro, pari all’11,1% dei ragazzi nella stessa fascia d’età. 

Gli ultimi dati (provvisori) dell’Istat relativi al mese di agosto indicano un quadro «allarmante», proprio nel giorno in cui il Clic Day si chiude con 5.500 domande di assunzioni agevolate per gli under 30: anche il numero dei disoccupati continua infatti a crescere e arriva così sui valori massimi, superando i 3,1 milioni (3 milioni 127 mila). Si mantiene ai minimi, invece, il tasso di occupazione, fermo ormai da cinque mesi al 55,8%, il livello più basso, in questo caso, da 36 anni. Parallelamente il numero degli occupati resta sostanzialmente fermo rispetto a luglio mentre cala dell’1,5% su base annua: questo vuol dire una contrazione di 347 mila unità. 

Parla di dati «pessimi» il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che però da un lato sottolinea la sostanziale tenuta sul fronte dei dati sull’occupazione e dall’altro considera che in una fase di possibile ripresa economica è «naturale» che il tasso di disoccupazione aumenti, in particolare tra i giovani, perché ci sono più persone, come i cosiddetti scoraggiati, che tornano sul mercato del lavoro. 

Per sindacati e imprese l’andamento della disoccupazione è lo specchio dello stato del Paese, di fronte al quale l’appello alla responsabilità non può che farsi più forte. E ad avere un governo «stabile e forte» che «governi» e dia risposte alle priorità, altrimenti, avverte il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, la situazione non potrà che peggiorare ed i dati sulla disoccupazione «cresceranno ancora di più». I dati sono «allarmanti», sottolinea il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, e altrettanto «allarmante è che la speranza di trovare lavoro per i giovani in Italia è più bassa che negli altri Paesi, anche più che in Spagna nonostante lì il tasso di disoccupazione sia più alto». Mentre per il segretario Ugl, Giovanni Centrella, «l’Italia sta dimostrando di non saper tutelare i propri interessi e il futuro dei giovani». 

A livello europeo, infatti, il tasso generale di disoccupazione italiana (12,2%) è leggermente sopra la media della zona euro (al 12%), ma tra i giovani a fare peggio dell’Italia (40,1%), sempre ad agosto, è solo la Spagna con il 56%, che tuttavia sarebbe molto probabilmente superata dalla Grecia, per la quale manca il dato di agosto ma a giugno era al 61,5%. Nell’eurozona la disoccupazione giovanile ad agosto è al 23,7%; la più bassa in Germania (7,7%). 

Ad esprimere preoccupazione è anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, rilevando che con oltre 3,1 milioni di disoccupati «abbiamo segnato un record storico dal dopoguerra per il nostro Paese». La situazione è «drammatica». Di qui il nuovo richiamo alla responsabilità e l’avvertimento che l’instabilità politica impattera’ pesantemente sull’economia reale (il Centro studi di Confindustria, infatti, sulla base di questo nuovo scenario di forte incertezza sulle sorti del governo, rivede al ribasso le stime del Pil a -1,8% nel 2013 e -0,3% nel 2014, contro il -1,6% e il +0,7% previsti neanche un mese fa). In meno di tre anni hanno chiuso l’attività più di 60mila imprese del commercio e del turismo guidate da under-35 (61.276 cessazioni, il 15% del totale), ricorda Confesercenti. 

Dal fronte politico, parla di dati Istat «drammatici» invocando la necessità di risposte ai temi economico-sociali più urgenti, invece che aprire una crisi di governo, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd). A confermare le pesanti ricadute della crisi sull’occupazione è anche l’ultimo rapporto del Cnel sul mercato del lavoro: tra il 2008 e il 2012 i disoccupati ufficiali sono aumentati di oltre un milione di unità ma «l’area della difficoltà» registra un aumento di circa 2 milioni di persone: un fenomeno dalle «conseguenze sociali allarmanti».  

Secondo grande problema dell'Italia. Ecco perché un ignorante come grillo prende voti in questo paese.


IL CASO

Scuola, l'abbandono è ancora emergenza
Ecco dove i ragazzi fuggono dalle aule

L'Italia è il paese peggiore in Europa per abbandono scolastico, con il 17,6% di adolescenti che non arriva al diploma. E se il fenomeno è da anni in diminuzione, ci sono regioni e città in cui la congiuntura economica ha ricominciato ad alimentare la fuga dai banchi

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Scuola, l'abbandono è ancora emergenza 
Ecco dove i ragazzi fuggono dalle aule
«Ho sedici anni e ho lasciato la scuola. Chi te lo fa fare di stare sui banchi per cinque anni e poi andare a lavorare come tutti in un call center o a fare il commesso al supermercato per 700 euro al mese? La gente parla e pensa solt­anto a cosa sia giusto e cosa no, ma non ha il coraggio di dire che fuori dalla finestra ormai non ci sono nemmeno le briciole per le galline... e siccome i soldi nella vita sono più importanti delle parole, appena puoi, falli». Il commento è di un ragazzo che ha "mollato". Ma il pensiero è ricorrente: ogni anno abbandonano gli studi oltre 700mila ragazzi italiani. Che a 14, 15, 16 anni, prima di aver concluso le superiori, smettono di entrare in classe. Sperando di conquistare al più presto uno stipendio. Una casa, una vita “da grandi”.

Di abbandono scolastico, in Italia, si parla spesso. «Siamo i peggiori d'Europa», ripetiamo ogni volta che Bruxelles ci fa notare di essere ben lontani, col nostro 17,6 per cento di adolescenti senza diploma, dal traguardo del 10 imposto dalla Ue. «Ma è un fenomeno in diminuzione», ribattono - ogni volta - gli analisti, facendo notare i progressi raggiunti negli ultimi anni. Vero: lo confermano i numeri del ministero e dell'Istat. Ma non ovunque.

Dall'inizio della crisi economica ad oggi la “dispersione scolastica” ha continuato timidamente a diminuire in Veneto, in Lombardia, in Campania, in Calabria, in Puglia, anche in Sicilia. Ma non in Liguria, dove i ragazzi che rinunciano ai libri sono passati dall'essere il 12,6 per cento nel 2008 al 17,5 nel 2012. E non in Sardegna: dove dopo anni di progressi la percentuale di studenti mancati ha ricominciato ad aumentare, passando dal 22,9 al 25,8 per cento. Significa che uno studente su quattro, a Cagliari, Sassari, Nuoro o ad Olbia, non trova nei libri alcun tipo di interesse. E se ne va. Torna a casa. Cerca un posto come stagionale sulla costa. Oppure un impiego senza qualifiche altrove.

Cosa sta succedendo in Liguria e in Sardegna, ma anche a Como (dove la fuga - prematura - dai banchi è arrivata a richiamare uno studente su tre), o in Toscana, dove pure gli abbandoni sono in aumento? «Succede che sono luoghi dove più che in altri, evidentemente, è aumentata la povertà. E con quella il disagio sociale», commentaMarinella Pau della Cisl Scuola di Cagliari: «Il tessuto sociale è sempre più fragile. La scuola annaspa. E per un ragazzo che non è motivato smettere di studiare alla prima difficoltà è più facile. Anche se fuori, per lui, non c'è niente».

«Alle medie di voglia di studiare me ne hanno passata poca», ha spiegato un ventenne bresciano ai docenti dell'Università Cattolica impegnati in una ricerca sul problema: «Pensavo: "Vado a fare l'alberghiero, che in pochi anni si prendono tanti soldi". Abbagliato da questo miraggio dei soldi. Poi mi sono reso conto che prima di arrivare a farli, tanti soldi, bisogna che ti spacchi la schiena».

«Io non ho studiato, ma anche se avessi finito la mia scuola non sarei riuscito a trovare il posto che cercavo», ha risposto un altro: «Ma quanto tempo devi spendere sui libri? La vita è una sola e ti ritrovi studiando a venticinque, trent'anni che non hai ancora un futuro definito. Mio papà a quell'età aveva già due figlie, capite? Cioè, si era già creato una famiglia. Invece studiando scala tutto più tardi».

E la fretta di raggiungere qualcosa, oggi, è più forte che mai. La disoccupazione giovanile ha superato il 25 per cento. Anche i laureati passano mesi a mandare curriculum sperando di trovare un posto. «Poi ci dicono: “Proponete più stage per gli iscritti agli istituti tecnici e professionali”. Ma noi dove li mandiamo, che sul territorio, qui, non c'è più un'azienda?», si chiede Pau. «Più che la “crisi” economica in sé, a influire sulle difficoltà degli adolescenti nel finire gli studi è la fragilità delle famiglie», commenta Andrea Mandelli, coordinatore di “Movimento ragazzi”, una cooperativa che lavora da 30 anni a Genova su questi problemi: «Per chi non ha un talento speciale scoraggiarsi è sempre più facile. Perché non si vede speranza: anche con un diploma, una laurea, un master, trovare lavoro è una missione. E quando quest'idea è condivisa dai genitori la spinta ad abbandonare  i libri aumenta».

Tutto questo si aggrava se si continuano a tagliare i fondi alla scuola: «Io ho insegnato sia in città che nei paesi più piccoli della provincia», racconta Cristian Ribichesu, insegnante di Sassari: «E ho potuto constatare gli effetti della riforma Gelmini e dei tagli voluti dalla nuova giunta regionale. Con quella precedente c'erano soldi per le ore pomeridiane, per ridurre il numero di studenti in classe, per proporre lezioni extracurricolari. E l'abbandono era passato dal 28 al 21 per cento. Poi è cambiata l'aria. Sono arrivate le classi da 28 alunni, i tagli, ci si è messa pure la crisi. E i ragazzi hanno ricominciato a scappare dai banchi».

Il numero di quelli che abbandonano, poi, è solo una spia: «Quella che noi chiamiamo “sofferenza scolastica” è in realtà un problema molto più ampio», spiega Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud: «Significa magari continuare a frequentare, ma a fatica, con rendimenti scarsi, senza motivazione. Un problema che esiste soprattutto nei quartieri o nelle città più degradate. E che si sta aggravando, non tanto come causa diretta della crisi quanto come conseguenza delle difficoltà delle famiglie». Difficoltà ormai anche materiali: «All'Istituto in cui ho insegnato fino ad agosto negli ultimi tre anni abbiamo avuto sempre più richieste di libri in comodato d'uso», racconta Marinella Pau: «Coi colleghi e la preside cercavamo di fare il possibile. A volte anche per trovare chi regalasse non solo i libri ma il materiale per il disegno, i quaderni, le squadrette». «Ma più che la mancanza di cose materiali», conclude Mandelli: «Quello che manca è la speranza. Poveri ragazzi, invischiati in questa Italia mortifera».

Il vero grande problema del nostro paese. Tanti ignoranti. Solo così si può spiegare un paese governato da Craxi, Berlusconi e Grillo.

Sei italiani su dieci non hanno letto neanche un libro nel 2013. E il 10% non ne possiede neanche uno in casa.

Carlo Renda, L'Huffington Post  |  Pubblicato:   |  Aggiornato: 31/12/2013 12:52 CET
"Chi non sa leggere porti il leggio" recita un vecchio detto popolare. In Italia non è più questione di capacità, come accadeva un tempo, ma di volontà di leggere. Nel 2013 sei italiani su dieci non hanno letto neanche un libro. Un’indagine condotta dall’Istat rivela che nell'arco di 12 mesi sono circa 24 milioni le persone di 6 anni o più che dichiarano di aver letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Si tratta di appena il 43%, una quota che scende rispetto al 46% del 2012.
Se a leggere almeno un libro nel corso dell’anno è quasi una donna su due (il 49,3%), ad abbassare drasticamente la media sono gli uomini, visto che poco più di un uomo su tre (il 36,4%) ha sfogliato un libro di lettura. La differenza di comportamento fra i generi, osserve l’Istituto di statistica, comincia a manifestarsi già in età scolare, partire dagli 11 anni. Proprio i dati sugli adolescenti sono quelli che lasciano un lumicino di speranza davanti a dati desolanti. La fascia di età in cui si legge di più è quella fra gli 11 e i 14 anni, il 57,2%.
La propensione alla lettura dipende dalla scuola, ma anche dall’ambiente familiare: leggono libri il 75% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 35,4% di quelli con genitori che non leggono. Permangono le differenze territoriali: nelle regioni settentrionali legge oltre la metà della popolazione di 6 anni e più (50,1% nel Nord-ovest e 51,3% nel Nord-est), mentre nel Sud e nelle Isole la quota di lettori è pari solo al 30,7%. Nei Comuni centro dell’area metropolitana la quota di lettori è pari al 51,6%, in quelli con meno di 2.000 abitanti scende al 36%.
Il numero di libri letti è comunque modesto: circa la metà dei lettori ha letto al massimo tre libri in 12 mesi. I “lettori forti”, cioè coloro che leggono in media almeno un libro al mese, sono appena il 13,9% dell’universo dei lettori. Un altro dato allarmante è il fatto che una famiglia su dieci (10,3%) non possiede nemmeno un libro in casa; il 64% ne ha al massimo 100.
Secondo gli editori, i principali fattori di ostacolo alla lettura dei libri sono la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla lettura, (44,5%), il basso livello culturale della popolazione (36,6%), politiche pubbliche di incentivazione all’acquisto dei libri inadeguate (35,3%); scarsa promozione dei libri e della lettura da parte dei media (23,4%). Per accrescere la domanda ed ampliare il pubblico dei lettori, gli editori puntano sulle librerie indipendenti (39%) e sui canali di distribuzione online (30,8%).
Il 2012 conferma la flessione della produzione del settore editoriale: i titoli pubblicati si riducono del 7,3% e le tirature del 7,6%. Oltre il 21% delle opere pubblicate a stampa in Italia, cioè oltre 12.000 titoli, è stato reso accessibile al pubblico anche in formato e-book. L’86,4% dell’offerta di pubblicazioni digitali è realizzata dai grandi editori. Nel nostro Paese, sono 5 milioni 224 mila le persone di 6 anni e più che hanno dichiarato di avere letto o scaricato libri online o e-book: una quota pari al 9,1% della popolazione di 6 anni e più ed al 17,3% delle persone che hanno utilizzato Internet negli ultimi tre mesi.

ho sempre scritto che questo Papa avrebbe cambiato il mondo non solo la chiesa.

Papa Francesco, Financial Times incorona Bergoglio: "Figura eccezionale. Nessun leader onesto e sincero come lui"

L'Huffington Post  |  Pubblicato:   |  Aggiornato: 30/12/2013 13:01 CET
Durante il 2013 nessuno ha catturato l'attenzione della gente di tutto il mondo più di Papa Francesco che, nei nove mesi trascorsi dalla sua elezione al soglio pontificio, ha avviato un'importante revisione nella guida e nella gestione del papato. È quanto scrive oggi il Financial Times, dedicando al pontefice un editoriale intitolato "l'eccezionale figura di Francesco", in cui evidenzia come il Papa stia "sfidando lo status quo su diversi fronti".
"È troppo presto per dire se finirà per placare la diffusa rabbia popolare per gli abusi sessuali dei preti o se affronterà le preoccupazioni espresse dai cattolici riguardo alla rigida ortodossia morale del vaticano", ha sottolineato il quotidiano della City. Tuttavia nel corso dell'anno il Papa ha esercitato un "fascino immenso su cattolici e non cattolici in tre modi": con la sua "modestia personale", con un "tono e un linguaggio diverso" su questioni riguardanti sesso e matrimonio e con una serie di riforme nella gestione della santa sede che gli consentiranno di adottare i cambiamenti.
A parte le "grandi sfide" che attendono oggi la chiesa cattolica, ha però aggiunto il Ft, quello che colpisce di Papa Francesco è con quanta rapidità sia diventato una "figura di riferimento" per quanti si preoccupano di quelli che lui chiama "l'idolo denaro" e "la globalizzazione dell'indifferenza". Molti potranno non concordare con la sua critica al "capitalismo selvaggio", ha concluso il quotidiano finanziario, ma "lui esprime le sue preoccupazioni e le sue ansie con un'onestà e una sincerità che non ha eguali in nessun leader mondiale".

lunedì 30 dicembre 2013

Che linguaggio raffinato. Calderoli a confronto è Dante Alighieri. Se governano persone come De Battista in tre mesi andiamo in bancarotta. Sicuro come la morte.


Questi sono i problemi che i grillini avevano promesso di risolvere. E adesso rubano lo stipendio perdendo tempo a sparare bugie ciniche e sciocchezze enormi.

Stipendi bloccati e povertà ai massimi,
per gli under 30 il lavoro è un dramma

Il rapporto sulla “Coesione sociale”: la scuola attrae meno, fuga dall’università
Posto fisso sempre più un miraggio, soprattutto per i giovani, dice l’Itstat

Retribuzioni ferme, una situazione lavorativa drammatica per i giovani e un tasso di povertà relativa che schizza ai minimi storici. E’ la fotografia scattata dal Rapporto sulla coesione sociale compilato da Insp, Istat e Ministero del lavoro e delle politiche sociali.  

La demografia  
Le nascite, dice il rapporto, stanno lentamente calando. Nel 2012, i nati della popolazione residente sono poco più di 534 mila (547 mila del 2011 e 562 mila del 2010). Più di un bambino su quattro (28,3%) è nato fuori del matrimonio, quasi il triplo rispetto al 2000 (10,2%). E’ in continuo aumento la quota di bambini nati da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero (dal 13% del 2005 a quasi il 20% del 2011) e quella di nati da genitori stranieri (dal 9,4 del 2005 al 14,5% del 2011). Il numero medio di figli per donna risulta in lieve aumento per le donne italiane (fra il 2005 e il 2011 è passato da 1,2 a 1,4 figli) mentre è in calo per le straniere (da 2,4 figli a testa nel 2005 a 2).  
Continua ad aumentare l’aspettativa di vita della popolazione italiana, che nel 2011 si attesta a 79,4 anni per gli uomini e a 84,5 per le donne (stessi valori registrati per il 2010), con un guadagno rispettivamente di circa nove e sette anni in confronto a trent’anni prima. Il trend è crescente anche per le persone in età avanzata: un uomo di 65 anni può aspettarsi di vivere altri 18,4 anni e una donna altri 21,9 anni, un ottantenne altri 8,3 e una ottantenne 10,1 anni. A livello territoriale, l’area del Paese più longeva è quella del Centro nord.  
I bassi livelli di fecondità, congiuntamente al notevole aumento della sopravvivenza, rendono l’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo. Al 1° gennaio 2012 si registrano 148,6 persone over 65 ogni 100 giovani under 14, a metà degli anni Novanta se ne contavano 112. E’ un trend destinato a crescere, secondo le previsioni, nel 2050 ci saranno 263 anziani ogni 100 giovani.  
Cresce contestualmente anche l’indice di dipendenza, misurato dal rapporto percentuale fra la popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 e più) e quella in età attiva (15-64 anni), che passa dal 45,5% del 1995 al 53,5 del 2011. Nel 2050 si prevede che sarà pari a 84. 

Il lavoro  
Nel 2012 gli occupati sono 22 milioni 899 mila, 69 mila in meno rispetto alla media del 2011. Il tasso di occupazione della popolazione 20-64 è pressoché stabile da qualche anno (61% nel 2012, 61,2% nel 2011), ma è sceso di due punti percentuali dal 2008. Il calo più vistoso è quello registrato dal tasso di occupazione per la classe di età 15-24, che dal 2008 ha perso 5,8 punti percentuali, passando dal 24,4 al 18,6%. Gli occupati a tempo determinato sono 2 milioni 375mila, il 13,8% dei lavoratori dipendenti. Si tratta in gran parte di giovani e donne. Gli occupati part-time sono invece 3 milioni 906 mila, il 17,1% dell’occupazione complessiva. In quest’ultimo caso prevale nettamente la componente femminile.  
I disoccupati sono 2 milioni 744 mila, 636 mila in più rispetto al 2011. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,7%, con un incremento di 2,3 punti percentuali rispetto al 2011 (4 punti percentuali in più rispetto al 2008). Il tasso di disoccupazione giovanile supera il 35%, con un balzo in avanti rispetto al 2011 di oltre 6 punti percentuali (14 punti dal 2008).  
Il tasso di disoccupazione della popolazione straniera si attesta nel 2012 al 14,1% (+2 punti percentuali rispetto al 2011). I valori più alti si registrano al Nord dove il tasso raggiunge il 14,4% (16,3% per la componente femminile).  

I salari  
Sempre nel 2012, la retribuzione mensile netta è di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 euro per gli stranieri. In media, la retribuzione degli uomini italiani è più elevata (1.432 euro) di quella corrisposta alle connazionali (1.146 euro). Il divario retributivo di genere è più accentuato per la popolazione straniera, con gli uomini che percepiscono in media 1.120 euro e le donne soltanto 793. Rispetto al 2011, il salario netto mensile è rimasto quasi stabile per gli italiani (4 euro in più) mentre risulta in calo di 18 euro per gli stranieri, il valore più basso dal 2008. I lavoratori sovra istruiti (cioè in possesso di un titolo di studio più elevato rispetto a quello prevalentemente associato alla professione svolta) sono il 19% circa dei lavoratori italiani mentre la quota supera il 40% fra i lavoratori stranieri e raggiunge il 49% fra le occupate straniere. 

La scuola  
Negli ultimi anni, prosegue il rapporto, si è ridotta la capacità dell’università di attrarre giovani. Il tasso di passaggio (ovvero il rapporto percentuale tra immatricolati all’università e diplomati di scuola secondaria superiore dell’anno scolastico precedente) è sceso al 58,2% nell’anno accademico 2011/2012 dal 73% del 2003/2004, anno di avvio della Riforma dei cicli accademici.  
Fra coloro che hanno conseguito una laurea nel 2007, nel 2011 risultano occupati quasi sette laureati di primo livello su dieci, otto su dieci in corsi di laurea specialistica/magistrale biennale, e sette su dieci con laurea a ciclo unico. Trovare un impiego dopo la laurea è più difficile per i laureati che vivono abitualmente nel Mezzogiorno e per le donne. Lo svantaggio si riscontra per tutte le tipologie di laurea.  
Crescono gli alunni con cittadinanza straniera.  
Tra l’anno scolastico 2006/2007 e quello 2011/2012 il tasso di partecipazione al sistema di istruzione e formazione passa da 93,9% a 99,3% mentre si riduce da 79,9 a 76,2 la percentuale di diplomati tra le persone di 19 anni.  
Nel 2012, sono il 37,8% i giovani 18-24enni che hanno conseguito al massimo la licenza media e non stanno seguendo alcun corso di formazione (25,8% nel Mezzogiorno). Fra questi, quasi uno su quattro sta cercando attivamente un lavoro mentre il 38,5% risulta inattivo (49,1% nel Mezzogiorno). Infine, nel 2012 hanno abbandonato gli studi 758 mila giovani tra i 18 e i 24 anni. Si tratta del 17,6% della popolazione di quella fascia di età (percentuale che sale al 41,3% se si considerano solo gli stranieri). Nei paesi dell’Europa a 15 questo valore non arriva al 14% e l’Italia fa meglio solo di Spagna (24,8%) e Portogallo (20,8%) 

La povertà  
Nel 2012, si trova in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia (+1,6 punti percentuali sul 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). Si tratta dei valori più alti dal 1997, anno di inizio della serie storica. La povertà assoluta colpisce invece il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). Nel corso degli 5  
anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è relativamente povera e una su cinque lo è in senso assoluto. Le famiglie con tre o più minori risultano relativamente povere nel 17,1% dei casi, con un balzo in avanti di circa 6 punti percentuali solo tra il 2011 e il 2012. Un minore ogni cinque vive in una famiglia in condizione di povertà relativa e uno ogni dieci in una famiglia in condizione di povertà assoluta, quest’ultimo valore è più che raddoppiato dal 2005. Nel 2012 l’indicatore sintetico “Europa 2020”, che considera le persone a rischio di povertà o esclusione sociale, ha quasi raggiunto in Italia il 30%, soglia superata, tra i paesi dell’Europa a 15, solo dalla Grecia. 

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...