venerdì 28 novembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Ilaria Alpi aveva scoperto che l’Italia stava organizzando una Gestapo somala
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ilaria alpi-Redazione- Il giornalista Maurizio Torrealta incontra il sultano di Bosaso  a Gibuti il 19 ottobre del 1994, esattamente sette mesi dopo l’agguato di Mogadiscio. Torrealta, nel consegnare la cassetta in Procura, segnala al magistrato che “prima dell’intervista il sultano si mostrò preoccupato per la sua incolumità se avesse parlato”.
 Ma decise comunque di rilasciare l’intervista. “Poi – è il racconto di Torrealta – mi confermò che queste navi facevano questi traffici (lo aveva saputo da gente che aveva lavorato lì), me li descrisse e io mandai in onda questo servizio”. In epoca successiva il sultano lamentò la parzialità di quanto trasmesso.
Ma perché il sultano era preoccupato per la sua incolumità?
Torrealta torna in Somalia un anno dopo. E riesce a intervistare il capo dei miliziani, Siad Abdullahi Johar, che nel 1994 avevano sequestrato la nave Faraax Omar (una nave regalata dalla Cooperazione italiana alla Somalia di cui si stava interessando Ilaria.
 Facendo alcune interviste, come dimostra l’unica cassetta rimasta in cui Ilaria Alpiparla di questo fatto, venne a sapere alcune cose su questa nave. La cassetta ha un’interruzione. Ilaria fa delle domande e la registrazione si interrompe, poi ricomincia appena terminata la risposta. Era evidente che aveva fatto delle domande su qualcosa che trasportava quella nave). 
Alla domanda di Torrealta su cosa abbia appreso parlando con il capitano della nave sequestrata, il capo dei miliziani risponde di aver saputo che “il Sisde o qualcosa del genere, che svolgeva operazioni di intelligence insieme all’ex ministro delle finanze somalo, trafficava in armi”.
 Il capo dei miliziani disse anche di aver saputo del tentativo di Ilaria Alpidi apprendere notizie sulla nave sequestrata e che i due giornalisti erano stati uccisi perché non si sapesse la realtà”: il traffico di armi portate in Somalia da un gruppo italiano. I magistrati della Procura di Roma riuscirono a risalire alla fonte del capo dei miliziani, il capitano Nazzareno Farnesi, che fu sentito anche in Commissione d’inchiesta, ma che ha negato di aver riferito quei particolari al capo dei miliziani somali.
Ma i servizi segreti italiani erano davvero coinvolti nel traffico di armi?
Dagli atti desecretati di recente dal governo italiano emerge un dato inedito: in un appunto del Sismi inviato al ministro della Difesa italiano dal generale Cesare Pucci, all’epoca direttore del servizio segreto militare, c’è la conferma dell’esistenza di un “programma di ricostruzione della polizia somala”.
L’Italia aveva in mente di preparare, organizzare e addestrare la polizia somala. Oggi è facile ipotizzare che tra gli accordi ci sia stato anche quello di doverla armare.  Erano queste le informazioni di cui era in possesso il sultano? Ilaria era sulle tracce delle armi da fornire alla “gestapo somala”?
E la commissione parlamentare presieduta da Carlo Taormina questi documenti li aveva ricevuti tutti.

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