ROMA - "Io mi sono stancato di trattare. Di farlo con tutti. Così diventa una palude". Ci può essere già una prima vittima, al momento invisibile e non dichiarata ufficialmente, di questo terremoto elettorale che ha avuto il suo epicentro in Emilia Romagna.

È il patto del Nazareno. L'accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sulle riforme. Sull'Italicum e sull'abolizione del Senato. Nessuno lo dice apertamente, ma le sue fondamenta rischiano di sbriciolarsi. La sostanziale implosione di Forza Italia sta infatti mettendo all'angolo la sostanza e la tempistica di quell'accordo.

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La disaffezione mostrata dalla tradizionale base del consenso Pd non aiuta certo a puntellare un edificio che già scricchiolava. Aprendo così uno scenario che in questa fase sembrava accantonato: le elezioni anticipate. Il premier lo ha capito e ha iniziato a adottare le precauzioni del caso.

Lo ha fatto nel volo che lo riportava da Vienna e poi dal suo studio a Palazzo Chigi. Inviando allo stato maggiore forzista una serie di messaggi piuttosto netti: "Avanti con voi o senza di voi. Di certo non accetto la palude". Ha parlato con Denis Verdini e con Gianni Letta. Li ha quasi minacciati: "Noi andiamo avanti anche senza di voi, non stiamo dietro alle fobie di Brunetta. La riforma elettorale sta in piedi anche senza di voi".

Ma il punto è proprio questo. È che la potenziale palude non può più essere prosciugata dal Cavaliere. Forza Italia ha più che dimezzato i voti in Emilia Romagna e anche in Calabria. Soprattutto nella regione rossa è stata doppiata dalla Lega di Salvini.