Salvini, la nuova Lega e tutto ciò che vorrebbe che noi non ricordassimo
Salvini sogna da premier. E nel frattempo cerca di far dimenticare il padano del tempo che fu. Dai cori contro i napoletani al caso Belsito
Dimenticate la “favola” della Padania, il mantra della secessione e le offese del Senatùr Umberto Bossi al tricolore e ai “terroni“. Scordatevi i riti con le ampolle e l’acqua del Po. Archiviate la Lega degli slogan, quelli storici alla “Roma Ladrona” e quelli più recenti, in stile “Prima il Nord”. Anzi, togliete lo stesso aggettivo, “Nord“. Nel nuovo Carroccio targato Matteo Salvini, quello dell‘Opa sul centrodestra, non c’è spazio per le vecchie “faide italiche”. È la realpolitik, bellezza. Ora c’è un segretario federale con le ambizioni da premier. E un partito che non ha più confini territoriali.
L’idea della Lega dei Popoli? Buona quando serviva raggranellare qualche voto, per rilanciare un partito tramortito dalla gestione della “family” Bossi, terminata tra gli scandali. No, per Salvini non basta “più difendere i confini”. Ora è tempo del “listone” nazionale, con tanto di cognome del leader in vista. Novello “Cesare”, punta a superare il Rubicone, in direzione Meridione. Lo stesso che un tempo per i leghisti “sprecava i soldi” dei padani e che ora diventa terreno di conquista. O meglio, un potenziale elettorale che può permettere a Salvini di “sognare” una poltrona impensabile soltanto fino a pochi mesi fa. Quella di Palazzo Chigi. In alternativa, c’è sempre la possibilità di sfilare a Pisapia quella di sindaco di Milano, in base anche a tempi e contingenze.
LEGA NORD, LA GIRAVOLTA DI SALVINI E IL NUOVO CORSO LEGHISTA – Fin dal suo insediamento, Salvini ha portato avanti un “repulisti” dell’immagine del vecchio Carroccio. Basta vecchie logiche, basta con la semplice identità da salvaguardare. E basta rincorrere il Cav, ormai tramontato come “padre padrone” del centrodestra. Mentre Berlusconi non riesce più a controllare nemmeno Forza Italia, aggrappato al Nazareno e costretto a difendersi dai frondisti di Fitto, i rapporti di forza si sono capovolti. E le Regionali in Emilia Romagna lo hanno dimostrato. C’era chi paventava il “sorpasso”, considerato quasi scontato dalle parti di Arcore. Per Berlusconi è finita anche peggio. Nelle urne emiliane Forza Italia è stata “asfaltata” dagli (ex?) alleati: 19,4% contro 8,4%, 233mila voti contro appena 100mila, otto consiglieri eletti contro due. Numeri impietosi. Non è un caso che anche il Cav sia stato costretto a mediare. Spingendosi fino ad “aprire” allo scenario di una leadership salviniana del centrodestra, pur di evitare di venire travolto dall’avanzata del partito di via Bellerio. Con tanto di metafore: lui “regista” – magari padre politico e “nobile” – dietro il “bomber” Salvini. In realtà, è ancora un gioco di tattica quello dell’ex premier, di frasi dette e non dette. Di ambiguità e di (ri)posizionamenti continui.
LA “VIA” DI SALVINI AL POTERE – Salvini per ora incassa e guarda avanti. Più che a Berlusconi, è chiaro, è interessato all’elettorato di Forza Italia. Una parte l’ha già erosa, adesso punta a quel che resta. Furbo, attento alla propria immagine e alla comunicazione, il segretario leghista ha invaso i teleschermi. In realtà, per la precisione, è stato capace di dominarli, come riflette Enrico Fierro sul Fatto Quotidiano, costringendoli quasi a rincorrerlo. Così come sui social network, con post in grado di collezionare migliaia di like e condivisioni. I risultati sono arrivati. Come? È “bastato” cambiare linguaggio e posizionamento, lì dove Salvini ha “fiutato” ci fosse uno spazio politico. Lui che da giovane era “comunista padano”, non ha avuto scrupoli ad abbracciare i temi propri del lepenismo del Front National francese e dell’estrema destra europea. In tempi di crisi dell’euro, austerity e battaglie tra poveri, Salvini ha rilanciato gli slogan antiimmigrati, issato la “bandiera” della sovranità monetaria e delle campagne antieuro, alimentato le divisioni tra poveri e poverissimi, si è trasformato nel difensore della “famiglia tradizionale”. Se l’estrema destra alla Casapound in Italia raccoglie numeri da “prefisso telefonico”, Salvini è riuscito a catalizzare consensi. Tutto in chiave antieuropea, contro quell’Unione «serva delle banche, della finanza, dei poteri forti è serva anche dei mass media che dipingono la Russia come “brutta e cattiva” a prescindere. E non è un caso che la sua Lega punti verso Mosca e all’asse con Vladimir Putin. La “Lega Est”, scriveva il Giornale, con inediti contatti anche con Corea del Nord e Cina.
DA “PRIMA IL NORD” A “PRIMA GLI ITALIANI”. MA IL PASSATO NON SI CANCELLA – Si, perché Salvini è l’uomo della giravolta. Ma anche del tentativo di nascondere un passato che in realtà non può essere cancellato, ma solo nascosto. Se la formula “Prima il Nord” è stata archiviata in favore di quella “Prima gli italiani” e Salvini punta a conquistare il voto del Sud, c’è chi non dimentica i cori lanciati in passato contro i napoletani. Bastano pochi clic in rete per ritrovare il filmato che mostra quando, nel luglio 2009, l’allora deputato alla Camera dal prato di Pontida intonava con un bicchiere di birra in mano canti del tenore “Senti che puzza, scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani…”. Lui si è già difeso: «Ho chiesto scusa cento volte per quei cori». Ma nel suo tour al Sud per le Europee qualcuno non sembra averlo dimenticato, come dimostrano i fischi di Lamezia Terme e le contestazioni a Napoli.
TRA GAFFE E ASSENZE – Certo, non è stata l’unica gaffe del segretario aspirante premier. Dalle speculazioni sulla paura dell’ebola in chiave antiimmigrati, all’antica provocazione xenofoba delle “carrozze metro solo per i milanesi“, passando per la più recente sessista contro la ministra Madia: “Come può fare la ministro se presto dovrà fare la mamma”?”, forse retaggio del “celodurismo” dei primi tempi.
E chi dimentica le assenze collezionate tra Strasburgo e Bruxelles, come europarlamentare (per una carica ovviamente ben retribuita, ndr)? Basta ricordare l’attacco del socialista belga Marc Tarabella, che lo apostrofò come un “fannullone” durante una seduta d’aula: «È una vergogna sentirla. Per un anno e mezzo abbiamo lavorato con gli altri correlatori, ma lei non l’abbiamo mai vista», si lamentò Tarabella, relatore della Direttiva sugli appalti pubblici.
Videocredit: Repubblica.it.
Nella passata legislatura Salvini in cinque anni ha partecipato al 76, 91% dei voti per appello nominale. Tanto da piazzarsi soltanto al 625° posto nella classifica virtuale. Soltanto un rapporto redatto, sulla modernizzazione delle dogane. Unico anche il parere offerto, in tema di protezione dei dati personali. Una tendenza all’assenteismo confermata anche a inizio legislatura.
DIMENTICATE LE RAMAZZE – Ma se c’è qualcosa che gli elettori leghisti (e non solo) si dovranno abituare a dimenticare sono le promesse sulla “pulizia” interna, dopo gli scandali e l’ombra dell’ex tesoriere Francesco Belsito, sotto accusa per aver trasformato i fondi dei rimborsi elettorali della Lega in investimenti tra Cipro e Tanzania, così come in diamanti. Il motivo? Al di là delle vecchie dichiarazioni e delle ramazze con il Sole delle Alpi, Salvini non sembra più interessato. Tanto da aver dato mandato agli avvocati che rappresentano il Carroccio di revocare la costituzione di parte civile nel processo che vede imputato il suo vecchio tesoriere. Con motivi che lasciano a dir poco perplessi: “Sono cose che fanno parte del passato”, ha tagliato corto Salvini. Per poi aggiungere: a Salvini non va di “intasare i tribunali” e di «perdere tempo e neppure soldi, oltretutto per cercare di recuperare soldi che certa gente non ha». Ora c’è un’altra partita da giocare, un centrodestra da conquistare. Per Salvini meglio l’oblio.
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