La tragedia dell’Italia è la sua putrefazione morale, l’indifferenza, la sua sistematica vigliaccheria
Posted by Paolo Sylos Labini / In Antologia /
Provo una gran pena per noi tutti e una nausea indescrivibile. Allora si deve concludere che è sempre valida l’affermazione che fece tanto tempo fa Piero Calamandrei: «La tragedia dell’Italia è la sua putrefazione morale, l’indifferenza, la sua sistematica vigliaccheri». Calamandrei espresse questo terribile giudizio subito dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale: era angosciato e la sua invettiva implicava anche l’impegno a fare di tutto per cambiare le cose.
Dopo la guerra divenne membro molto autorevole dell’Assemblea costituente – è uno dei padri della nostra bella Costituzione, con la sua opera di giurista e poi col «Ponte» sperava di contribuire a cambiare profondamente la politica e la società. Il cambiamento è stato avviato, ma ad un certo punto è stato interrotto con l’avvento al potere prima di Craxi e poi di Berlusconi, e oggi stiamo peggio di prima. Dobbiamo rimettere in moto il cambiamento con l’obiettivo di far decadere il terribile giudizio di Piero Calamandrei. Ci vorrà molto tempo e occorreranno grandi sforzi, ma l’obiettivo deve essere tenacemente perseguito se vogliamo recuperare l’autostima collettiva, ossia quello che viene chiamato amor di patria e che oggi è in coma.
Per tirarci su il morale ricordiamoci che un giudizio simile a quello espresso da Calamandrei per l’Italia valeva per l’Inghilterra del Settecento. Verso la fine di quel secolo l’ambasciatore della Serenissima poteva scrivere al Doge un rapporto che si concludeva così (è un’affermazione che fa sorridere, perché oggi le cose stanno in termini opposti): «In breve, questo è un paese in cui la cucina è ottima e la società civile è pessima». Nel corso del tempo le cose in Inghilterra sono radicalmente cambiate: perché ciò non può accadere in Italia? Dipende da noi: la nostra storia rende un tale cambiamento assai difficile, ma nessun Dna lo rende impossibile.
Chi cita l’affermazione di Piero Calamandrei è proprio un inglese, David Lane, non esattamente un comunista: da ragazzo era iscritto ai Giovani Conservatori e poi per un periodo è stato ufficiale della Marina britannica. È uno dei giornalisti che ha lavorato al dossier su Berlusconi pubblicato dal suo giornale, l’«Economist», e documentato nei minimi particolari. Il libro, edito da poco in inglese e che fra breve uscirà in italiano, riguarda le gesta del Cavaliere. Ampi stralci del dossier dell’«Economist» furono riprodotti da alcuni giornali italiani: ma le notizie, sconvolgenti, riportate in quell’indagine non dettero uno scossone agli intellettuali e ai politici, di destra e di sinistra, come sarebbe accaduto in un paese veramente civile.
Berlusconi reagì sostenendo che l’«Economist» – la più antica e prestigiosa rivista del mondo, di tendenza liberaldemocratica – era una testata criptocomunista e che l’autore era stato influenzato da intellettuali italiani di estrema sinistra; alcuni dei difensori di Berlusconi affermarono che l’autore era animato da odio o da disprezzo per l’Italia. So che David Lane ha una moglie italiana. A Berlusconi e ai suoi difensori non viene neppure in mente che le critiche più spietate possono essere dettate – come nel caso di «The Economist», 28 aprile 2001. Il volume, con il titolo L’ombra del potere, è stato pubblicato da Laterza nel marzo 2005.
Il presidente del Consiglio Berlusconi si è rivolto al giudice civile. Il giudizio è attualmente pendente. Calamandrei che proprio per questo motivo David Lane cita alla fine del suo libro – non da disprezzo o da odio ma, al contrario, da amore e quindi dalla speranza che quelle critiche possano contribuire a un cambiamento. L’amico inglese ha scritto il libro non solo per informare i suoi concittadini sul piano politico ma anche per aiutare coloro che, in Italia, non sono in vendita né per soldi né per ambizioni personali, e che soffrono le pene dell’inferno nella loro difficilissima lotta.
Il «grande comunicatore» ha avuto successo solo grazie alle televisioni, ma oramai sono in rapida flessione coloro che gli danno retta. Resta l’uomo, che opera al livello dei «piani alti» ed è assai più pericoloso. Se l’opposizione non si unisce e non fa il suo dovere sappiamo cosa accadrà: astensionismo e finis Italiae.
1 commento:
I grandi uomini in Italia muoiono sempre soli.
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