Il piano di guerriglia del Pdl sulla giustizia: bavaglio, carcere per chi impedisce le manifestazioni, servizi segreti e prefetti
Pubblicato: 15/05/2013 16:58 CEST | Aggiornato: 15/05/2013 17:23 CEST
Una nuova legge bavaglio, sulle intercettazioni. Una proposta per punire col carcere, in modo esemplare, chi impedisce il sereno svolgimento delle manifestazioni politiche, come accaduto a Brescia. E un’offensiva sul Copasir, e più in generale sul “controllo” dei servizi. Eccolo, il piano di guerriglia berlusconiano. Che rischia di lacerare la fragile maggioranza che regge il fragile governo.
Un’operazione benedetta da Silvio Berlusconi, descritto come in preda a una rabbia fredda. E che rappresenta la prima reazione a quello che a palazzo Grazioli viene chiamato “l’assedio finale” delle procure. Sul Capo, ma anche sui suoi fedelissimi. Come Denis Verdini. Non è un caso che il Enrico Costa abbia depositato una nuova legge bavaglio - di fatto un “copia incolla” del ddl Alfano della scorsa legislatura – martedì scorso. Quando i ben informati già sapevano quello che alla giunta per le autorizzazioni della Camera sarebbe arrivata una richiesta per l’autorizzazione all’ascolto delle conversazioni telefoniche sull’inchiesta P3 di Denis Verdini, Nicola Cosentino, Marcello Dell’Utri. Su di loro - Cosentino è già in galera - pesa un’accusa grave: “associazione segreta finalizzata a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali”, oltre alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete.
È su questo sfondo che Berlusconi, come un generale che prepara la guerra, decide di ammassare le truppe al fronte per mettere sotto pressione maggioranza e governo. Con una raffica di iniziative legislative. Che prendono di mira obiettivi sensibili. E se il “bavaglio” è un segnale simbolico per la magistratura, dal momento che non passerà mai visti i numeri di questo Parlamento, l’altra offensiva riguarda gli apparati dello Stato. C’è un motivo se il Pdl prima ha alzato il tiro contro il presidente della Camera Laura Boldrini sui fatti di Brescia. E ora si appresta a depositare una legge bandiera, sulla disciplina delle manifestazioni politiche: il partito di Berlusconi, che è andato in piazza contro la magistratura anche col ministro dell’Interno, vuole una legge che punisca col carcere chi impedisce il corretto svolgimento delle manifestazioni politiche. Il motivo è semplice, e c’entra poco con l’ordine pubblico: dietro l’attacco al partito di Vendola, indicato come responsabile dei disordini, c’è l’obiettivo del Copasir. Perché Berlusconi non vuole che la commissione che regola i servizi vada in mano alla sinistra.
Si spiega così, per dirne un’altra, il killeraggio mediatico del Giornale verso Claudio Fava, che in quanto figlio di uno ammazzato dalla mafia per l’house organ del premier non ha il curriculum adatto a una commissione su cui aveva messo gli occhi Fabrizio Cicchitto. Ed è proprio l’ex capogruppo del Pdl che ha spiegato ai suoi che se non dovesse riuscire l’operazione di veto su Sel, ci sarebbe un modo per sterilizzare il Copasir: basta che un membro della commissione violi il segreto di Stato cui ciascun esponente della commissione è vincolato affinché i servizi segreti non mandino più relazioni al Copasir. Insomma, basta che ci sia un grillino inesperto e ciarliero, e il gioco è in parte fatto. In parte, però. Perché serve un’altra casella. E qui prende corpo il secondo livello dell’attenzione spasmodica agli apparati dello Stato di Berlusconi, nella fase finale della sua guerra ai giudici che passa, anche, e molto per il Viminale. Alfano sta giocando in modo tutt’altro che concorde con Enrico Letta su due nomine chiave. E cioè il capo della polizia, ruolo per cui Letta vorrebbe l’attuale capo della Protezione civile Franco Gabrielli, mal visto dal Pdl. Ma soprattutto, e questo è il secondo livello della guerriglia attorno al Copasir, il sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi. E qui si sta consumando un braccio di ferro non banale. Con Letta che vorrebbe Marco Minniti, e Alfano la riconferma di Gianni De Gennaro. E proprio attorno a Gianni De Gennaro il segretario-ministro sta cucendo un’alleanza larga con Casini e Monti.
Proprio il Viminale è chiamato da Berlusconi a svolgere un ruolo chiave in questa fase. I dossier sono stati già individuati. Con un prefetto alla Giustizia, vero schiaffo ai giudici, ad Alfano il compito di monitorare tutti gli apparati che fanno capo all’Interno e che con la giustizia collaborano. Perché Alfano può fare, e molto, per indebolire la magistratura, lavorando ai fianchi. È già stata sollevata l’attenzione sul tema prefetti in scadenza. In particolare quelli delle zone più critiche sul profilo della legalità, in particolare il Sud. Al Viminale, del resto, tutti ricordano che il veto del Pdl sulla Cancellieri è stato posto dal Pdl perché aveva sciolto in Calabria comuni ad alta infiltrazione mafiosa. È questa, la guerriglia di Berlusconi per indebolire i canali della legalità.