venerdì 17 maggio 2013

Ecco come facevano i grillini a farci credere che eravamo tutti grillini.


Parla Michele Di Salvo, esperto di comunicazione

Su Twitter politici e giornalisti si gonfiano i numeri

Utenti falsi o inattivi: uno studio analizza i numeri di Grillo, Renzi e Alfano (e dei giornalisti)
L’account Twitter di Beppe Grillo
«La patologia non sta nell‘uso dei fake, ma nel fatto che i politici vogliano avere molti follower per aumentare la percezione del consenso intorno a loro». Michele Di Salvo è esperto di comunicazione, scrittore e collaboratore de L‘Unità, per cui ha realizzato un‘inchiesta, con annessa classifica, sull‘universo gonfiato dei politici twitteri. Dall‘indagine emerge un quadro curioso dei leader italiani, che giocano a fare le twitstar attingendo a serbatoi di follower falsi o inattivi. La classifica è un trionfo di trasversalità: annovera i massimi esponenti di Pd, Pdl, Scelta Civica, Sel e Udc. Al primo posto però, domina Beppe Grillo.
Il comico genovese è un megafono social con oltre 1.200.000 follower, dei quali solo 171.000 risultano attivi, mentre il 53% è fake, cioè falso. In seconda posizione svetta la sua creatura, quel Movimento 5 Stelle che conta quasi 185.000 seguaci, di cui il 48% si rivela finto. Sul gradino più basso del podio spunta Di Pietro con un bottino che sfiora i 170.000 fan, 27.000 dei quali attivi. Seguono Matteo Renzi e i suoi 550.000 follower, anche se i troll fanno il 47% mentre gli inattivi ingrossano il 33% della sua fetta social.
Come ha svolto la ricerca?
Innanzitutto abbiamo preso l‘elenco delle twitstar politiche fornito da Twitter. A differenza di Status People, che è uno degli strumenti più diffusi per questo tipo di analisi, siamo andati più in profondità. Abbiamo sviluppato delle nostre applicazioni facendo un monitoraggio accurato per ogni account. Se un controllo a campione di un utente da 50.000 follower richiede un paio di minuti, noi abbiamo impiegato dalla mezz‘ora alle tre ore ciascuno.
Che ruolo giocano i fake?
Il problema è a monte, riguarda le strategie che i consulenti della comunicazione propongono ai politici e cosa si fa per raggiungere l'obiettivo. La patologia non sta nell‘uso dei fake, ma nella richiesta del politico che vuole avere molti follower per aumentare la percezione del consenso intorno a sè.
E gli inattivi?
Sono un limbo, nella categoria figurano quelli che non svolgono alcun tipo di attività da almeno tre mesi. Sono profili morti oppure borderline, per cui non potendoli certificare come fake, li consideriamo inattivi.
Vince Grillo con il 53% di falsi, al secondo posto il M5s e terzo Di Pietro. Che ne dice del podio?
Sono tutti e tre clienti della Casaleggio Associati. D‘altronde è una strategia che si estende anche a Roberta Lombardi, lei ha il 40% di fake tra i follower, idem Vito Crimi. Mentre Messora, che lavora per il M5s ma non è cliente di Casaleggio, ha solo il 18% di fake.
Partendo dall‘attività social, che quadro emerge dalla strategia web del Movimento?
È un‘attività unidirezionale, gli account di Grillo e M5s non rispondono mai. Insieme al blog, si limitano a passare il messaggio che «in un mondo in cui nessuno vi sta sentire, noi vi diamo l'illusione del web come spazio in cui essere protagonisti». Il Movimento ha scelto di importare una maniera particolarmente tossica e aggressiva di comunicare, con il rischio di arrivare a degenerazioni di sistema. Se aizzo i miei, chi mi garantisce che poi potrò mantenere il controllo di possibili schegge impazzite?
Comunque il vizio di account gonfiati e profili fake sembra ampiamente trasversale.
Se paragoniamo i dati dei vari Alfano, account Pdl, Brunetta e Carfagna si ottiene il tracciato di una certa strategia politica declinata al web. Cosa che non si può fare nel Pd: con Renzi hai un dato, con Scalfarotto ne hai un altro. Sono diversi modi di intendere la comunicazione.
Che conclusioni si possono trarre dall'indagine?
A tutti interessa che la gente interagisca e commenti, alimentando i flussi, ma se si mettesse una squadra di persone a replicare, la bolla si sgonfierebbe. Da noi Twitter e il web hanno la caratterizzazione dell'ufficio stampa, mentre già nella blogosfera inglese le cose cambiano. Poi rendiamoci conto che se il politico è disposto a comprarsi i follower, chissà cosa non sarà disposto ad acquistare! Comunque non dimentichiamoci che lo stesso fenomeno dei fake accade nel mondo dei giornalisti.
Si spieghi meglio.
Si ripropone la patologia, ma rispetto ai politici hanno una media del 10% in meno di utenti falsi tra i follower. Il concetto di fondo però, rimane lo stesso: dare all‘esterno una certa percezione di sè.


Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/numero-follower-twitter#ixzz2Ta07G8V5

1 commento:

Unknown ha detto...

Ecco come si spiegano le migliaia di iscritti ai meet up.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...