mercoledì 15 maggio 2013

Una bella riflessione sullo stesso tema. Basta posizioni di pancia.


La tragedia di Niguarda analizzata dal sociologo Magatti

13 - 05 - 2013Valeria Covato
Conversazione di Formiche.net con Mauro Magatti, professore di Sociologia all’Università Cattolica di Milano
Ci sono dei fatti di cronaca che terminato lo sdegno e lo smarrimento iniziale dovrebbero indurre ad una riflessione. Come ad esempio la tragica aggressione avvenuta nel quartiere Niguarda di Milano ad opera di Mada Kabobo, un giovane ghanese che sabato scorso ha seminato il panico per le strade uccidendo a picconate due uomini e ferendone altrettante. Gesto che secondo quanto ricostruito, prima di venir segnalato alle forze dell’ordine, circa un’ora dopo i primi segni di squilibrio, ha permesso al giovane di trasformarsi da minaccioso aggressore ad omicida.
Ma che cosa spinge l’individuo, impietrito certamente dalla paura, a restare inerte nei confronti di una persona che manifesta evidenti segni di alterazione?
Uno scarso senso civico
La paura è comprensibile – commenta Mauro Magatti, professore di Sociologia all’Università Cattolica di Milano, in una conversazione con Formiche.net –, ma il suo esito rafforza la convinzione circa uno scarso senso di appartenenza alla comunità insito nel nostro Paese che ci porta a metterci in salvo senza pensare al pericolo che potrebbero correre gli altri individui”.
Per Magatti c’è da fare una premessa: “Siamo di fronte ad uno dei tanti individui sospesi tra la legalità e l’illegalità a causa di troppe lungaggini del sistema politico italiano”.
La situazione drammatica, certamente condannabile, per il sociologo rappresenta l’altro lato della medaglia di una società che ha ancora tratti di inciviltà. “L’ordine pubblico non può essere relegato solamente alle forze dell’ordine”, afferma il professore della Cattolica il quale solleva altresì la necessità di ristimolare l’appartenenza comunitaria attraverso programmi che spingano questo atteggiamento.
Il grido d’allarme
Ma per Magatti non è solo un problema di ordine pubblico: “Se l’esito poteva non essere prevedibile, è evidente che nessuno dei testimoni ha colto lo stato di necessità di quell’individuo”, sottolinea il sociologo mettendo in risalto che in Italia sono in molte le persone che vivono il dramma di chi vuole farsi ascoltare, ma il cui grido lascia indifferenti in molti.
Il meccanismo del capro espiatorio
Facile scadere poi nel meccanismo del capro espiatorio per Magatti: “E’ evidente che il fatto che sia stato un individuo straniero a compiere l’insano gesto convogli sul semplice elemento del colore della pelle il malcontento di un Paese che sta attraversando un momento problematico sotto diversi aspetti”.
E anche in quest’ultimo caso si fatica a rimanere fuori dallo stereotipo “dell’uomo nero”: “È quello a cui stiamo assistendo sui mezzi di comunicazione, la cui opera di divulgazione distrugge invece di costruire ed è ancora più grave che sia anche la politica a speculare su questo”.
“Questo atteggiamento rischia di farci scendere un ulteriore gradino nella scala della convivenza civile”, conclude Magatti.

1 commento:

Unknown ha detto...

Basta strumentalizzazioni sulle disgrazie.

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