Ecco perché le “quirinarie” di Grillo sono un disastro tecnologico
La democrazia bisogna guadagnarsela ogni giorno. E non sembra il caso di Grillo e Casaleggio. Stati Uniti, Estonia, Cantoni svizzeri, Brasile, Australia: sono tanti i paesi che hanno provato a sperimentare il voto politico digitale, quasi sempre fallendo per via dei numeri circoscritti e della macchinosità dei controlli incrociati, più serrati di quelli dei trasferimenti bancari online. Ma la democrazia è importante, specie se digitale, e allora Grillo e Casaleggio invece lanciano le “quirinarie”, le votazioni online del candidato presidente della Repubblica. Gli attivisti identificati sul sito possono proporre dei nomi – basta essere iscritti sul blog da appena tre mesi. Lunedì prossimo voteranno tra i primi dieci più gettonati. Chi arriva primo sarà adottato dal M5s in Parlamento come candidato al Quirinale. Sistema rudimentale ma efficace per gli attivi del portale. Il numero degli iscritti è ignoto ma da ricostruzioni date dallo stesso staff di Grillo sono intorno alle 50 mila presenze. Ma a sorpresa, Casaleggio giovedì sera scopre che le “quirinarie” sono state “oggetto di un attacco hacker”. Pertanto si annullano tutte le proposte fatte e si riparte da capo. Ma come? Con solo 50 mila votanti? In rete esplode l’ironia: “Scusate, non avevamo rinnovato l’antivirus”, commenta David. O Misterdonnie, “gli attivisti grillini dovranno ripetere la scelta del candidato al Quirinale finché non la indovinano”.
“Il voto online per il presidente della Repubblica è prima di tutto una potente mossa di marketing”, dice Andrea Pernici della Gti-idea, fondatore di uno dei portali di web marketing più grande d’Italia, “Se si vuole adottare seriamente la democrazia digitale, ma non è questo il caso, ci vogliono una serie di forze che controllano il sistema. Anche da un’analisi superficiale ho notato che quello di Grillo è pieno di falle”. Infatti non è bastato un ente di certificazione esterno, la Dnv Business Assurance, a proteggere il sito da presunti attacchi alla piattaforma dimostratasi un po’ casereccia. Gli autori materiali dell’attacco hacker, poi, non sono stati resi noti. E non è la prima volta che il sito di Grillo crolla. E’ successo anche con le “parlamentarie”, l’elezione dei candidati deputati e senatori del M5s. E ricorda un altro esperto delle vicende di Grillo, il blogger Michele Di Salvo, che spiega: “Cosa è successo adesso? Nulla. Semplicemente un bug nella programmazione della piattaforma che rendeva possibile votare più volte. Evidentemente i sistemisti se ne sono accorti”, ironizza. E non per l’attacco di hacker super professionisti: “Se vuoi ‘buttare giù’ il sito di Grillo, ci riesci”, ci dice Alessandro Rodi, tra i creatori del progetto Airesis, un sistema deliberativo di massa che permette di prendere decisioni online. “Il sistema Grillo non è trasparente. Mi devo fidare dei loro dati e delle loro certificazioni. Ci sarebbero sistemi più sofisticati dove l’utente potrebbe votare liberamente, il voto non sarebbe individuato dal gestore (in questo caso Casaleggio, ndr) e tutti potrebbero controllare i risultati. Ma una certezza non c’è mai. Si può avere solo sui piccoli numeri di partecipanti”. “Nei sistemi online un malintenzionato può manipolare facilmente un gran numero di voti memorizzati”, ripete da anni l’esperto David Wagner dell’Università di Berkeley. E gli americani sono all’avanguardia, per questo hanno fatto delle prove, prima di iniziare con la democrazia online. Per esempio, nel 2010, il distretto di Columbia invitò gli hacker a manipolare l’esito delle votazioni (lo ricorda Wired in un esilarante racconto). Un hacker ci riuscì in 36 ore facendo eleggere come presidente di un consiglio scolastico un cartone animato di “Futurama”.
Altri paesi come il Brasile hanno adottato dal 1996 un sistema di votazione elettronica.Ancora più sofisticato è quello dell’Estonia, che somma a Internet un lettore di smart card e della carta ID. Il Cantone di Ginevra utilizza sistemi simili. Ma anche Filippine, Singapore e Corea del sud ci hanno provato, con risultati non sempre positivi. La motivazione che invece muove Grillo e Casaleggio sembra tutt’altro che legata al ruolo di democratizzazione di Internet. Fidelizzare con questa mossa di marketing gli attivisti più estremi e far credere alle persone comuni di poter decidere su grandi temi. Come teorizzava lo stesso Casaleggio nelle interviste rilasciate sulla democrazia diretta a cavallo del 2000. Ma anche di questa esperienza resterà solo una parola: “Quirinarie”. Prima c’erano la parlamentarie, i portavoce, il non-statuto, il non-partito, i cittadini al posto degli onorevoli, ecc… Una neolingua che si alimenta ogni giorno, e che ricorda in maniera grottesca quella immaginata da George Orwell in “1984”.
di Antonio Amorosi
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