Not in my name
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I musulmani italiani scendono in piazza sabato 21 novembre a Roma per dire no alla violenza e isolare gli estremisti. Dopo le stragi del venerdì 13 a Parigi (ma anche Beyrouth, Ankara..) molti hanno messo in dubbio l'esistenza di un Islam che invece è maggioritario e condanna ogni forma di violenza. Leggiamo di opinionisti e intellettuali che umiliano l'Islam di casa nostra, in stragrande maggioranza pacifico e oggi si trova a dire "not in my name" . Certo, per alcuni sarà l'occasione di uscire dall'ambiguità e dalla neutralità, altri perderanno alibi, ma la maggioranza potrà ribadire quello che era già chiaro e cioè che questo non è altro che terrorismo. Sarà anche il momento per dire ai giovani e adolescenti tentati dalla pulsione di morte del jihadismo che esiste un altro modo di dare la vita per i propri ideali.
Se non prenderemo sul serio questa affermazione di muslim pride continueremo a seminare il sospetto, dividere la cittadinanza, rimandare l'integrazione dei giovani e fare davvero il gioco degli estremisti. La legge sulla concessione della cittadinanza alle nuove generazioni, approvata recentemente alla Camera, voleva proprio affermare la necessità di più integrazione, non meno.
D'altronde non si può negare che quello che sta avvenendo con l'ascesa del Daesh ha uno stretto legame con le sciagurate guerre "occidentali" in Iraq e con la crisi siriana ormai marcita nell'impotenza generale, oltre che con il conflitto palestinese che ha ferito ormai tre generazioni. Questo non significa in nessun modo giustificare la violenza, ma mostrarne la genesi storica, sociale e politica.
Difficile non vedere che parlare di guerra in modo semplicistico non condurrebbe che a ripetere gli errori del passato. Mai come in questo momento la paura è cattiva consigliera. Chi deplora il "buonismo" europeo, chi torna a ripetere che l'Islam è essenzialmente e irrimediabilmente violento, chi deride il declino di una Ue che tollererebbe il nemico al suo interno non fa che riproporre schemi vecchi, che appunto non hanno saputo sciogliere il nodo mediorientale con le vere armi che abbiamo: la politica, la diplomazia, le pressioni economiche, l'integrazione, la formazione.
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