Il padre di Samy Amimour, uno degli attentatori al Bataclan, era andato in Siria per convincerlo a tornare a casa e lasciare Isis
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Mohamed ha 67 anni, è franco-algerino e abita nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, vicino a Parigi. La sua è una vita comune, per lavoro vende vestiti e vive con la moglie in una casa dove il figlio non è più tornato. Il nome di quel figlio, però, è sulla bocca di tutti in queste ore: è Samy Amimour, uno degli attentatori che lo scorso venerdì 13 hanno lasciato sul pavimento del Bataclan a Parigi i corpi di oltre 80 morti.
La storia di Mohamed era già nota alla cronaca. Nel dicembre 2014 il quotidiano francese Le Monde lo aveva intervistato dopo che, inutilmente, aveva compiuto il pericoloso viaggio fino alla Siria per cercare di riportare suo figlio in Francia. Perché suo figlio Samy, classe '87, aveva abbracciato l'ala estremista della fede islamica e aveva scelto di raggiungere le file dell'Isis come combattente, dopo un addestramento in Belgio. Il padre lo chiamava affettuosamente "Abou Missa", come il gatto di famiglia. Ora Samy ha un altro soprannome: "Abu Hajia", la guerra.
Dopo la partenza per la Siria, il figlio continuava a sentire la famiglia almeno una volta al mese su Skype ma non era intenzionato a tornare casa, nonostante i genitori lo pregassero di cambiare vita. Disperato, a giugno 2014 Mohamed decise di partire per parlargli di persona e convincerlo: non ne parlò con Samy fino a quando non fu arrivato alla frontiera turco-siriana. Lì, sotto un sole a 50 gradi, aspettò una settimana prima di essere caricato su un minibus assieme a donne, bambini, europei, russi, marocchini, e attraversare così un campo pieno di mine antiuomo diretto verso la base Isis di Minbej, 80 km a nord-est di Aleppo. Quelli intorno a lui si univano volontariamente alle file dell'Isis, o andavano a trovare al campo dei parenti stretti: "Vidi sventolare la bandiera nera dello Stato islamico - racconta Mohamed - i miei compagni di viaggio hanno applaudito, a me è stato detto "bravo, nonostante la tua età vieni a combattere!"".
Arrivati alla base, le famiglie si diressero verso gli appartamenti, gli uomini verso le caserme. Ma il figlio, ormai arruolato, non seppe riconoscere nel gesto del padre un tentativo disperato di salvargli la vita: "Io non volevo riportarlo a Parigi, dove sapevo che sarebbe stato incarcerato, ma aiutarlo a rifarsi una nuova vita altrove", eppure "il nostro incontro fu molto fu freddo - ricorda il padre - non fummo mai lasciati soli, non ci abbracciammo, non mi fece vedere dove abitava né mi disse se combatteva. Gli consegnai una lettera di sua madre, la lesse e non disse nulla". Samy non accettò di tornare a casa dai genitori. Due giorni dopo, Mohamed era sul minibus di ritorno a fianco di una donna francese dagli occhi verdi che, felice e con un neonato in braccio, raccontava di avere un marito che da lì a pochi giorni si sarebbe fatto saltare in aria.
Nessun controllo o poliziotto ferma Mohamed durante il suo viaggio, neppure al ritorno. All'epoca della scrittura dell'articolo la madre di Samy aveva intenzione di ritentare la sorte andando lei stessa in Siria, pregando di risultare più convincente. Ad oggi, quasi un anno dopo, possiamo dire con certezza che le cose non sono andate come lei sperava: il giovane francese si è fatto saltare in aria all'interno del Bataclan, a massacro avvenuto, azionando il detonatore che nascondeva sotto i vestiti. Il "micio" di un tempo si è trasformato in un uomo di guerra, la guerra che ormai risuona nelle parole del presidente francese.
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