Alessandro Di Battista ci ha spiegato ieri che il Governo italiano vende armi all'Arabia Saudita, di fatto aiutando l'ISIS. Le cose, stranamente, non stanno proprio così
In questi giorni Alessandro Di Battista ha dato prova che il MoVimento 5 Stelle non ha una posizione in politica estera. Di Battista si è trovato più volte in imbarazzo di fronte a domande su cosa farebbe se il M5S fosse al Governo e dovesse decidere come comportarsi nei confronti della minaccia terroristica dell’ISIS. In fondo poco più di un anno fa Di Battista era quello che diceva di capire i terroristi dell’ISIS e spiegava che «il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore».
Ti faccio vedere come ti risolvo il conflitto israelo-palestinese
Ma cosa farebbe Di Battista se fosse in Consiglio dei Ministri per stabilire la linea della politica estera dell’Italia nella regione? Lucia Annunziata gliel’aveva chiesto qualche giorno fa a Ballarò, Di Battista aveva balbettato qualcosa riguardo il disgelo con l’Iran e la necessità di trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese (non si sa in che modo, ovviamente). Insomma il Dibba ha semplicemente spostato il discorso, pensando probabilmente che con un decreto della Presidenza del Consiglio si possa risolvere la situazione in Palestina e automaticamente portare la pace nel vicino oriente. L’Unità commentava la performance del membro del Direttorio dicendo che il MoVimento è arroccato in una posizione di “guerra alla guerra”, condotta però non si sa in quale modo e con quali mezzi (politici, militari, diplomatici, umanitari, whatever).
Nel frattempo Beppe Grillo ha tirato fuori una nuova storia, quella dell’Italia che vende armi all’Arabia Saudita, armi che poi finiscono nelle mani dei terroristi dell’ISIS e che quindi vengono usate contro di noi. Ecco quindi che ieri a Corriere Live Di Battista corregge un po’ il tiro spiegandoci che il Governo italiano sta vendendo delle armi all’Arabia Saudita facendo riferimento però al trasferimento di un carico di bombe vendute da un’azienda privata, la RWM Italia S.p.a. (per altro di proprietà tedesca) e non da Renzi e dal suo Governo. Ieri il Presidente del Consiglio ha smentito che il Governo abbia venduto armi ai sauditi e il Ministro Pinotti ha spiegato che quella vendita è avvenuta nel rispetto della legge.
A questo punto Di Battista compie un incredibile cambio di rotta rispetto all’anno scorso dicendo che «Non si può trattare con i tagliagole: la fermezza non significa pero’ le bombe» per poi tornare a battere sullo stesso tasto già suonato a Ballarò «Occorre iniziare a dialogare con determinati paesi. Lo sta facendo Obama, ad esempio… occorre scongelare alcuni rapporti. Ad esempio con l’Iran». Per i 5 Stelle infatti l’Arabia Saudita è un paese dove molti diritti umani vengono negati, mentre l’Iran – stando alle notizie che arrivavano un tempo direttamente dal suocero iraniano di Grillo – non lo è. L’esperto di politica estera ci spiega che il terrorismo dell’ISIS si insinua in una guerra tra sciiti e sunniti e che l’Italia in questa guerra «vendendo armi prima all’uno e poi all’altro e poi volendo intervenire per cambiare gli esiti delle guerre a nostro favore. Come si può dire che l’Italia combatte il terrorismo se poi aiuta i Paesi che aiutano il terrorismo, come l’Arabia Saudita?». Giusto, allora continuiamo a insinuarci nel conflitto aiutando l’Iran, che sono sciiti. Un’idea davvero geniale. Ma davvero l’italia vende armi all’Arabia Saudita?
Chi vende le armi all’Arabia Saudita?
Come paese naturalmente no, ci sono alcune aziende che però forniscono armamenti al Governo Saudita. Le aziende italiane non sono però l’unico paese a farlo, se guardiamo i dati pubblicati da Amnesty International appare evidente come dall’Italia il paese del Golfo importi principalmente munizioni e non altri armamenti, i cinque principali fornitori di armi convenzionali dell’Arabia Saudita sono stati Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Spagna e Germania. E nell’ultimo anno i sauditi hanno fatto parecchio shopping in giro per il mondo, anche a causa del loro intervento in Yemen, di recente hanno appena concluso un accordo da 1,29 miliardi di dollari per una fornitura di bombe “intelligenti” made in USA. E sono proprio gli Stati Uniti a godere di un rapporto speciale con il regno saudita, un rapporto che lega Washington e Riad da 70 anni basato su interessi strategici comuni e sulla volontà di fare affari assieme, petrolio in cambio di armi. Ma non solo, i due paesi sono legati anche dalla lotta al terrorismo e, piaccia o meno, l’Arabia Saudita è il principale alleato dell’America nella regione. Il problema è che i sauditi più che dare armi all’ISIS hanno più interesse a fermare quella che vedono come l’espansione iraniana nella loro area d’influenza, in particolare in Siria e in Yemen. E dopo il disgelo promosso da Obama con l’Iran, che tanto piace a Di Battista, la vendita di armamenti americani ai paesi del Golfo è aumentata, invece che diminuire come ci si sarebbe potuti aspettare. Questo proprio perché, in parte, i paesi del Golfo temono quello che può succedere in Iran dopo l’accordo sul nucleare. Qualche tempo fa avevano iniziato a circolare anche notizie di un interessamento da parte dell’Arabia Saudita nell’acquisto di sistemi d’arma di produzione russa, un accordo commerciale che da molti è definito improbabile il cui annuncio ha il solo scopo di influenzare l’atteggiamento di Mosca nel vicino oriente, in particolare il sostegno dei russi ad Assad e il tentativo di persuadere la Russia a non vendere armamenti all’Iran. In tutto questo Teheran, che vuole accreditarsi come Nazione leader del mondo islamico non sta certo a guardare e, seppure con volumi d’affari ridotti, è andata a fare la spesa di jet e altre armi a Mosca.
Ma quindi chi è che dà le armi all’ISIS?
Come detto l’Arabia Saudita non ha alcun interesse a combattere direttamente l’ISIS, perché per il momento il Califfato costituisce una minaccia al regime di Assad. Ma l’ISIS non è l’unica forza che si oppone ad Assad e quindi per i sauditi qualsiasi risultato potrebbe teoricamente andare bene. Alcune fonti riportano che molto denaro del Golfo è diretto verso il fronte al-Nusra (ovvero Al Qaida in Siria) ma è probabile che si tratti di donazioni private perché non dobbiamo dimenticare che Riad non ha alcun interesse a far innervosire Washington finanziando apertamente l’ISIS. Non bisogna poi dimenticare che non è così chiaro il modo in cui l’ISIS si finanzi, anche se sembra che la maggior parte del denaro provenga da furti e estorsioni e non da finanziamenti stranieri. Se poi guardiamo al tipo di armamenti sfoggiati dagli uomini di Al Baghdadi ci si rende conto che difficilmente si può dire che usino armi italiane, la maggior parte dell’arsenale dell’ISIS sembra infatti sia stato “conquistato” e rubato dagli arsenali iracheni. Ovvero armamenti statunitensi lasciati all’esercito dell’Iraq dopo il ritiro delle forze armate USA. In questo report viene compiuta un’analisi sul tipo e la provenienza delle armi usate dall’ISIS durante la battaglia di Kobane, un piccolo esempio che può essere utilizzato per tentare di tracciare la provenienza delle armi. Dall’analisi emerge che l’ISIS utilizza armi di provenienza cinese, iraniana, russa, missili guidati anticarro di provenienza europea oppure armi catturate durante la campagna in Iraq. In particolare viene evidenziato che molte delle munizioni sono di produzione recente e sono state introdotte in Siria dopo l’inizio della guerra civile nel 2011. Sono state trovate munizioni di origine sudanese prodotte tra il 2012 e il 2014 e altre di fabbricazione iraniana prodotte nel 2006 (quindi importate in Siria in violazione dell’embargo vigente all’epoca). La situazione sul terreno, come si vede, non è così semplice come la racconta Di Battista.
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