Riforme, c’è il via libera del Senato
La triade Renzi-Boschi-Grasso ce l’ha fatta
La triade Renzi-Boschi-Grasso ce l’ha fatta. Le riforme costituzionali hanno ottenuto il primo via libera dal Senato. E lo hanno ottenuto l’8 agosto, come aveva stabilito la Conferenza dei capigruppo che, applicando la regola del canguro, ha permesso di limitare gli effetti dell’ostruzionismo delle opposizioni, che avevano presentato quasi ottomila emendamenti al ddl.
Soddisfatto il ministro Maria Elena Boschi, che in Aula al Senato ha detto: “Il lavoro che ci attende è ancora lungo e complesso, ma è un passaggio fondamentale, che ha comportato un lavoro impegnativo di quattro mesi”. L’entusiasmo del premier si esprime su Twitter:
Altissimo durante le sedute che hanno portato al voto il livello dello scontro tra le opposizioni, Movimento 5 Stelle in testa, e presidenza del Senato. Contestato soprattutto il metodo con cui è stata gestita la discussione sulle riforme costituzionali. Alla fine, tutte le opposizioni (Lega Nord, Sel, M5S e Grandi autonomie) hanno deciso di non partecipare alla votazione finale, così come i senatori dissidenti del Pd. I senatori grillini hanno addirittura deciso di abbandonare l’Aula. Un grave vulnus nell’esercizio della democrazia, con una riforma dell’ordinamento italiano che viene approvato sostanzialmente dalla metà dei partiti rappresentati in Senato.
Il voto favorevole dell’Aula di Palazzo Madama, comunque, è arrivato con 183 voti a favore, nessun contrario e quattro astenuti. Sono in tutto 16 i ‘dissidenti’ Pd sul ddl riforme. Secondo quanto emerso dai tabulati, 14 senatori Dem non hanno partecipato al voto finale, due gli astenuti. Diciannove, invece, i ‘frondisti’ FI che, secondo i tabulati, non hanno votato ai quali si aggiungono otto esponenti di Ncd e due del gruppo Per l’Italia.
Il testo passa adesso alla Camera dei deputati per la seconda lettura. Le leggi di riforma costituzionale devono essere approvate con quattro voti favorevoli sullo stesso identico testo, due del Senato e due della Camera dei deputati.
Ecco i punti caratterizzanti del nuovo Senato e del nuovo Titolo V della Costituzione.
- Il nuovo Senato sarà composto da cento senatori. Novantacinque sono consiglieri regionali, mentre cinque saranno scelti dal presidente della Repubblica.
- Tra le nuove funzioni del nuovo Senato, stabilisce la riforma voluta dal governo Renzi, non ci sarà quella di accordare la fiducia all’esecutivo. Un compito dunque che spetterà solo alla Camera dei deputati.
- Il Senato previsto nel ddl Boschi avrà il compito di votare le leggi regionali, alcuni provvedimenti di garanzia, il capo dello Stato (assieme alla Camera dei deputati) e alcuni giudici costituzionali.
- Gli emolumenti dei consiglieri regionali non potranno superare quelli del sindaco del capoluogo di regione, mentre vengono aboliti da subito tutti i contributi ai gruppi consiliari (norma anti-batman).
- La riforma costituzionale introduce il referendum propositivo e di indirizzo, anche se non subito: sarà necessaria una legge costituzionale (quindi con doppia lettura delle due camere) per precisarne condizioni ed effetti.
- Per i referendum abrogativi si introduce un doppio quorum: con 500.000 firme occorrerà la metà +1 degli aventi diritto per rendere valida la consultazione, mentre con 800.000 firme basterà poi la maggioranza dei votanti alle ultime Politiche.
- Per le leggi di iniziativa popolare saranno necessarie in futuro 150.000 firme. Si tratta del triplo di quelle che servono oggi, ma il Parlamento dovrà prevedere l’esame di queste leggi in tempi certi.
- Con la riforma voluta dal governo vengono cancellati il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e le Province. In futuro, quindi, grazie ddl Boschi non faranno più parte dell’ordinamento della Repubblica.