Matteo Renzi e la guerra col Tesoro: nel mirino i dirigenti con doppi e tripli incarichi nelle società di Stato
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“Bisogna avere il passo del maratoneta e non dello sprinter. Ma gli italiani ci chiedono di cambiare e noi cambieremo". Tradotto: sarà più lunga e più dura del previsto, ma non si molla. Matteo Renzi parla con i giornalisti dopo aver fatto la spesa di libri per l’estate in Feltrinelli, a due passi da Palazzo Chigi. E basta guardare tra i volumi acquistati, per capire quanto il premier abbia da studiare per risolvere il principale dei suoi problemi: conti pubblici e crescita. C’è ‘Lo stato innovatore’ di Mariana Mazzucato, professore in Economia dell’innovazione. C’è ‘Filosofia per la vita e altri momenti difficili’ del filosofo inglese Jules Evans, tanto per non perdere il filo con Telemaco, visto che il libro riscopre distillati di filosofia greca e romana utili nei tempi moderni. E c’è anche ‘Forza lavoro’ del segretario della Fiom Maurizio Landini. Renzi incrocia le dita alla vigilia della pubblicazione dei dati Istat sul pil per il secondo semestre, argomento affrontato nell’incontro con il ministro Pier Carlo Padoan a Palazzo Chigi, nel pomeriggio. “Ottimo clima”, specificano dal governo. In effetti la sfida del premier con il Tesoro, che ieri ha costretto il governo a fare marcia indietro sulle pensioni degli insegnanti e su altri punti dei decreti Pubblica amministrazione e Competitività, non guarda a Padoan. Nel mirino ci sono i tecnici del Mef che hanno doppi e tripli incarichi nelle controllate di stato.
“Il problema vero non sono le riforme costituzionali. Quelle si fanno, come si è visto in Senato. Il problema vero è attuare un altro tipo di politica economica. E lo si fa solo sostituendo le teste che comandano nei dipartimenti chiave del ministero del Tesoro”, spiega un parlamentare vicino al premier. La questione non è semplice da sciogliere. Richiede tempo. E anche tatto. Perché nel mirino di Renzi ci sono soprattutto quei dirigenti di prima fascia del Mef che ricoprono anche doppi e tripli incarichi nelle società controllate dallo stesso ministero o nei cda pubblici. E’ un problema atavico in Italia, il controllore che è componente delle strutture organizzative del controllato: una situazione al limite del conflitto di interessi che innesca ulteriori scintille nella guerra tra Renzi e la burocrazia della Ragioneria dello Stato. Una guerra che, per come la leggono i renziani, è esplosa ufficialmente quando il premier ha fatto sapere di voler istituire una sua cabina di regìa economica a Palazzo Chigi, formata da tecnici di sua fiducia, da Yoram Gutgeld a Guido Tabellini a Tommaso Nannicini ed altri. Una mossa che al Mef è stata vista letta come il tentativo di costruire un contraltare del governo contro i veti della Ragioneria. E magari lo è. Visto che il premier non guarda affatto di buon occhio il costume dilagante che vede i tecnici del Tesoro nelle controllate di stato.
Di esempi ce ne sono tantissimi. Alessandra dal Verme ispettore capo per gli Affari economici della Ragioneria generale dello Stato (Rgs) è membro del consiglio di amministrazione di Expo 2015, ma anche del collegio sindacale delle Ferrovie dello Stato, nonché di Anas. Biagio Mazzotta, ispettore generale del bilancio nella Rgs è anche presidente del collegio sindacale di Poste e componente del collegio dei revisori dei conti del Coni. Ines russo, ispettore generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico al Mef, è sindaco in Cassa depositi e prestiti. Domenico Mastroianni, ispettore generale della finanza nella Ragioneria, è sindaco effettivo in Rai. E ancora Salvatore Bilardo, ispettore generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, ma anche sindaco ministeriale in Inarcassa, la cassa nazionale di previdenza e assistenza per ingegneri, architetti e liberi professionisti. E poi Carmine Di Nuzzo, ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione Europea, è presidente del collegio sindacale dell’Istituto italiano di tecnologia. Oppure Maria Laura Prislei, ispettorato generale per l’informatizzazione della contabilità di Stato, ma anche presidente del collegio sindacale di Sogei, la società Ict del ministero dell’Economia.
Sono solo alcuni casi. Ma il costume dei doppi e tripli incarichi è dilagante. Renzi lo ha messo nel mirino. Intanto deve rimediare sulle pensioni della cosiddetta ‘quota 96’, cioè gli insegnanti che sono rimasti in servizio per un errore della riforma Fornero pur avendo maturato età anagrafica e contributi. Ormai sono avviati a diventare ‘quota 99’, in quanto è intenzione del governo recuperare il loro caso nel decreto sulla scuola, quindi trascorreranno un altro anno al lavoro (dovevano essere fuori dal 2012). Anche la pensione a 68 anni per i professori universitari dovrebbe rientrare nello stesso decreto, da vararsi entro agosto. Ma questi sono casi specifici di una questione più generale. Cioè: “La necessità di cambiare politica economica e farla finita col consociativismo all’italiana”, dice una fonte renziana.
Contro la Confcommercio, il premier intanto difende quel poco che è riuscito a fare in materia di redistribuzione: gli 80 euro in busta paga. “A quelli che dicono che non sono serviti, ricordo che ci sono 11 milioni di italiani che la pensano diversamente”, dice Renzi davanti alla Feltrinelli, rispondendo alla organizzazione dei commercianti secondo cui il bonus è “totalmente insufficiente a far riprendere i consumi delle famiglie”. “Ancora non siamo fuori dalla situazione di difficoltà, ancora c'è molto da fare, cercheremo di fare di più e meglio. Se era una cosa facile non eravamo qui", continua Renzi. L’estate servirà anche per studiare. Nel sacchetto della Feltrinelli c’è pure 'Potente e turbolenta. Quale futuro per l’Europa’ di Anthony Giddens e 'Beethoven era un sedicesimo nero' di Nadine Gordimer, che sembra un romanzo ma in realtà racconta anche dell’incontro dell’autrice con Edward Said, Susan Sontag e Anthony Sampson, in un ristorante cinese di New York sui problemi del Medio Oriente, dell’Europa dell’Est.
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