Oggi è stato chiesto il rinvio a giudizio per il Senatùr e l'ex tesoriere della Lega. Ma il Carrocco ha rinunciato alla comparsa civile. Il perché? Bisognerebbe chiederlo a lui...
Oggi la procura di Genova ha chiesto per l’ex segretario della Lega Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito il rinvio a giudizio per la presunta truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato da circa 40 milioni di euro. Oltre a Bossi e a Belsito, è stato chiesto il giudizio anche per altri tre componenti del comitato di controllo di secondo livello del Carroccio: Stefano Aldovisi, Diego Sanavio e Antonio Turci. A chiedere il rinvio a giudizio è stato il pm Paola Calleri che ha ereditato l’inchiesta dalla procura di Milano, che l’ha trasferita per competenza territoriale.
COME MAI SALVINI NON CHIEDE INDIETRO I SOLDI A BOSSI E BELSITO?
Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, è accusato anche di appropriazione indebita aggravata oltre che di truffa sui rimborsi elettorali ai danni dello Stato. E’ quanto si legge nella richiesta di rinvio a giudizio fatta oggi dal pm Paola Calleri nei confronti dell’ex segretario del Carroccio Umberto Bossi e dei tre componenti del comitato di controllo di secondo livello del partito. In particolare, Belsito si sarebbe impossessato della somma complessiva di 5,7 milioni di euro. Una prima tranche (pari a 1,2 milioni di euro) sarebbe stata stornata ‘‘dal conto corrente della Lega attraverso un bonifico in favore della società inglese Krispa Enterprices della quale Paolo Scala era titolare effettivo, presso la banca di Cipro, somma della quale una parte pari a 850 mila euro è stata restituita nel febbraio 2012”. Un secondo importo (pari a 4.500.000 euro) sarebbe stato trasferito, sempre tramite bonifico, dal conto del Carroccio a quello ”intestato a Stefano Bonet presso la Fbme Bank della Tanzania, somma non accreditata per il rifiuto di quest’ultima banca, la quale non aveva ritenuto sufficiente la documentazione allegata, ma restituita soltanto nel febbraio 2012”. Nel provvedimento vengono indicate come parti offese la Camera dei Deputati, il Senato e la Lega Nord. Eppure, come è risaputo, la Lega Nord nella persona del suo attuale segretario Matteo Salvini ha rinunciato a chiedere questi soldi indietro a Belsito e a Bossi. Belisto è stato di recente graziato con la rinuncia alla costituzione di parte civile che ha ha salvato anche altri protagonisti dello scandalo dei rimborsi elettorali 2008-2009: Stefano Bonet e Paolo Scala, accusati di aver riciclato 5,7 milioni di euro della Lega. Domenico Aiello, avvocato della Lega Nord, annunciò all’epoca che la decisione di Salvini è di natura politica.
COSE CHE FANNO PARTE DEL PASSATO?
I motivi sono due, spiegava Salvini: il primo è che queste «sono cose che fanno parte del passato»; il secondo è che spiacerebbe al leader della Lega candidato a diventare il nuovo capo dell’intero centrodestra, «intasare i tribunali andando a chiedere quattrini che certa gente neppure ha: in ogni caso noi non possiamo spendere soldi e perdere tempo in cause che durano anni». Un terzo motivo può essere forse rintracciato nelle molte dichiarazioni rilasciate da Belsito a proposito di fondi neri nella Lega Nord.
L’ex cassiere parla di fondi neri, sottolineando che “il nero che gli imprenditori versavano venva utilizzato a volte per la campagna elettorale dagli esponenti politici e veniva gestito senza passare dalle casse del partito”. Ed è qui che viene tirato in ballo il segretario, eletto domenica scorsa alle primarie: “Ricordo che Bonini, in quota Lega alla Sea (Giuseppe Bonomi ex deputato leghista, ndr), diede in contanti 20 mila euro a Salvini. Salvini, per sanare i suoi obblighi verso la Lega, intendeva girare al partito questa somma, cosa che non mi risulta sia avvenuta”.
Succede infatti che il tesoriere leghista abbia cominciato un anno fa a vuotare il sacco con i magistrati, raccontando delle molte “leggerezze contabili” del Carroccio negli anni in cui lui è stato responsabile della cassa. Belsito nelle sue dichiarazioni ai magistrati coinvolse anche il governatore del Veneto, Luca Zaia:
In un interrogatorio del 13 maggio, l’ex tesoriere ricostruisce il pagamento di un milione di euro arrivato alla Lega del Veneto da parte di una multinazionale francese, la Siram, specializzata in appalti ospedalieri. Belsito avrebbe affermato che tutto lo stato maggiore del partito era informato di quel finanziamento. “Anche Zaia – è la tesi dell’ex cassiere del Carroccio – fu informato“. “La Lega Nord del Veneto – racconta Belsito – aveva chiesto un milione al finanziere Stefano Bonet (tramite con la società francese, ndr)”. L’ex cassiere sostiene che nel 2010 informò sia Bossi sia Calderoli “che tale Cavaliere aveva chiesto questi denari alla Siram”. E questi soldi sarebbero stati pagati con un bonifico a una società, “credo riconducibile a Cavaliere (ex presidente del Carroccio in consiglio regionale del Veneto, ndr). Belsito racconta di più: “Cavaliere trattava su incarico del sindaco di Verona Flavio Tosi”. “Da quello che ricordo – dice ai magistrati del capoluogo lombardo – la somma degli appalti di Bonet a Siram in Veneto era di circa 25 milioni in un triennio“.
SALVINI E BOSSI, UN VECCHIO LEGAME
Roberto Maroni ha ufficialmente reagito con perplessità alla storia della rinuncia alla comparsa civile. E si capisce il perché, visto che Belsito non aveva grandi rapporti con Maroni e a lui non rispondeva: ha eventualmente ben poco da temere da eventuali leaks. Diverso il discorso nei confronti del resto della Lega. Che non si è nemmeno attivata per riavere qualcosa nel processo nei confronti di Umberto Bossi e del figlio Renzo, presto a giudizio per appropriazione indebita. D’altro canto che Salvini fosse legato a doppio filo al vertice della Lega Nord non è un mistero. Il Corriere della Sera giusto una decina d’anni fa raccontò uno dei più penosi casi di nepotismo ante litteram in cui furono coinvolti i seguaci del Carroccio. Sotto la lente c’era l’assunzione come assistenti parlamentari di Franco Bossi e Riccardo Bossi, rispettivamente fratello e primogenito del Senatùr. Particolare curiosità suscitò il caso di Franco, diplomato in terza media e poi dotato di un negozio di autoricambi a Fagnano Olona, ma piazzato a legiferare a Strasburgo «in aiuto» agli europarlamentari leghisti. E indovinate da chi fu assunto, il Franco? Già, proprio da Matteo Salvini.
In copertina: vignetta da Meridionali per Salvini
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