Lega, l'ombra di Calderoli si alza su Bossi
Gli sgarbi dei senatori lumbàrd. Le voci sulla sua salute. L'erosione dei poteri. Bossi è sempre più ai margini. La presidenza traballa. E Calderoli ci pensa...
di Paola Sacchi
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19 Settembre 2015Share on facebook
Per Roberto Calderoli il Senato depenna l’accusa infamante di odio razziale: autorizzazione a procedere solo per diffamazione nei confronti dell’ex ministro Cécile Kyenge.
Contro Umberto Bossi, invece, Palazzo Madama e Montecitorio si costituiscono, con una procedura quasi lampo, parte civile nel processo Belsito, l’ex tesoriere della Lega Nord imputato con il presidente e fondatore del Carroccio di truffa aggravata ai danni dello Stato per circa 40 milioni di rimborsi elettorali.
Due casi diversi. Che fotografano però perfettamente l’altalena di chi sale e chi scende nella nomenklatura di Via Bellerio, nell’éra rampante di Matteo Salvini.
BOSSI TENUTO ALL'OSCURO. Secondo i maligni, Calderoli sarebbe stato salvato dal Pd di Matteo Renzi per togliere di mezzo quella valanga di emendamenti minacciata dal leghista per affossare la riforma costituzionale.
Bossi, invece, l’ex padre-padrone della Lega Nord, al quale Calderoli, e non solo, negli anni d’oro di Umberto era abituato a rivolgersi con grande deferenza, sembra che abbia subìto a sua insaputa la rapida decisione del Senato, seguita da quella della presidente della Camera, Laura Boldrini, a pochi giorni dal rientro dalle ferie.
Bossi avrebbe saputo solo dall’agenzia giornalistica Ansa che le due Camere si costituiranno contro di lui.
QUELLE VOCI SULLA SUA SALUTE. A dare il via alla procedura fu Pietro Grasso con una riunione del consiglio di presidenza del Senato il 25 giugno.
Ma “il Capo”, come lo chiamano ancora nel Carroccio, non fu avvisato neppure dai senatori leghisti. E lo stesso Calderoli, in quano vicepresidente del Senato, fa parte del consiglio di presidenza.
Poi, il 2 luglio Bossi si fratturò accidentalmente un braccio nel cortile di Montecitorio e fu ricoverato in ospedale ma solo per una gastroenterite.
Mentre da ambienti leghisti arrivavano ai media notizie vaghe che destavano sospetti sulle sue reali condizioni di salute.
«Un’estate di m... , ma ora sto bene e resisto», è il solo commento che fa a Lettera43.it il presidente della Lega appena rientrato a Montecitorio.
Contro Umberto Bossi, invece, Palazzo Madama e Montecitorio si costituiscono, con una procedura quasi lampo, parte civile nel processo Belsito, l’ex tesoriere della Lega Nord imputato con il presidente e fondatore del Carroccio di truffa aggravata ai danni dello Stato per circa 40 milioni di rimborsi elettorali.
Due casi diversi. Che fotografano però perfettamente l’altalena di chi sale e chi scende nella nomenklatura di Via Bellerio, nell’éra rampante di Matteo Salvini.
BOSSI TENUTO ALL'OSCURO. Secondo i maligni, Calderoli sarebbe stato salvato dal Pd di Matteo Renzi per togliere di mezzo quella valanga di emendamenti minacciata dal leghista per affossare la riforma costituzionale.
Bossi, invece, l’ex padre-padrone della Lega Nord, al quale Calderoli, e non solo, negli anni d’oro di Umberto era abituato a rivolgersi con grande deferenza, sembra che abbia subìto a sua insaputa la rapida decisione del Senato, seguita da quella della presidente della Camera, Laura Boldrini, a pochi giorni dal rientro dalle ferie.
Bossi avrebbe saputo solo dall’agenzia giornalistica Ansa che le due Camere si costituiranno contro di lui.
QUELLE VOCI SULLA SUA SALUTE. A dare il via alla procedura fu Pietro Grasso con una riunione del consiglio di presidenza del Senato il 25 giugno.
Ma “il Capo”, come lo chiamano ancora nel Carroccio, non fu avvisato neppure dai senatori leghisti. E lo stesso Calderoli, in quano vicepresidente del Senato, fa parte del consiglio di presidenza.
Poi, il 2 luglio Bossi si fratturò accidentalmente un braccio nel cortile di Montecitorio e fu ricoverato in ospedale ma solo per una gastroenterite.
Mentre da ambienti leghisti arrivavano ai media notizie vaghe che destavano sospetti sulle sue reali condizioni di salute.
«Un’estate di m... , ma ora sto bene e resisto», è il solo commento che fa a Lettera43.it il presidente della Lega appena rientrato a Montecitorio.
I vertici della nuova Lega mal sopportano il protagonismo di Bossi
Le posizioni di Bossi spesso critiche sulla nuova era leghista non sempre sono andate giù al “Capitano”, come chiamano Salvini nella Lega per distinguerlo dal “Capo”.
I vertici della nuova Lega rampante arrivata al 15% e che vorrebbe ora dettar legge anche a Silvio Berlusconi sopportano sempre più a fatica il protagonismo di Bossi, che sul territorio continua a contare su un importante zoccolo duro di consensi.
E che quando vuole con poche e secche parole continua a bucare i media.
LE FRIZIONI SUL CAV CON SALVINI. E non è vista di buon occhio neppure la sua ormai storica e consolidata amicizia con il Cav, dal quale quando si trova a Roma spesso va a cena.
Salvini vuole trattare da solo con il leader di Forza Italia, non gradisce intermediari, tanto più se sono del calibro di Bossi.
Acciaccato, attaccato dentro lo stesso partito che ha fondato, il vecchio leader, che il 19 settembre compie 74 anni, resiste. Ma, come qualche mese fa scrisse il quotidiano la Stampa, gli è stato ridotto anche il numero di aiutanti, fondamentali per permettergli di fare ancora politica. Ovvero la “ragione sociale” della sua vita.
UN PRESIDENTE SENZA POTERI. La Lega motivò il taglio con il fatto che non ci sono più soldi nelle casse e i dipendenti sono stati mandati in cassa integrazione.
Fatto sta che nel giugno scorso proprio alla vigilia di Pontida, la festa che Bossi inventò, gli furono tolti anche gli ultimi poteri che aveva. Ovvero la possibilità di riammettere i leghisti espulsi.
Gli resta la possibilità di reintegrare solo i fondatori. Vale a dire: potrebbe reintegrare, se venissero espulsi, solo sua moglie Manuela Marrone e l’ex senatore Giuseppe Leoni, il primo leghista oltre a Bossi che sbarcò in parlamento nel 1987.
CALDEROLI PUNTA AL TRONO DEL SENATUR. Al “Capo” resta l’incarico, molto onorifico a questo punto, di presidente della Lega. E se ora volessero togliergli anche questo?
Secondo i maligni, Calderoli avrebbe fatto un pensierino per quel ruolo. Gossip da Transatlantico? Non è detto.
Lo scontro però tra il Senatùr e il segretario è arrivato a un livello tale che a un certo punto Salvini ricordò a Bossi di aver preso più voti di lui. Dimenticando però che già nel 2008, con Bossi segretario e ministro delle Riforme, il Carroccio raggiunse il 12%.
È l’eterno sali e scendi del voto leghista, un partito il cui consenso da sempre è stato un po’ a fisarmonica. E, come si dice a Roma, a chi tocca non si ingrugni.
I vertici della nuova Lega rampante arrivata al 15% e che vorrebbe ora dettar legge anche a Silvio Berlusconi sopportano sempre più a fatica il protagonismo di Bossi, che sul territorio continua a contare su un importante zoccolo duro di consensi.
E che quando vuole con poche e secche parole continua a bucare i media.
LE FRIZIONI SUL CAV CON SALVINI. E non è vista di buon occhio neppure la sua ormai storica e consolidata amicizia con il Cav, dal quale quando si trova a Roma spesso va a cena.
Salvini vuole trattare da solo con il leader di Forza Italia, non gradisce intermediari, tanto più se sono del calibro di Bossi.
Acciaccato, attaccato dentro lo stesso partito che ha fondato, il vecchio leader, che il 19 settembre compie 74 anni, resiste. Ma, come qualche mese fa scrisse il quotidiano la Stampa, gli è stato ridotto anche il numero di aiutanti, fondamentali per permettergli di fare ancora politica. Ovvero la “ragione sociale” della sua vita.
UN PRESIDENTE SENZA POTERI. La Lega motivò il taglio con il fatto che non ci sono più soldi nelle casse e i dipendenti sono stati mandati in cassa integrazione.
Fatto sta che nel giugno scorso proprio alla vigilia di Pontida, la festa che Bossi inventò, gli furono tolti anche gli ultimi poteri che aveva. Ovvero la possibilità di riammettere i leghisti espulsi.
Gli resta la possibilità di reintegrare solo i fondatori. Vale a dire: potrebbe reintegrare, se venissero espulsi, solo sua moglie Manuela Marrone e l’ex senatore Giuseppe Leoni, il primo leghista oltre a Bossi che sbarcò in parlamento nel 1987.
CALDEROLI PUNTA AL TRONO DEL SENATUR. Al “Capo” resta l’incarico, molto onorifico a questo punto, di presidente della Lega. E se ora volessero togliergli anche questo?
Secondo i maligni, Calderoli avrebbe fatto un pensierino per quel ruolo. Gossip da Transatlantico? Non è detto.
Lo scontro però tra il Senatùr e il segretario è arrivato a un livello tale che a un certo punto Salvini ricordò a Bossi di aver preso più voti di lui. Dimenticando però che già nel 2008, con Bossi segretario e ministro delle Riforme, il Carroccio raggiunse il 12%.
È l’eterno sali e scendi del voto leghista, un partito il cui consenso da sempre è stato un po’ a fisarmonica. E, come si dice a Roma, a chi tocca non si ingrugni.
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