Esodati: 60% ha avuto incentivo a esodo, 10% figlio assunto
Pubblicato il 17 settembre 2015 14:53 | Ultimo aggiornamento: 17 settembre 2015 14:56
ROMA – La Commissione Lavoro del Senato ha lanciato tra aprile e luglio un censimento on line, un censimento degli esodati. Gli esiti e gli sviluppi di questo tentativo li racconta Dario Di Vico sul Corriere della Sera.
Con la collaborazione della Rete degli esodati sono state compilate 1.645 schede da altrettanti ex lavoratori dipendenti. Di questi 1.177 e non più risultano a tutti gli effetti esodati, cioè non coperti o assistiti da nessuno dei sei provvedimenti “salva esodati” varati dai vari governi. Quindi il 71,6 per cento di coloro che si sentono, si dichiarano e si organizzano come esodati lo sono davvero. Il restante 30 per cento circa in proporzione è formato da esodati immaginari o, come è brutto ma vero dire, sedicenti esodati.
Dario Di Vico si sofferma soprattutto sul numero assoluto, quel 1.177 che in effetti sorprende. Sorprende a fronte dei cinquantamila esodati ancora denunciati come piaga sempre aperta dai sindacati, da molti politici e tanta gente. Cinquantamila o 1.177? Di Vico suppone che qualche esodato vero non abbia risposto per varie ragioni al censimento ma secondo lui “è assai difficile che partendo da 1.177 casi si possa andare troppo più in là”.
Qui, nell’impossibilità di supporre con cognizione di causa quale l’ordine di grandezza degli esodati veri nella seconda metà del 2015, ci si sofferma invece su dati certi. Certi e desumibili dall’indagine della Commissione senatoriale. Dei 1.645 che si sentono esodati (e per un terzo si è visto che non lo sono) “hanno goduto di un incentivo all’esodo pagato dall’impresa titolare del rapporto di lavoro 848 soggetti”. Quindi il 51,6 per cento ha concordato l’uscita dal lavoro, ha scelto di andare in cambio di denaro, ha avuto buonuscita e non è di fatto rimasto senza pensione e senza stipendio. Senza pensione, senza stipendio ma con buonuscita. Non è proprio la stessa condizione di chi resta senza reddito.
La metà abbondante di chi si dichiara esodato anche se non lo è a tutti gli effetti ha avuto incentivo all’esodo. Quanti di quelli 1.177 che risultano esodati a tutti gli effetti hanno avuto la buonuscita? Dati precisi non ce ne sono, ma una proiezione porta alla percentuale del 60 per cento. Vale la pena di ricordare e rimarcare la differenza sostanziale tra un sessantenne licenziato cui mancano cinque anni alla pensione periodo durante il quale non percepisce né pensione né stipendio e un sessantenne che lascia il lavoro, perde lo stipendio, non ha la pensione ma ha in tasca due o tre anni di salario pagato sotto forma di buona uscita.
Buona uscita, incentivo all’esodo che nel dieci per cento dei casi ha assunto la forma di un figlio/figlia assunto al posto del genitore. E anche questa è condizione ben diversa da quella dell’esodato vittima della tenaglia né pensione né salario.
Se ne ricava che…Stefano Lepri su La Stampa “E’ difficile districare i casi drammatici di persone rimaste davvero senza stipendio e senza pensione dai nuovi pensionamenti anticipati che aziende e sindacati in complicità vorrebbero scaricare sui contribuenti, difficile ma va fatto”. Una parola farlo! Il gioco a moltiplicare e a tenere raggomitolati, inestricabili e confusi esodati veri (senza lavoro e reddito) da esodati d’opportunità (pre pensionati con accordo sindacale, incentivati e sostituiti al lavoro dalla prole, insomma senza lavoro e pensione ma con reddito eccome) è condotto dai sindacati, praticato dalla sinistra politica, benedetto dalla Lega di Matteo Salvini, predicato da M5S. Non bastasse, è l’unico gioco cui sanno giocare i talk-show e i telegiornali.
Tutti esodati ed esodati che non finiscono mai sono un artificio contabile ma soprattutto sociale. Vengono chiamati, spacciati come esodati non solo le vittime vere della legge Fornero 2011, quelli rimasti a metà del fiume ad annegare. Ma anche tutti i disoccupati da allora in poi a qualunque titolo disoccupati purché sopra i 55 anni. Quindi il gioco è non solo a carte e cifre alquanto truccate, è gioco a far saltare il banco. Ciò che si vuole davvero è smontare pezzo a pezzo la pensione a 66 anni e tornare a pensionare a 60 anni e anche prima. Sostenere ed esigere che chiunque a qualunque titolo sia senza lavoro dai 55 anni in poi abbia diritto a pensione (anche se ha reddito, anche se ha avuto buonuscita, anche se ha lasciato il lavoro di sua scelta, anche se lo ha ceduto al figlio, anche se azienda e sindacati si sono messi d’accordo per sbolognare il costo del prepensionamento al contribuente) significa questo: tornare alla pensione a 60 anni e anche prima.
A danno, togliendo letteralmente i soldi di tasca agli esodati veri (senza lavoro, pensione, reddito, buonuscite etc…), ai lavoratori in attività che dovrebbero finanziare con tasse i nuovi esborsi previdenziali e ai contribuenti tutti quello che non è un diritto (la pensione pubblica a prescindere) ma purtroppo un’astuzia ch si nasconde e si traveste dei panni quelli sì davvero drammatici degli esodati veri.
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