lunedì 1 dicembre 2014

I grillini come i leghisti e come Berlusconi.

Le radio e il conflitto d’interessi del senatore M5S

Il grillino Ciampolillo fa parte della commissione Comunicazioni che della Vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Ha ceduto le quote del suo network di emittenti, ma alla madre
ANSA
I senatori del Movimento Cinque Stelle

27/11/2014
ROMA
Alle corde. La debolezza di Casaleggio e lo scoramento di Grillo si riflettono sulla loro creatura. E allora salta tutto. Persino il filtro, la garanzia, la bollinatura degli eletti.  

Capita così che sul senatore Alfonso Ciampolillo piova il sospetto di un conflitto d’interessi in stile berlusconiano. M5S della primissima ora, candidato sindaco a Bari nel lontano 2009, quando le percentuali erano davvero da prefisso telefonico (0,4%), era proprietario fino allo scorso anno di un network di tre radio locali pugliesi. Radio Alta, Bari Radio Uno, Radio Terlizzi Stereo. Musica e impegno: il consiglio comunale di Rutigliano gli affida il bando per la trasmissione delle dirette del consiglio comunale 
Appena entrato a Palazzo Madama, Ciampolillo diventa membro sia della commissione Trasporti e Comunicazioni che commissario in Vigilanza dei servizi radiotelevisivi e allora decide di disfarsi delle quote. Ne cede il 95 per cento. A sua madre. Conflitto d’interessi? «Assolutamente no, io sono un dipendente Telecom, quello delle radio è solo un hobby», replica lui. È così, lavora nel colosso delle telecomunicazione dal 1999 e lì svolge l’attività sindacale nell’Ugl, incarico che lascerà all’inizio del 2013 prima di entrare in Parlamento. I sindacati. Quelli «vecchi e dunque da eliminare». Parola di Grillo. 

Inoltre le tre radio di Ciampolillo accedono agli odiatissimi finanziamenti pubblici e pagano l’energia elettrica a un prezzo minorato. Lui risponde serafico: «Lo so che nel M5S siamo per eliminarli, ma o li togliamo tutti o, se uno li prende, allora anche gli altri li devono prendere. Altrimenti non lavoreremmo a condizioni di mercato».  

«Stiamo tra la gente, basta tv», diceva ieri Luigi Di Maio, affacciandosi al Tg3 per esercitarsi sulla fune: «Vale la linea che sarà votata in assemblea», spiegava, come se la linea in questi mesi non l’avesse tracciata l’asse Genova-Milano. «Dobbiamo stare al fianco dei cittadini. Cercare di risolvere le ingiustizie», proseguiva, dicendo in pratica che hanno ragione tutti, da quelli che «il Parlamento è una fogna», ai «facciamo autocritica». 

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