sabato 6 dicembre 2014

Su questo argomento cosa dicono Grillo Camuso e Salvini? I tre che dicono più sciocchezze in assoluto al minuto.

Risparmi nel cassetto e giovani fermi: il “capitale inagito” dell’Italia

I ragazzi i più emarginati. Gli over 50 lavorano più di quanto non facessero 5 anni fa
I giovani, che sono più preparati della generazione precedente, più motivati, più internazionali, più «smanettoni», sono anche i più isolati dal mondo del lavoro

05/12/2014
ROMA
Siamo il paese del «capitale inagito». Il Censis – che in queste ore sta presentando il suo annuale Rapporto sulla situazione sociale del Paese – ama coniare delle espressioni immaginifiche ogni anno per dare il senso di dove stiamo andando. Questa volta – per l’appunto – parla di «capitale inagito», cioè del fatto che i numeri, le potenzialità, perfino le risorse, le avremmo per uscire dalla melma di questa crisi. Ma le teniamo lì. A perdersi, a giacere e a dissiparsi. Teniamo da parte i soldi, perché non sappiamo cosa ci riserva il futuro: e questo si capisce. Ma teniamo da parte soprattutto le «risorse umane» e «la cultura come fattore di sviluppo». 

I giovani, che sono più preparati della generazione precedente, più motivati, più internazionali, più «smanettoni» (cioè con maggiore familiarità con le nuove tecnologie), risultano anche i più emarginati dal lavoro e dalla vita attiva.Ci sono 8 milioni di italiani «inutilizzati»: tre milioni sono i disoccupati, 1 milione e ottocentomila gli «inattivi» perché scoraggiati dalle infinite ricerche, e altri tre milioni i cittadini che vorrebbero lavorare se solo si presentasse l’opportunità. E’ quasi superfluo ricordare che più della metà di questo insieme è costituito da giovani (50,9%) sotto i 34 anni.  

Ma anche per gli under 34 che lavorano la vita non è semplice: dei 4,7 milioni – dice il Censis – di ragazzi formalmente autonomi e che vivono per conto loro, almeno un milione è povero e non arriva a fine mese, mentre 2,4 milioni ci arrivano ma solo con il costante aiuto di genitori e nonni. La condizione lavorativa di una grande massa di giovani occupati, infatti, è definita dal Censis «ibrida»: oggi si lavora, domani no, poi di nuovo sì e così via a intermittenza. 

Per contro gli over 50 – anche per effetto della riforma previdenziale – lavorano più di quanto non facessero 5 anni fa: più 19,1% . E poi c’è l’altro grande «capitale inagito»: la cultura. Altrove ci mangiano, qui da noi è solo un costo. Nel paese che ha più beni culturali di chiunque altro «il numero dei lavoratori nel settore della cultura (304 mila, l’1,3% degli occupati totali) è meno della metà di quello del Regno unito (755mila) e Germania (670mila) e di gran lunga inferiore rispetto alla Francia (556mila) e Spagna (409 mila). Nel 2013 il settore della cultura, fa notare il Censis, «ha prodotto un valore aggiunto di 15,5 miliardi di euro (solo l’1,1% del totale del paese) contro i 35 miliardi della Germania e i 27 della Francia.  

E poi c’è il capitolo dei «meno». In un paese che arranca c’è meno fiducia nell’istruzione come investimento: tra il 2008 e il ’13 gli iscritti all’università sono diminuiti del 7,2% e le immatricolazione del 13,6%. Meno figli: minimo storico lo scorso anno 514 mila, 62 mila in meno di 5 anni fa. Meno investimenti: 23% in meno in 5 anni. Meno imprese: 47 mila in 5 anni. E – finalmente – meno cibo per tutti: i consumi alimentari sono crollati del 12,9%.  

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