lunedì 1 dicembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Ichino-Giavazzi, botta e risposta sul Jobs Act

LUNEDÌ, 1 DICEMBRE 2014
Il senatore di Scelta Civica Pietro Ichino ha risposta alla critica al Jobs Act pubblicata in un editoriale del “Corriera della Sera” di domenica 30 novembre 2014 e firmato dall’economista Francesco Giavazzi. Sul quotidiano di ieri Giavazzi ha rimarcato come prevedere la cancellazione della reintegra come protezione dai licenziamenti economici e in parte disciplinare solo per i nuovi contratti rischia di ingessare ulteriormente il mercato del lavoro, così “depotenziando” gli effetti liberalizzatrici del Jobs Act. Secondo Ichino, che fino al suo ingresso in Parlamento nelle file del PD nel 2008 era l’editorialista del “Corriere sui temi inerenti al lavoro e alla Pubblica amministrazione, la critica dell’economista della Bocconi è errata su diversi punti, come spiegato in una lettera pubblicata sul quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli di lunedì 1° novembre. Il primo punto della replica del senatore di Scelta Civica rimarca come l’articolo 18 non si applichi a molti contratti di lavoro vigenti in Italia. “La  maggior parte della mobilità volontaria già oggi si manifesta prevalentemente nella metà della forza lavoro non protetta dall’articolo 18: imprese fino a 15 dipendenti, contrattisti a termine, collaboratori autonomi continuativi, dirigenti. La riforma mira proprio ad aumentare la mobilità nell’area che invece è in qualche misura “ingessata” dalla protezione forte contro il licenziamento, dove prevale nettamente la figura del “posto fisso a vita”. Il secondo punto della replica di Ichino indica come la minore tutela fornita dal nuovo contratto senza la tutela dell’articolo 18 potrà essere conservata oppure scambiata con maggior incentivi economici nel caso di nuova assunzione di un dipendente già a tempo indeterminato. Per Ichino un maggior disincentivo al cambiamento di lavoro è rappresentato ora dall’azzeramento degli scatti di anzianità, che scattano con la stipula di un nuovo contratto. Un’eventualità che viene scongiurata dalle figure professionali “più forti”, che contrattano con il nuovo datore di lavoro il mantenimento di questo tipo di aumenti salariali nel nuovo rapporto di collaborazione. La critica più rilevante del senatore di Scelta Civica al ragionamento di Giavazzi appare più politica. Secondo Ichino infatti l’abolizione della reintegra per tutti i rapporti di lavoro avrebbe aumentato i licenziamenti in modo significativo, così da rendere assai più controversa la riforma. “ Il rischio sarebbe che il giorno dopo scattasse il licenziamento di tutte le persone il cui rapporto di lavoro presenta un bilancio in perdita più o meno rilevante, ma che oggi sono mantenute in servizio dalle rispettive imprese perché protette dall’articolo 18. A questa improvvisa intensificazione dei licenziamenti il sistema non sarebbe in grado di far fronte. uella intensificazione dei licenziamenti avrebbe anche l’effetto di un diffuso allarme sociale, con le conseguenti prevedibili pressioni sul Governo e il Parlamento affinché venisse sospesa l’applicazione della nuova disciplina. E questo – generando incertezza sulla stabilità del quadro legislativo – rischierebbe di neutralizzare l’effetto positivo della riforma sulla propensione delle imprese a investire e ad assumere. ” A questo considerazione replica Francesco Giavazzi sul “Corriere” di oggi. L’economista dubita che ci sia un’enormità di lavoratori i cui “rapporti di lavoratori presentino un bilancio in perdita”, visto che se fosse così si sarebbe individuata una delle principali cause della caduta di competitività della nostra economia. Giavazzi conferma come sia preferibile avere un quadro di regole comuni, piuttosto che ingessare questa divisione del mercato del lavoro. ” Negli anni passati era stato proprio Pietro Ichino a spiegarci che l’eliminazione della protezione dell’articolo 18 sarebbe servita a rendere più fluido il mercato del lavoro. Tutte le transizioni costano. Meglio aiutare i casi particolari di disagio piuttosto che ingessare una situazione generalizzata di inefficienza, aspettando che siano i licenziamenti a risolverla”.

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