Renzi: “Silvio non dà più le carte. Grillo? Già rottamato“
domenica, novembre 30th, 2014
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Il solito Renzi, o quasi. Intervistato da Lucia Annunziata il premier mostra l’usuale spavalderia, anche sulle questioni in apparenza più delicate: che si tratti della popolarità in flessione – «Quando provi a cambiare delle cose ferme da anni, perdi consenso. Ma un politico vero deve avere il coraggio di cambiare il Paese senza stare a guardare i sondaggi» – di astensionismo alle Regionali – «Abbiamo vinto in 5 regioni su 5, questo è primario, l’astensionismo è secondario» – o della Lega che avanza «Salvini scommette sulla rabbia e la disperazione io sul coraggio» il premier non mostra cedimenti. Sopratutto sul Jobs Act – « piaccia o non piaccia è ormai una constatazione della realtà, sarà votato la prossima settimana in Senato» – e nei confronti del PD «Una parte della sinistra immagina che si possa tutti i giorni fare le pulci al governo. Ma l’alternativa non è un’altra sinistra – ha detto il premier – «è una destra con nome e cognome, la destra di Marie Le Pen in Francia».
“Grillo? Rottamato”
Il partito Democratico il “suo” PD, piaccia o meno, è vincente. Oggi intervistato da Repubblica il premier dice di non vedere avversari in grado di impensierirlo «Non ho paura della Lega e di Salvini o di Beppe Grillo» anche il Movimento 5 Stelle, proprio come Salvini, ha cavalcato la rabbia. E alla fine, secondo Renzi “Il PD ha rottamato Grillo. Le europee hanno segnato la fine del grillismo. Abbiamo cavalcato la speranza e vinto 40 a 20’». E allora per battere la Lega in crescita il PD non dovrà fare altro che continuare lungo la strada percorsa finora. Parlando con Lucia Annunziata non si dice impensierito neanche dalle recenti dichiarazioni di Berlusconi, che ha detto di voler anteporre l’elezione del Presidente al varo della nuova legge elettorale. Silvio «sta al tavolo ma non dà più le carte – dice ancora Renzi – E il fatto che sia contro il governo dimostra che l’accordo del Nazareno non è sul governo del Paese». Ma alla fine di tutti questi ragionamenti qualcosa scricchiola. Perché la vittoria in 5 regioni su 5 vantata da Renzi ha fatto perdere al leader di Forza Italia quell’autorevolezza sul fronte interno che gli permettevano di sedere al tavolo nonostante i malumori degli azzurri. Per certi aspetti il discorso di Silvio non era diverso da quello di Matteo verso i suoi: “non c’era alternativa”. Dopo le regionali più che l’alternativa si è vista la fine: Forza Italia è apparso un partito senza identità che siede la tavolo delle riforme, le vota, e ne paga il conto, salatissimo, in termini di consensi mentre il premier incassa il risultato politico. Elettorato di destra in fuga, Salvini sugli scudi. Ecco allora che il Patto con il leader di Forza Italia non è apparso mai in bilico come in questo momento. Forse è già finito e Matteo lo sa. Lo si avverte in un passaggio dell’intervista a Repubblica dove Renzi è sembrato guardare oltre «Se i Cinque Stelle sono disponibili a scrivere assieme regole, dico sì a loro tutta la vita».
Mano tesa ai transfughi 5 Stelle
Se la fronda interna a Forza Italia costringe Silvio ad alzarsi dal tavolo delle riforme, la diaspora nei pentastellati potrebbe offrire al premier i numeri necessari per fare le riforme, Silvio o non Silvio. Questo pensa Renzi. Il premier sembra aver indebolito il suo alleato proprio in ragione di quel Patto e ora non può più proseguire oltre. Sfiancato il destriero, deve trovare una cavalcatura fresca. Ed ha fretta «Ora si tratta di capire come si muoverà la diaspora Cinque Stelle – dice infatti Renzi – Alcuni sono molto seri, hanno voglia di fare. Ci sono i margini per fare qualcosa con una parte di loro. Dovranno decidere se buttare via i tre anni e mezzo che rimangono di legislatura o dare una mano al Paese». Intanto quello che rischia di essere buttato via – rottamato per usare una terminologia cara al presidente del Consiglio – è proprio l’asse con Forza Italia: tempo buttato, anche quello. «L’Italicum diventerà legge, spero con il consenso di Berlusconi, ma per fine anno non ce la facciamo. Entro Natale inizierà l’iter in Aula ma non ci sarà il voto finale». Altri tempi quelli in cui il premier annunciava una riforma al mese. Ed è prudente il premier anche sulla priorità indicata dal Berlusconi «L’Italicum prima del presidente della Repubblica? Non sono in grado ora di dare una risposta perché dipende da quando si dimette il presidente della Repubblica». Si dimetterà a gennaio. Lo sanno anche i muri di Palazzo Chigi.
Elezioni
«Sicuramente non si possono tirare i remi in barca sulle riforme perché potrebbe accadere qualcosa su un altro fronte». Alla fine che Silvio non dia le carte non è una buona notizia. Perchè dal tavolo potrebbe alzarsi, l’ex Cavaliere, e non è detto che al suo posto sieda qualcun’altro. Matteo ha molte strade davanti a sé, perché ha asfaltato tutto o quasi. Bisogna vedere se quelle strade portano ora davvero a qualcosa: dentro il Partito, in Parlamento e nel Paese. La sensazione, oggi, è che portino dritte a nuove elezioni.
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