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Sono iniziati questa mattina nel carcere di Regina Coeli gli interrogatori di garanzia delle prime 14 tra le 37 personearrestate per 416 bis nell'inchiesta 'Mondo di mezzo' della Procura di Roma. Nel carcere di Regina Coeli sono stati interrogati Massimo Carminati, Brugia, Fabrizio Franco Testa, Lacopo, Fabio Gaudenzi, Gaglianone, Bracci, Salvatore Buzzi, Ietto, Luca Odevaine, Carlo Pucci, Matteo Calvio e Franco Panzironi. Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, tranne Panzironi che ha tentato qualche giustificazione davanti ai magistrati.
A capo dell'organizzazione mafiosa, secondo gli investigatori, l'ex terrorista dei Nar, Massimo Carminati, da ieri in carcere. Un "ramificato sistema corruttivo" in vista dell'assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate con interessi, in particolare, anche nella gestione dei rifiuti, dei centri di accoglienza per gli stranieri e campi nomadi e nella manutenzione del verde pubblico. ''L'ho detto e lo ripeto - ha commentato Ignazio Marino su Facebook - Abbiamo sbarrato la porta agli interessi, agli inciuci, ai rapporti poco chiari. Il nostro obiettivo resta uno e uno soltanto: cambiare questa città solo per i romani e le romane'', aggiunge poi Marino.

Nel pomeriggio il sindaco ha firmato l'ordinanza di rimozione del dirigente capitolino Italo Walter Politano dalla posizione di direttore della Direzione Integrità, Trasparenza e semplificazione. Politano risulta tra gli indagati della maxi-inchiesta. L'incarico, spiega in una nota il Campidoglio, è stato affidato al vice segretario generale, Luigi Maggio.
I sequestri. In totale, in tutta Roma e nell'hinterland, agli arrestati sono stati sequestrati dal nucleo della polizia tributaria della Finanza beni per 204 milioni. Oltre a quote societarie di importanti aziende inserite negli appalti capitolini, sono stati sequestrati bar, ristoranti, pizzerie e locali della capitale. E poi decine di appartamenti a Roma e in provincia, auto, moto e terreni. In particolare, all'ex amministratore di Eur spa e fedelissimo di Gianni Alemanno, Riccardo Mancinisono state sequestrate quote di varie società, una Mini Cooper, una Smart, una moto, un terreno a San Felice Circeo, in provincia di Latina, e vari appartamenti a Roma, tra cui uno in via delle Coppelle, alle spalle del Pantheon. All'ex Nar Massimo Carminati sono stati invece sequestrati negozi e società a lui intestate, appartamenti a Sacrofano (alle porte di Roma, conti correnti, libretti di deposito, moto e la sede dell'associazione "Libertà e sviluppo"). Al presidente della cooperativa 29 giugno, Salvatore Buzzi, la Finanza della capitale ha invece posto sotto sequestro  sette macchine, vari immobili tra Roma e provincia e diverse quote societarie di varie aziende. Infine, sei auto, 14 immobili a Sacrofano e cinque maxi-terreni agricoli sono tra i beni sequestrati ad Agostino Gaglianone.

L'inchiesta.
 
Intanto il pool di magistrati che coordinano l'inchiesta è già al lavoro per trovare nel materiale sequestrato elementi per allargare il cerchio dei sodali di Mafia Capitale. Non si esclude a breve giro l'iscrizione di nuovi nomi nell'affare della mafia capitolina. La maxi-operazione è iniziata ieri all'alba, con centinaia di perquisizioni. È proseguita con 37 arresti e 39 indagati. Ed è terminata con le dimissioni di due esponenti del Pd, invischiati in quel "mondo di mezzo" che la procura di Roma ha chiamato Mafia Capitale, Mirko Coratti e Daniele Ozzimo, rispettivamente presidente dell'assemblea capitolina e assessore alla Casa. Una giornata di terremoto, politico e criminale, quella che ha squassato la Città Eterna, facendo tremare la nuova giunta Marino e radendo quasi al suolo il trascorso governo Alemanno, indagato anche lui per 416bis e corruzione aggravata. Una corruzione bipartisan che ha coinvolto gli ex ad di Ama e di Eur spa Franco Panzironi e Mancini (arrestati), Luca Gramazio, ma anche Patanè, attuale consigliere regionale e il responsabile dell'ufficio Trasparenza in Campidoglio Politano.
Ma secondo gli inquirenti le infiltrazioni del sistema mafioso capeggiato dall'ex terrorista nero Massimo Carminati sarebbero arrivate fino alla Regione Lazio. Gli inquirenti hanno già effettuato perquisizioni e sequestri negli uffici di via della Pisana. Le indagini, stando a quanto si apprende, prenderebbero in esame sia l'attuale che la precedente amministrazione regionale. Nell'ordinanza firmata dal gip Flavia Costantini, in merito a una non meglio precisata gara pubblica da "60 milioni", si legge "Carminati ricordava ai presenti che in Regione Lazio potevano contare anche sull'appoggio di Luca Gramazio".
 Accuse respinte questa mattina dallo stesso capogruppo di Forza Italia al consiglio regionale del Lazio, Luca Gramazio. "Non faccio parte di un sistema e lo dimostrerò. Carminati? Io incontro un milione di persone. Io sono la persona più dispiaciuta di tutto questo - ha aggiunto - nei confronti della mia famiglia e di tutte le persone che mi sostengono. Sono a disposizione degli inquirenti". Incalzato sui suoi rapporti col presunto boss della Cupola romana Massimo Carminati, e se non si rimproverasse nulla Gramazio ha risposto: "Posso rimproverarmi un milione di cose ma non sulla mia condotta. La commissione Trasparenza di Roma Capitale? Solo pensare che la nomina del presidente della commissione Trasparenza possa esser stata eterodiretta è una stupidaggine. Non faccio parte di un sistema, mi fa piacere parlarne perchè non ho bisogno di scappare. Io vi garantisco che dimostrerò che non faccio parte di nessun sistema".

Ha invece deciso di lasciare l'incarico un altro indagato, il pd Eugenio Patanè, che si è dimesso questa mattina da presidente della commissione Cultura alla Regione Lazio. "Resto sereno e fiducioso nel lavoro della magistratura nella certezza che il prosieguo dell'inchiesta proverà - la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati" sottolinea Patanè. 
Le intercettazioni. Dall'ordinanza di custodia firmata dal gip Flaminia Costantini emerge inoltre che Massimo Carminati era a conoscenza di una indagine a suo carico che definiva "mostruosa". In una informativa dei carabinieri del Ros si afferma infatti che "nel corso dell'attività di indagine emergeva che Carminati acquisiva la consapevolezza o presunzione.. fondata sull'assunzione di notizie sulle investigazioni in atto, di essere oggetto di un'indagine definita 'mostruosa'", il Ros cita anche un dialogo che Carminati ha con il suo braccio destro Riccardo Brugia durante il quale riferisce di "essersi confrontato, al riguardo, con il suo avvocato, il quale a sua volta gli era apparso molto preoccupato dalla situazione anche alla luce della linea di intransigenza e di discontinuità rispetto al passato, dimostrata dagli organi inquirenti".

Inoltre, il clan mafioso di Massimo Carminati era in possesso anche di un libro mastro che conteneva "una vera partita doppia del dare e avere illecito dei destinatari delle tangenti". Dall'ordinanza del gip risulta che la contabilità era stata affidata ad una donna, Nadia Cerrito, finita ieri in carcere. Nel libro sono riportati anche "i costi illegali sostenuti - scrive il gip - dall'organizzazione per il raggiungimento del suo scopo nel settore economico-istituzionale". Contiene l'indicazione "dei soggetti cui vengono veicolati i profitti, come Carminati, o come Fabrizio Franco Testa, testa di ponte di Mafia Capitale verso la politica e la pubblica amministrazione". Nel libro mastro anche "una rappresentazione del conto economico illecito dell'organizzazione, con una specifica rappresentazione delle relative disponibilità extracontabili"

Le reazioni. La presidente della Camera Laura Boldrini
all'indomani del terremoto provocato dalla maxi-operazione sugli intrecci tra mafia, politica e affari nella capitale, ha manifestato "totale sdegno. Bisogna fare quanto prima chiarezza, chi ha responsabilità deve renderne conto quanto prima - ha detto a margine di una visita a una cooperativa per disabili nel centro di Roma - La giustizia deve andare avanti fino in fondo", ritenendo "deprecabile che ci sia gente che fa affari anche sulle spalle delle persone più deboli". Intanto, questa mattina, in una lettera alla leader di Fdi-An Giorgia Meloni, Gianni Alemannoha comunicato la sua ''irrevocabile decisione di autosospendermi da tutti gli organi del Partito, fino a quando la mia posizione non sarà pienamente e positivamente chiarita". "Sicuramente ho sbagliato - ha poi detto al Tg1 - a sottovalutare la componente umana, non ho dato la giusta attenzione alla scelta della squadra mentre mi sono concentrato sulle emergenze della città ... è evidente che mi assumo la responsabilità politica". Ma sulla cupolal'ex sindaco sostiene:  "Se c'era non era fascista, ma andava da destra a sinistra"

E' intervenuto anche 
il deputato del Pd Roberto Morassut, ex-assessore all'urbanistica con Veltroni: "La prima frase che mi viene in mente è: ricostruire tutto. Questa inchiesta addolora, ma non sorprende più di tanto. Questa destra predona ha dissanguato Roma e l'ha spinta al collasso in un momento difficile, di crisi profondissima della città - ha commentato durante un'intervista a Radio Città Futura - C'è un dolore per un coinvolgimento non irrilevante del Partito democratico. Spero che tutte le persone chiamate in causa dimostrino la loro estraneità. Ma nelle ultime inchieste la presenza di parti del Pd comincia ad essere troppo frequente, non siamo più dei casi isolati". Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha detto di essere "grato alla Procura per questa indagine molto minuziosa che ha acceso i riflettori su un intreccio inquietante tra decisione amministrativa, posizione politica e addirittura interessi criminali. Se avevano bisogno di qualcuno per avere contatti con me - ha aggiunto - è perché forse sapevano che con me non potevano averli". 

Intanto, una delegazione del Movimento 5 Stelle, guidata dal capogruppo alla Camera, Andrea Cecconi, e dalla deputata Roberta Lombardi, è andata dal prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, per chiedere lo scioglimento del Comune di Roma.

Le dimissioni. 
Altre 40 persone, tra cui l'ex sindaco Gianni Alemanno, sono state indagate per gli stessi reati, che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso, alla corruzione, dall'usura al riciclaggio. "Cara Giorgia, ti ringrazio per la solidarietà e la fiducia che tu e altri esponenti di vertice del partito avete espresso pubblicamente nei miei confronti. Queste dichiarazioni - scrive Alemanno - si uniscono ai messaggi di tantissimi militanti e semplici cittadini che mi sono stati vicini in un momento così difficile per il mio percorso politico e personale''. ''In questo momento - si legge nella lettera indirizzata alla presidente di Fdi-An - il mio impegno principale non può non essere quello di capire realmente la portata di questa inchiesta e di dimostrare in maniera chiara e puntuale, in tutte le sedi, la mia estraneità agli addebiti che mi vengono mossi. Nello stesso tempo mi rendo conto della necessità di evitare facili strumentalizzazioni che potrebbero usare queste vicende per attaccare l'immagine di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, che evidentemente nulla c'entra con tutto ciò. Per questi motivi - annuncia l'ex sindaco di Roma - ti comunico la mia irrevocabile decisione di autosospendermi da tutti gli organi del partito, fino a quando la mia posizione non sarà
 pienamente e positivamente chiarita".


I tempi tecnici per mettere a posto la mole di carte sequestrate nelle oltre centro perquisizioni fatte ieri dai carabinieri del Ros e per consentire agli avvocati difensori di leggere le carte. Da cui emerge che, dal 2008 al 2013 la fondazione Nuova Italia, il cui presidente è Gianni Alemanno, ha ricevuto 40mila euro dal clan gestito dall'ex terrorista nero Carminati.